Le coinvolgenti sculture di Christian Zucconi a Piacenza
Armoniche sculture di spiriti umani come forme di stati d’animo universali. La mostra "In attesa del buio" a Piacenza fino al 30 giugno 2024.
Armoniche sculture di spiriti umani come forme di stati d’animo universali. La mostra "In attesa del buio" a Piacenza fino al 30 giugno 2024.
Fino al 30 Giugno 2024 l’ex Chiesa di Santa Chiara a Piacenza ospiterà le sculture di Christian Zucconi. A cura dell’Architetto Manuel Ferrari, Direttore dell’Ufficio Beni Culturali ed Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza-Bobbio, l’esposizione intitolata In attesa del buio, con un ciclo di lavori realizzati in cinque anni, nasce da uno sviluppo del concetto di assenza.
La Chiesa di Santa Chiara, ricostruita nel 1600 è affacciata, priva di sagrato, su Strada Gambara meglio nota come Stradone Farnese, ed è parte di un antico complesso monastico che le fonti, insieme a una nutrita documentazione d’archivio, attestano dal XIII Secolo. L’edificio, dalla facciata barocca con mattoni a vista, a capanna su due ordini, ha un impianto a croce greca realizzato dopo la ricostruzione eseguita all’inizio del XVII Secolo sulla precedente struttura edificata nell’area occupata dai Francescani nel 1229. All’interno fu arricchita dagli arredi, di cui tracce scritte si ritrovano nelle registrazioni delle cronache delle visite pastorali, e dalle sfarzose decorazioni illusionistiche sulle pareti.
Il 13 Aprile del 1605 il Vescovo Sua Eminenza Claudio Rangoni posò la prima pietra della Chiesa che consacrò il 18 Gennaio del 1608. Nel 1854 Maria Luigia d’Austria sancì la nascita di un pio ritiro per l’accoglienza di religiose e donne in situazioni di disagio. In quel luogo di pace vissero anticamente trentuno monache di clausura, Carmelitane Scalze che abitarono il monastero. Nel 1964 furono le suore stesse a decidere di abbandonare il Convento per trasferirsi in uno di più recente costruzione.
La “Chiesa chiusa” di Santa Chiara ha così potuto riaprire al pubblico per accogliere l’esposizione scultoria, intitolata In attesa del buio, del noto e stimato artista piacentino Christian Zucconi. Uno stato, l’assenza di luce, in cui si rischia più facilmente di non vedere l’inciampo, perché è al buio che è più facile inciampare, e non è forse proprio nei momenti di buio della vita che meglio si percepisce, in quella solitudine, come ciascuno di noi sia la conseguenza delle tante civiltà differenti che scorrono nel nostro sangue?
Ma l’essere In attesa del buio, e l’esserlo in Santa Chiara, può suggerire una doppia verità. Una prima, concreta e inconfutabile, relativa all’esistenza di un luogo in silenzio da secoli con un corpo violato, svuotato, che avrebbe preteso più rispetto e forse anche la salvezza offerta da uno sguardo di misericordia sulle rovine del passato, per non lasciar cadere nell’oblio la bellezza di un tempo e rendere il recupero ancora possibile; la seconda data dalla poetica pura e serena delle opere di un Maestro della pietra conscio che l’arte sia soprattutto umiltà, la necessità di una creatività che per essere durevole deve inventare forme cariche delle proprie idee e dei propri significati e che solo con tali maturate visioni abbia la possibilità di prepararsi a guardare il buio quando ancora buio non è, quando ancora il buio non c’è.
Le sculture di Christian Zucconi, silenziose presenze date alla luce ad occhi chiusi, attenderanno anch’esse il proprio buio. Le pietre lavorate nel tempo di sfida dello scultore autentico, colui che azzarda tutto sé stesso nell’opera, si rivelano con grazia in un luogo di antiche celebrazioni per predisporsi alla propria. Quei corpi ottenuti nella roccia porosa con quel senso fisico di pelle sulle ossa danno la sensazione di respirare la nostra stessa aria.
Davanti agli occhi le statue sembrano ritmicamente rincorrersi nel luogo del loro esordio alla vita dove è possibile ancora riuscire ad avere un’idea di quello che è stato e dove oggi la tensione lineare, cristallizzata nella fissità del travertino, mostra contrasti, riposi e volumi che si delineano nello spazio aderendo perfettamente al fantasma interiore di chi le ha create, e si alimentano dal processo di decomposizione che le attornia.
