La Crumb Gallery a Firenze ospita, dal 20 maggio 2021 al 10 luglio 2021, la mostra della fotografa Betty Colombo, dal titolo L’anima del corpo. Nota fotoreporter, testimonial Canon e Ambassador italiana di Save The Planet, Betty Colombo ha avuto un percorso professionale fotografico a 360°, fatto di innumerevoli viaggi, generi e temi fotografici fra loro anche molto distanti.

In galleria saranno esposti una quindicina di immagini, parte di un progetto che l’ha vista lavorare per mesi nel reparto di medicina legale dell’ospedale di Lucca. Scatti che con impatto, ma anche delicatezza, ci fanno scoprire una mappa anatomica della vita. Oltre la morte, gli organi vitali vengono cristallizzati fuori dal fluire del tempo con profondità piena di grazia, disegnati con la luce nella loro innata bellezza naturale. La breve intervista che segue descrive una donna forte, tenace, curiosa e solare, che sicuramente è un nome nella fotografia contemporanea.

Cervello © Betty Colombo

Parlami di qualche episodio significativo del tuo percorso fotografico.
Ho fatto l’accademia delle Belle arti a Brera e da studentessa ho avuto la fortuna di fare da assistente in un paio di servizi ad Helmut Newton. Durante una pausa disse una cosa che per me è stata formativa per sempre: “Un fotografo dovrebbe farsi almeno un autoritratto alla settimana, perché se tu impari a guardare dentro te stesso impari a guardare anche al di fuori di te”. Io l’ho fatta veramente questa cosa degli autoritratti. All’inizio della mia carriera fotografavo il motocross, e i fotografi più grandi mi dicevano che era un lavoro da uomo, “che ci fai qui a venire a prendere i sassi in testa”, la mia risposta è stata sempre “non è un mestiere da uomo, è un mestiere”. Poi ho fatto moda e dopo ho cominciato a fare tantissimi viaggi. Questa mostra può essere una sorta di chiusura del cerchio.

La tua sembra una storia fatta tutta di successi?
Anche molti insuccessi, in una carriera fotografica ce ne sono sempre tanti. Il più recente riguarda una galleria di Milano, che mi ha contattata attraverso un critico. In sintesi, hanno detto che il progetto era molto bello, ma loro erano una galleria d’arte e come facevano a vendere dei pezzi di corpo? La loro preoccupazione era quella di avere degli oggetti vendibili, ovviamente non se ne è fatto nulla.

Hai cominciato a pensare a questo progetto in un momento particolare?
Nel pre-covid facevo circa 40 viaggi all’anno, esplorando di tutto, dalle terre dei Masai all’Antartide. Poi c’è stato uno stop. Ho iniziato a farmi delle domande, ma già anche prima in realtà, su quello che c’è dentro di noi, rivolgendo l’occhio della mente ad un’esplorazione non soltanto del mondo esterno. Per la mia storia professionale conosco diversi chirurghi e di recente ho avuto la possibilità di confrontarmi con Miria Tenucci, un chirurgo ortopedico vertebrale a Lucca, che è anche referente della medicina di genere. Questa è un’approccio trasversale a tutte le discipline mediche che si sta affermando negli ultimi anni; identifica le differenze di prevenzioni, sintomi e terapie a seconda che tu sia un uomo o una donna. Siamo portati a credere che il cuore sia un cuore, invece sono molto diversi sia da persona a persona sia da uomo a donna. Non mi riferisco soltanto ad un discorso di salute, ma di abitudini di vita quotidiane. Sebbene alla nascita ci sia una somiglianza fra i neonati, poi gli organi, vuoi per genetica, vuoi per contesto, si adeguano e si modificano internamente. Ho pensato che potesse essere bello mostrare queste differenze interne.

immagine raffigurante cuore umano maschile
Cuore di uomo © Betty Colombo

Quindi i nostri organi riflettono la nostra vita, i nostri pensieri, il nostro andare per il mondo, il nostro sesso, e a seconda del modo di vivere, come la fisionomia esterna anche quella interna si modifica. Hai trovato dettagli che ti fanno pensare che ci sia un ulteriore differenza dovuta alla diversità dei generi?
Alla nascita maschi e femmine hanno organi interni quasi identici, ma il tempo e la vita li cambiano. Piccoli dettagli che aumentano le disuguaglianze tra i sessi. E’ una convinzione nata da un confronto con uno dei medici legali del team con cui ho collaborato, Diana Bonuccelli: ci sono delle differenze dovute sia all’ambiente, sia al tipo di vita, ma anche al genere. Per esempio, l’addome di una donna spesso contiene delle cicatrici che il corpo dell’uomo non ha, forse dovute a degli aborti spontanei o volontari, oppure per tutte le grandi modifiche della gravidanza e movimenti del parto. Quelle lapalissiane consistono ovviamente nella media delle dimensioni, per cui l’uomo ha un cervello più grande. Però se poi lo si seziona si nota che la parte corrispondente al corpo calloso, che collega i due emisferi cerebrali (la parte razionale con quella emotiva), nella donna è più sviluppato che nell’uomo, un dato che la rende più smart. Ma a parte queste differenze in genere è bella l’esplorazione delle forme che gli organi interni hanno: le circonvoluzioni della massa cerebrale sono dei volumi che contengono tutta la vita che è passata in noi.

