Le conquiste dell’artista consapevole: una storia di diritti e fregature
Per un artista, il talento, la bellezza, la fortuna non sono tutto. Per sfondare e durare ci vuole anche una buona dose di consapevolezza di come funziona il sistema.
Per un artista, il talento, la bellezza, la fortuna non sono tutto. Per sfondare e durare ci vuole anche una buona dose di consapevolezza di come funziona il sistema.
È meraviglioso illudersi che un artista, una star (musicista, compositore, attore, regista, ecc.) sappia tutto quello che circonda la sua attività, dal punto di vista creativo, legale, manageriale, ecc. Di fatto non è quasi mai così… ed è pure giusto: un artista fa l’artista, stop. Se poi conosce bene anche i suoi diritti e doveri, meglio così, ma non è affatto scontato. Mi è capitato tante volte d’incontrare artisti, giovani, magari alle prime armi ma non solo, che erano quasi totalmente all’oscuro del diritto d’autore e dei diritti connessi. È per questo che l’artista, a maggior ragione se internazionale, con un grande potenziale, ha intorno una corte di collaboratori, spesso molto ossequiosi, che lo confortano e lo assistono sugli argomenti che non conosce e gli sfuggono.
Premesso questo, schematicamente nel mondo della musica per molti anni gli artisti sono stati quasi schiavizzati dalle case discografiche, poi hanno raggiunto migliori condizioni contrattuali. Facendo un prodigioso salto in avanti, nel tempo allo scoppiare della crisi provocata dal digitale, si è scatenata (per i grandi artisti) la corsa al cosiddetto contratto a 360° che lega l’artista di successo alla casa discografica per tutte le attività che svolge, dallo sfruttamento dell’immagine, ai concerti dal vivo, al merchandising, e così via. Poi negli anni parecchi artisti hanno imparato la lezione dell’indipendenza, si sono affrancati dalle case discografiche, hanno creato la loro etichetta, le loro edizioni musicali, e hanno cominciato ad autoprodurre e a licenziare i propri dischi usando le case discografiche come fornitori di servizi, rimanendo in possesso delle registrazioni (master).
Qui arriviamo alla storia esemplare di un’artista di enorme successo planetario, Taylor Swift, che ha iniziato il suo percorso professionale da ragazzina, prima con un contratto di edizioni come autrice, poi ancora adolescente firmando il suo secondo contratto discografico nel 2006, incidendo per un’etichetta (Big Machine Records) che ha finanziato le sue registrazioni e quindi è stata per lungo tempo (fino al 2018) e diversi fortunati dischi proprietaria di quelle registrazioni. Ovvio che il diritto d’autore è intoccabile, inalienabile, ma lo sfruttamento e l’utile della registrazione (fisica o digitale), di ciò che è stato fissato su nastro/disco, è della casa discografica o dell’etichetta. Poi Taylor Swift, partita da un country che ha sempre più sfiorato il pop, dopo aver venduto oltre mezzo miliardo di copie dei suoi primi dischi, aver vinto molti premi di ogni genere e stabilito diversi record, considerata tra le figure più importanti della musica degli ultimi 15 anni, è passata dalla BMR al gruppo Universal. Nel frattempo Scooter Braun, imprenditore-manager di diversi artisti (tra i quali Justin Bieber, Ariana Grande, Kanye West) ha rilevato la proprietà della Big Machine Records, insieme ai primi sei dischi di Taylor Swift, la quale ha tentato di riacquistare le sue registrazioni, senza riuscirci, ostacolata dallo stesso Braun, che con Scott Borchetta (vecchio titolare della BMR) le ha pure vietato di cantare i brani inclusi nei primi sei dischi.
Lo scorso luglio, a sorpresa, Taylor Swift ha pubblicato Folklore, album concepito durante la pandemia da Covid-19, con sonorità piuttosto diverse dalle precedenti composizioni e produzioni; francamente non è un gran disco, che suona come una sorta di coraggiosa liberazione dal giogo del proprio successo e di tutto quello che ha comportato. Ciononostante è stato un nuovo boom di vendite, i suoi tanti fan l’hanno sostenuta e rispettata. Da novembre 2020, Swift potrà reincidere i suoi primi dischi, cosa che diminuirà inevitabilmente il valore dei vecchi master: ha già dichiarato in passato che lo voleva fare, per tornare in controllo della sua musica, di cui si sente doppiamente defraudata, perché nel frattempo il simpatico Braun ha rivenduto, all’insaputa di Swift, tutte le sue registrazioni BMR a un fondo di privare equity, Shamrock Holdings, si dice per 300 milioni dollari… e Braun per giunta continuerà per anni a beneficiare in parte delle future vendite. Doppia fregatura per Swift!
Una cosa diversa ma simile accadde a metà degli anni Ottanta, quando la prima parte del repertorio dei Beatles composto da Lennon-McCartney per le edizioni Northern Songs passò di mano nientedimenoché a Michael Jackson. Sono storie che accadono, ci sono tantissimi soldi di mezzo, diritti, potere, ma anche questioni di rispetto, umano e artistico, che vengono calpestate per soldi. Le leggi lo consentono. Paul McCartney solo nel 2018 è tornato in possesso dei suoi diritti editoriali, dopo varie vicissitudini e battaglie legali.
La consapevolezza di un artista, sin dal primo giorno di attività, può fare la differenza ed evitare simili accadimenti, che non si verificano per caso. Taylor Swift oggi ha il triplo degli anni di quando ha cominciato ad esibirsi, con la mamma al fianco: ha fatto le sue esperienze, guadagnato miliardi di dollari, è diventata una potenza economica che però non è riuscita a tornare in possesso della sua musica. Forse lei porterà a compimento un’impresa che in questo mondo musicale ancora nessuno ha mai compiuto: ricreare i suoi primi sei album che hanno avuto un successo incredibile, mica sconosciuti! La ragazza, 31 anni adesso, deve decisamente essere un’artista che ha acquisito un notevole livello di consapevolezza.