Nel passato le religiose contemplative che scelsero la vita monastica intrapresero la via ad attizzare il fuoco della fede affinché potesse continuare ad ardere in modo sempre nuovo, per riscaldare la chiesa, il mondo, e perché rimanesse spalancata la porta delle suggestioni a sostegno delle sfide che tutti gli esseri viventi sono costretti ad affrontare nel loro cammino. Cercare nuovi linguaggi, nuove vie, nuovi strumenti che possano diffondere amore e penetrare l’esistenza di interiorità ustionate, è l’inesauribile potere della creazione artistica che permette di abitare la vita nel profondo.
Madonne, sibille, donne liberate dalla materia, emerse dal caos di un lavoro ogni volta diverso e uguale a sé stesso che giunge alla purezza quando arriva a riprodurre il reale di una visione libera da vincoli, tra creatività e genialità nella faticosa evoluzione del proprio mondo che il tempo lavora come un qualunque pezzo di sasso a punte vive a lungo immerso in un fiume. Lo scolpire di Christian Zucconi è ri-scrivere il presente nello spazio silenzioso che si sostanzia con la materia di figure umane scoperte dal ritmo coerente della propria precisa armonia, passata in custodia nei corpi nudi come frammenti di un’insieme.
E se l’acqua d’una scheggia fa levigato ciottolo nell’esercizio di ricerca della forma non conclusa, caricata dalle afflizioni della vita, dai discorsi interrotti, dalle imperfezioni, allo stesso modo la materia, nel percorso di costruzione, acquista valori naturali sempre più purificati per insegnare all’umanità smarrita che per guarire dovrà confrontarsi con se stessa nell’incontro con la nudità.
Nudi per approfondire la grazia dei corpi nella loro forma continua, con il proprio spessore di eternità in una dimensione consapevole e mai dimentica della gravità, della pesantezza del buio, dell’ascolto dell’altro, per giungere a quella forza espressiva che consegni allo sguardo non soltanto il corpo lavorato ma le ombre proiettate del gesto.
Zucconi presenta un trattamento topologico del corpo scolpito dove l’insieme dei punti-snodi, i luoghi di torsione, sviluppa una dolcezza tensiva propria del suo stile. Ogni scultura è parte di un campo semantico differente ma compone un coro armonico di memorie oltre le singole esperienze, sopportabili solo se restituite con il lavoro dell’artista che imprime se stesso nella pietra, mentre rintraccia la realtà e in essa si dissolve nell’estenuante continuo tentativo di riconfigurare i territori dell’interiorità.
Quei corpi femminili scavati, interrotti, acefali, mutili, smembrati hanno il potere di diffondere alchimie che disperdano fantasmi. Sono forme sovrane dello spazio dove l’insieme produce la sensazione della presenza simultanea del loro modo di vivere nel mondo solo a occhi completamente chiusi, per ascoltare la notte che è dentro a tutte le cose, perché soltanto l’osservatore silenzioso giunge alla vera ispirazione senza smarrirsi.
In attesa del buio è ricerca nel gesto continuo e faticoso sulla materia che arrivata al compimento dell’idea interiore respira nuda, sola, senza il timore di cadere nelle forme correnti; protetta si dona come percorso che assurge a toccare l’apice della propria espressione dichiarandosi imperfetta, mai conclusa perché sempre sferzata dalla vita, tuttavia resa umana e posata per poter essere osservata in silenzio nel lento incontro con la strutturalità della forma plastica di ineffabile e sintetica figurazione.
Informazioni:
Apertura fino al 30 giugno 2024 | Ingresso libero.
Venerdì 15.00-19.00 | Sabato e Domenica 9.00-12.00/15.00-19.00.
Apertura straordinaria: Sabato 15 giugno 20.30-22.00.
Catalogo edizioni Tip.Le.Co.
Nato a Piacenza nel 1978, Christian Zucconi si forma inizialmente tra le campagne emiliane e la canonica di Campremoldo Sotto, dove in un ambiente ancora pregno di tradizioni antiche e folclore si avvicina al sacro e alla sua rappresentazione; in seguito prosegue il suo apprendistato tra le cave di Carrara e l’Istituto d’Arte “Gazzola” sotto la direzione di Paolo Perotti e i consigli di Piero Molinari. Concluso il Liceo Artistico “Cassinari” col massimo dei voti, abbandona l’Accademia di Brera e apre il proprio laboratorio nel 1996. Nel 2003 inizia la collaborazione con la Compagnia del Disegno di Alain Toubas, che, oltre ad organizzargli prestigiose mostre pubbliche, sarà importantissima figura di riferimento fino alla morte avvenuta nel 2021.
Oggi vive e lavora sugli amati Colli Piacentini.
La pubblicazione delle immagini fotografiche in questo articolo della Rivista Digitale ReWriters è stata autorizzata da Christian Zucconi.