(English version below)
Può l’arte contemporanea integrarsi in un paesaggio medievale senza creare distorsioni estetiche o storiche? La risposta, affermativa, arriva da una bellissima opera pittorica realizzata dall’artista romano Mauro Magni nel quartiere medievale di Viterbo.
Un quartiere che è il vanto della città, perché ha saputo preservare la sua urbanistica medievale fatta di vicoli stretti, case ponte, case torri e i tipici profferli, ovvero le scalinate esterne delle case degli artigiani che univano la bottega all’ambiente domestico. In questo piccolo gioiello di architettura, dove la pietra vulcanica crea toni cromatici che variano dal giallo rossastro del tufo al grigio violaceo del peperino, si installa un murale che con delicata umiltà sceglie le stesse sfumature, per andare a raccontare una storia di guerra e di preghiera.

L’architettura medievale di Viterbo
le case-ponte
il tipico profferlo viterbese

Il murale si estende sulle pareti ad angolo di una bellissima casa medievale i cui muri perimetrali, tutti in peperino e tufo, culminano con un’elegante merlatura ghibellina. L’angolo occupato dal murale è solo una parete di rinforzo creata a sostegno dell’edificio. Su questo sfondo neutro, usato come una lavagna, l’artista va a collocare una preghiera corale che fu pronunciata nelle intenzioni di pace espresse durante l’incontro tra Papa Francesco, il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abu Mazen nel giugno 2014 presso i Giardini Vaticani.

L’opera si intitola Marte – Gaza, per unire in un unico nome il dio della guerra e la città che è da sempre simbolo di conflitti nel mondo. Al centro dell’opera, nell’angolo più sporgente che conferisce tridimensionalità al tutto, è disegnata una torre di Babele in macerie, emblema di una civiltà costruita e distrutta dall’essere umano in una fallimentare ricerca della pace. La preghiera è scritta in acrilico perché sembri tracciata sulla superficie con un tratto di gesso, proprio come una scritta su una lavagna, ad indicare la caducità delle buone intenzioni, la loro fragilità. Inoltre molte righe della preghiera appaiono sfumate, come se un panno fosse stato strofinato sulla parete per cancellare quelle parole. Dunque parole pronunciate e scritte per invocare la pace ma cancellate dalla incapacità dell’essere umano di attuarla, dalla sua incapacità di perseguire il bene. Una incapacità talmente radicata nella natura umana, da trasformare quella che nasce come un’invocazione, O Dio, nella più terribile delle parole, ODIO. Il tutto avviene lentamente, in un processo pittorico in cui le parole vengono gradatamente compattate, così che lo sguardo non si accorga del cambiamento. Ma quando l’occhio, continuando a leggere, incontra quella parola ormai riunita nelle sue quattro lettere, capisce che il progetto di pace è fallito, che l’odio ha prevalso, riducendo in macerie la torre simbolo di civiltà ed umanità.
L’opera di Mauro Magni, riempiendo quel vuoto grigio, va dunque a scatenare un processo di grande forza evocativa, in cui un’invocazione a Dio, ripetuta come un loop ossessivo, si trasforma in quel perverso sentimento generatore di distruzione.

Una visione amara questa di Mauro Magni, espressa attraverso una creazione che instaura un dialogo dinamico con la struttura urbanistica della città, e che tra l’altro va ad inserirsi molto bene anche nel tessuto storico di Viterbo. Infatti il quartiere medievale di Viterbo è sempre stato teatro, nei secoli, delle aspre ed efferate lotte tra guelfi e ghibellini. Lotte feroci, in cui famiglie intere si fronteggiavano a colpi di rappresaglie, stragi ed agguati, e il cui sangue ancora trasuda da quelle pietre.

