Din-don

Ah ciao caro lettore, ti starai chiedendo dove cavolo siano finite le mie recensioni, beh, la verità è che avevo deciso di prendermi agosto come mese libero da qualsiasi cosa, anche dalle letture, poi agosto è diventato settembre, il lavoro è ripartito e ho faticato a recuperare i ritmi. 

Ok, ora che hai letto le mie tre righe paracule andiamo alla recensione vera e propria.

Din-don

Un bar. Un bar molto vecchio. Un bar molto vecchio con un fantasma. Un bar molto vecchio con un fantasma e i viaggi nel tempo. Ah, i viaggi nel tempo, uno dei sogni più impossibili che l’essere umano abbia mai pensato. Chi, dopotutto, non ha mai pensato «uè figa, bella la mia auto nuova, ma in effetti la caffettiera integrata è inutile» e poi desiderare di riavvolgere il tempo per rinunciare a un costoso e inutile optional? Toshikazu Kawaguchi, come ci ha abituato l’inventiva nipponica, ha preso un concetto ormai banale come il viaggio temporale e rivestito di carta da zucchero e caffeina, trasformando un concetto dai toni epici (vedi quello stupido film di un Tenet) in quattro storielle alla ‘slice of life’, racconti semplici e credibili ma soprattutto in cui chiunque ci si può riconoscere.

Ma andiamo al libro.

Din-don

Fumiko è la protagonista del primo racconto e si è lasciata con il suo ragazzo che parte per lavoro negli Stati Uniti. Il luogo di tale sciagurato evento è stato proprio il bar. Fumiko è disperata, e la disperazione ti fa arrivare a credere qualsiasi cosa, persino che una cosa complicata e concettualmente impossibile come tornare indietro nel tempo sia, al contrario, possibile. Ma c’è un problema: per tornare indietro nel tempo bisogna seguire delle regole importantissime, e nessuna di queste è la classica ‘haha no non puoi cambiare il passato perché ci sarebbero ritorsioni gravissime sulla continuità dello spaziotempo haha’, ma vedrai. L’unica che accenno qui è praticamente il titolo del libro: guai, anzi, cazzi amari se fai raffreddare il caffè. La nostra Fumiko imparerà a lasciar andare chi ama oppure sfiderà la sorte e gli dei del tempo pur di arrivare al suo fine?
E questo è il primo racconto, molto carino secondo me.

Din-don

Il secondo racconto è molto molto toccante, difficile per me parlarne così su due piedi perché è una storia talmente bella e commovente che anticipando qualsiasi cosa ho paura di rovinarlo. Però ci provo. Kotake, che abbiamo già conosciuto nel primo racconto, è la protagonista di questa storia. È un’infermiera, un’infermiera che vuole tornare indietro nel tempo. Ma per quale motivo? Vuole provare a rianimare qualcuno che non è riuscito a salvare? Se conoscete già le regole del caffè saprete già che questo non è possibile, comunque no. Lei ha un marito molto malato, così malato che lui non riesce più neanche a riconoscere la ragazza che ha scelto per il resto della la sua vita. Prima di peggiorare drasticamente lui stava per consegnarle una sua lettera, senza poi riuscirci. Una specie di testamento forse? Oppure un ultimo ricordo immortale di quanto l’amasse? Leggete.

Din-don

Vi starete chiedendo cosa minchia è sto din-don, ecco, ora ve lo spiego. È l’unico vero motivo per cui ho letto questo libro. Ho trovato originale e divertente come i racconti non siano divisi internamente in capitoli, ma in paragrafi, da gente che entra o esce dal caffè con il suono del campanellino. Esattamente come ho fatto finora in questo pezzo, con le varie sezioni a a fare da personaggi. Mi ha ricordato molto Buona la Prima di Ale e Franz, questo innescare di bei ricordi mi ha spinto a comprare sto libro.

Din-don

In realtà ho deciso di chiudere qui la recensione, in contrario a Pantera giuro che gli altri due li ho letti e li ho trovati molto carini e meritevoli, però trovo che a questo punto se non ti ho già convinto a leggere Finché il caffè è caldo non penso che parlare degli altri due racconti possa cambiare qualcosa. In più mi sono stufato di scrivere, e come disse qualcuno, I have pressing business to attend to.

Din-don

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