La notte appena trascorsa è stata la notte di Santa Rosa, la santa celebrata a Viterbo con una antichissima processione che è chiamata Trasporto della macchina di Santa Rosa. E quest’anno l’evento, al quale partecipano migliaia di visitatori e pellegrini, si caratterizza per una importante novità. Ma andiamo per ordine: in che consiste il trasporto della macchina di Santa Rosa?

La tradizione vuole che questo trasporto ricordi la traslazione del corpo della santa dalla modesta sepoltura della fossa comune di Santa Maria del Poggio dove era stata sepolta nel marzo 1251, al Monastero della Clarisse dove tutt’ora dimora in una teca di vetro.

Allora la traslazione era avvenuta con un semplice e modesto baldacchino, che poi nel tempo si è trasformato in una monumentale struttura, alta trenta metri e pesante circa cinquanta quintali, che viene portata a spalla ogni anno da circa 100 uomini chiamati i facchini di Santa Rosa.

Trasporto di Santa Rosa
patrimonio dell’Unesco

Il trasporto della macchina di Santa Rosa è un evento talmente importante da un punto di vista antropologico, religioso, culturale e storico, che è diventato Patrimonio Immateriale dell’Unesco.

I facchini che trasportano la macchina, lungo un percorso di circa due chilometri nel centro storico di Viterbo, devono sostenere una prova di portata, per dimostrare la loro forza, che consiste nel trasportare un peso di 150 chili lungo un percorso di circa 90 metri. Se la prova viene superata, l’aspirante diventa ufficialmente facchino di Santa Rosa.

Ed ecco che arriva la novità: quest’anno la tradizione apre alla possibilità che anche le donne partecipino al trasporto della macchina di Santa Rosa. La svolta è arrivata con il trasporto, da parte di ragazzine, della minimacchina, quella che viene portata a spalla dai bambini di Viterbo, in un’emulazione del trasporto vero e proprio, secondo una tradizione che tende a trasmettere da una generazione all’altra la devozione verso questa antica processione e verso la santa stessa.

Non più distinzioni di genere

Se infatti fino all’anno scorso anche la minimacchina era trasportata esclusivamente da maschietti, quest’anno l’opportunità è stata aperta anche alle bambine, che hanno partecipato in una decina, dopo un serio allenamento per abitarsi al peso della mini-struttura.

Dopo questo mini-esordio al femminile, con le bambine diventate minifacchine, è lo stesso capofacchino Alessandro Lucarini ad auspicare che, già dall’anno prossimo, ci sia una facchina donna anche per il vero e proprio trasporto della macchina di Santa Rosa.

Il ruolo di facchino della macchina di Santa Rosa è da sempre considerato un onore per tutti i cittadini di Viterbo, e una tradizione tramandata di padre in figlio da secoli. La possibilità che anche le donne possano partecipare al trasporto, è un segno importante del cambiamento dei tempi, che segna la volontà precisa di accogliere anche le donne in questo trasporto che da tutti è sentito come una grande dimostrazione di amore verso la santa.

Le tradizioni infatti sono le più dure a cambiare: spesso assistiamo a tradizioni antiche e ancora troppo tribali (vedi il palio di Siena o le corride) che nulla hanno a che fare con una società che si evolve, che matura sentimenti di inclusione, di superamento delle differenze di genere, di rispetto degli animali.

E il Sodalizio della Macchina di Santa Rosa dimostra, con questa apertura al genere femminile, di essere al passo con i tempi, e di saper crescere insieme ad un mondo che sa migliorarsi ed accogliere il cambiamento senza rinunciare alla propria storia.

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