Un’opera che è un invito alla riflessione interiore, come unica via per un nuovo umanesimo che possa definitivamente sconfiggere i conflitti della società contemporanea. Un’opera che va a ricucire passato e presente agendo su molteplici fronti: da un lato infatti ricostruisce quel legame tra medioevo e contemporaneità attraverso il filo conduttore dell’odio, dimostrando che l’essere umano è sempre artefice del suo male. Dall’altro riavvicina l’arte edificatoria dei secoli passati con l’arte visiva contemporanea, dimostrando che antico e contemporaneo possono non solo coesistere, ma anche arricchirsi di una poetica nuova.

La firma dell’autore e la data di creazione

Alla realizzazione dell’opera è stato dedicato anche un documentario realizzato da Francesco Di Mauro per Ciclope Film.

ENGLISH VERSION

Art strengthens the identity of a place: Mars-Gaza, Mauro Magni’s site specific pictorial work in Viterbo

Can contemporary art be integrated into a medieval landscape without creating aesthetic or historical distortions? The affirmative answer comes from a beautiful pictorial work created by the Roman artist Mauro Magni in the medieval district of Viterbo. The medieval district is the pride of the city because it has been able to preserve its medieval urban planning made up of narrow alleys, bridge houses, tower houses and the so-called profferli, the external stairways of the houses of the craftsmen created to connect the shop with the domestic environment upstairs. In this small architectural gem, where volcanic stone creates chromatic tones ranging from the reddish-yellow of the tuff to the purplish-grey of the peperino stone, a mural is installed that with delicate humility chooses the same shades, to tell a story of war and prayer.

The mural covers the corner walls of a beautiful medieval house whose structure in peperino and tuff stone culminates with elegant Ghibelline crenellations. The corner occupied by the mural is just a reinforcement wall created to support the building. Against this neutral background, used as a blackboard, the artist places a choral prayer that was pronounced in the intentions of peace expressed during the meeting between Pope Francis, the Israeli president Shimon Peres and the Palestinian president Abu Mazen in June 2014 at the Vatican Gardens.

The title of the work is Mars – Gaza, to unite in one name the god of war and the city that has always been a symbol of conflicts in the world. At the centre of the work, in the most protruding corner that gives the work three-dimensionality, a Babel tower collapsed is drawn, the emblem of a civilization built and destroyed by human beings in a failed search for peace. The prayer is written in acrylic so that it seems drawn on the surface with a chalk stroke, just like an inscription on a blackboard, to indicate the transience of good intentions, their fragility.

Furthermore, many lines of the prayer appear blurred, as if a cloth had been rubbed on the wall to erase those words. Therefore words are spoken and written to invoke peace but are cancelled by the inability of the human being to implement it, by his inability to pursue good. An inability that is so rooted in human nature that it transforms what is born as an invocation, Oh God (O Dio in Italian), into the most terrible of words, HATE (ODIO in Italian).

This process takes place slowly, in a pictorial transformation where the words are gradually compacted, so that the eye does not notice the change. But when the eye, continuing to read, encounters that word now gathered in its four letters, it understands that the peace project has failed, that hatred has prevailed, reducing to rubble the tower symbol of civilization and humanity.
By filling that grey void, Mauro Magni’s work, therefore, triggers a process of great evocative power, where an invocation to God, repeated like an obsessive loop, is transformed into that perverse feeling that generates destruction.

This is a bitter vision by Mauro Magni, expressed through a creation that establishes a dynamic dialogue with the urban structure of the city, and which, among other things, also fits very well into the historical fabric of Viterbo. In fact, the medieval district of Viterbo has always been the scene, over the centuries, of terrible and brutal fights between Guelphs and Ghibellines. Fierce fights, in which entire families faced each other with reprisals, massacres and ambushes, and whose blood still oozes from those stones.

This work is an invitation to inner reflection, as the only way for a new humanism that can definitively defeat the conflicts of contemporary society. A work that goes to mend past and present by acting on multiple fronts: on the one hand it reconstructs that link between the Middle Ages and the contemporary through the common thread of hatred, demonstrating that the human being is always the architect of his evil. On the other hand, it brings together the building art of past centuries with contemporary visual art, demonstrating that ancient and contemporary can not only coexist, but also enrich themselves with a new poetics.

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