immagine raffigurante
Flower © Betty Colombo

Se osserviamo gli organi, nelle tue immagini, sembrano fluttuare nel vuoto. Oggetti eleganti e armonici nelle loro forme, salvo poi capire che non si tratta di gioielli glamour, ma di organi vitali umani restituiti nella bellezza della loro forma. Puoi spiegarci come riesci ad alternare argomenti come il progetto in mostra, o la ricostruzione dei corpi umani in sala operatoria, un video sulle donne acidificate per Amnesty International, e al tempo stesso lavorare per brand quali L’Orèal Paris, Yves Saint Lauren, Absolut Vodka, Pernod Fils e Swatch?
E’ proprio questo il punto! Il primo contratto importante l’ho avuto con Vanity Fair, il cui photo editor mi ha detto “vorremmo farti un contratto perché tu sei capace di fotografare qualsiasi cosa rendendola glamour”. Ho fotografato per Prada per l’Oreal e quello che mi veniva detto è: “prendi il nostro prodotto e rendilo prezioso come un gioiello”. Se una borsa è preziosa, quanto potrà essere prezioso un cuore? Per questo ho deciso di fotografare gli organi utilizzando una scatola di velluto nero, che è la stessa che viene utilizzata per fotografare i gioielli. Per rappresentarli come opere d’arte.

Parlando con te, per la precisione e l’interesse nei dettagli delle descrizioni anatomiche dei tuoi scatti, si ha l’impressione di conferire con un’anatomopatologa.
Sono stata molto fortunata, perché questo team dell’ospedale non si è limitato a svolgere le sue pratiche e farmi fotografare, si sono resi compartecipi spiegando ogni singola cosa per coinvolgermi. Sezionavano e spiegavano e grazie a loro o imparato tantissime cose. Quando entri in sala settoria, all’inizio dell’autopsia la persona sdraiata sul tavolo è vestita, poi viene spogliata e sezionata, e tu, assorto nell’aspetto tecnico del ritrarre, te ne dimentichi e magari ti viene da parlargli, o gli chiedi scusa perché la urti. A volte dimentichi la vicinanza con la morte.

immagine raffigurante team medico in una sala settoria
Sala settoria © Betty Colombo

Non è la prima volta che fai un lavoro in squadra con dei medici, giusto?
Ho alle spalle 10 anni di fotografia chirurgica. Una situazione in particolare che mi ha segnata è stata al policlinico di Milano, dove ho fotografato un trapianto di polmoni, che è un’operazione di più di dodici ore. Ci sono una serie di azioni molto delicate, per esempio tolto il primo polmone che sfiata la sua ultima aria, e inserito il nuovo, dopo 4 ore che sono stati collegati i capillari, i nervi, il chirurgo intima il “fermi tutti”. Incomincia a staccare tutte le macchine di monitoraggio e improvvisamente il polmone si gonfia come una camera d’aria perché comincia a funzionare: è impressionante assistere alla potenza della vita e della sopravvivenza del corpo umano che è capace di rinnovarsi. Il mio avere assistito tante volte a queste operazioni, ha fatto si che io abbia deciso di voler mostrare, a chi non può vederlo, le singole parti del corpo di cui siamo fatti.

Team Medicina Legale Ospedale San Luca
Team Medicina Legale Ospedale San Luca con Betty Colombo

7 donne l’hanno immaginato, organizzato e reso possibile: un progetto tutto al femminile. E’ stata una scelta voluta?
Non è stata una scelta pensata. Durante una chiacchierata al telefono con Federica Brunini Serralunga, mi è venuta l’idea di fotografare organi umani espiantati per poterli raccontare. Siamo così attenti a quello che vediamo oltre noi stessi, che dimentichiamo invece quale macchina straordinaria viva in noi. Dalle mie sensazioni Federica ha tirato fuori, con semplicità, quello che poi è diventato il titolo della mostra: “Non è il corpo a contenere l’anima, ma l’anima il corpo”. Questo è stato l’inizio. Due donne che traggono ispirazione dal confronto. E poi altre donne, il chirurgo ortopedico Miria Tenucci, che ha studiato il modo di sospendere gli organi. E il team di medicina legale dell’Ospedale San Luca di Lucca che ha compreso la bellezza della vita resa eterna da una fotografia. Poi ho conosciuto Miria Tenucci che è il chirurgo ortopedico. Casualmente faccio questa proposta in ospedale e il direttore tecnico sanitario è una donna, Michela Maielli, e poi il primario di medicina legale Diana Bonuccelli, una bella donna che potrebbe fare l’indossatrice, tutto sembrerebbe meno una che con la sega in mano seziona cadaveri. Abbiamo realizzato di essere tutte donne solo per caso, durante un aperitivo. Ma noi tutte in comune abbiamo una scelta: volevamo fare quel mestiere e ce lo siamo preso.

Nelle immagini di Betty Colombo c’è il desiderio di esorcizzare la morte, forse contemplarla per renderla meno paurosa?
Noi siamo abituati ad avere paura del corpo morto, perché di fatto tutti abbiamo paura della morte. A me piacerebbe che il mio cuore o il mio cervello venissero fotografati lasciando una mia traccia eterna in una foto: la fotografia è la mia vita e il mezzo con cui rappresento il mondo, ma io non so come sono dentro di me.

Momento raffigurante un bisturi nell'atto di sezionare un corpo
Ouverture © Betty Colombo
Condividi: