Dato che le mie ferie inizieranno tra pochi giorni, ho pensato di parlarvi di tre dei libri che ho intenzione di portare con me in questi giorni di relax. Tre libri molto diversi tra loro ma che hanno tutti un sottotesto comune: la voglia di combattere la paura, di guardarsi dentro e di conoscersi per imparare a scegliere.

1. Soffro dunque siamo – Il disagio psichico nella società degli individui di Marco Rovelli, edito da Minimum Fax. Un saggio nel quale l’autore fa un’onesta, e a volte cruda, analisi della società attuale, nella quale la salute mentale è sempre più precaria.

Il testo è suddiviso in due parti nelle quali Rovelli riporta alcune testimonianze di chi ha vissuto un disagio psichico da un lato e dall’altro dei professionisti che ogni giorno lavorano, comprendono, approfondiscono e combattono i mali dell’anima.

Un viaggio attraverso le storie personali ma anche attraverso un racconto chiaro e a tratti cinico di quella che l’autore definisce “la società degli individui” e che permette al lettore di avere un quadro complessivo della realtà a cui tutti apparteniamo.

Fin dalle prime pagine si comprende il tono realista, quasi doloroso, del testo. Il passaggio su un mondo che ci vuole sempre performanti, senza possibilità di fermarsi, di rallentare o, Dio non voglia, di fallire, è il punto d’inizio, ma anche il focus centrale, di un saggio che mette nero su bianco la profonda connessione esistente tra l’attuale società, i suoi standard e l’aumento delle diverse psicopatologie.

Un libro, quello di Rovelli, molto complesso che merita di essere letto da tanti: professionisti, esperti, pazienti e semplici appassionati della tematica, poiché fotografa in maniera accurata e approfondita il periodo storico difficile che stiamo attraversando e prova a dare gli strumenti per comprendere l’origine del malessere e immaginare i percorsi migliori per uscire indenni dal labirinto della mente.

Vincere la paura si può

2. Dal buio all’oro. Con passione e forza ho schiacciato i miei fantasmi e vinto tutto di Bruno Mossa De Rezende scritto con Gian Paolo Maini e Davide Romani, edito da Rizzoli. E’ l’autobiografia del pallavolista brasiliano che in 200 pagine ripercorre sì i suoi enormi successi e la sua carriera splendente ma anche e soprattutto il buio, quello vero, che ha rischiato di travolgerlo e dal quale, con l’aiuto di specialisti è uscito più forte e più consapevole di prima.

Breve nota per i non appassionati di volley: Bruno Mossa De Rezende, per noi tifosi semplicemente Bruno, Bruninho per i più affezionati, è uno dei palleggiatori più forti in attività. Regista della nazionale Brasiliana e, attualmente, del Modena Volley, nella sua carriera ha vinto tutto: 3 medagli olimpiche, 4 mondiali, nove scudetti (7 in Brasile, 2 in Italia), 4 World League, 6 campionati Sudamericani.

Figlio della campionessa Vera Mossa, e di Bernardinho, anche lui palleggiatore ma anche storico c.t del Brasile è un predestinato, con addosso un’incredibile pressione ma anche l’inevitabile etichetta di raccomandato che deve dimostrare il doppio degli altri per essere giudicato bene la metà.

È in questo contesto che si collocano l’autobiografia e la vita di Bruno che dalle 15:21 del 12 agosto 2012, quando cade a terra l’ultima palla che condanna il Brasile alla sconfitta della finale olimpica, dopo essere stata in vantaggio per 2 set a 0, contro la Russia, precipita in una spirale buia e pericolosa e nella tua testa compaiono fantasmi, insicurezze, dubbi, troppe domande al momento sbagliato e troppe soluzioni sbagliate al momento giusto.

Nel libro emozionante, pieno di aneddoti e racconti che percorrono i 10 anni che lo hanno portato dal buio di Londra all’oro di Rio e ai successi di oggi, Bruno Mossa De Rezende si mette a nudo e racconta e parla onestamente di ciò che non ci si aspetta da uno sportivo:

«esco, sempre, e bevo, sempre – si legge nel libro – Fuggo da casa per non restare solo con i miei pensieri, e finisco sempre per ritrovarmi in un bar o a una festa. A quel punto bevo sino a quando mi sento anestetizzato».

È a quel punto che sceglie di farsi aiutare: scopre la mindfulness e re-impara piano piano a concentrarsi e inizia a vedere la luce infondo al tunnel. Cresce, cambia, si re-innamora del suo sport, smette di essere Bruninho, il piccolo figlio di, e diventa Bruno il capitano, il leader. Il racconto della sua vita diventa una sceneggiatura perfetta di uno di quei film sul riscatto.

Due sono i motivi principali (almeno per i non amanti del volley perché per gli altri ce ne sono molti di più) per cui questo libro va letto: il primo è per avere la conferma che dai momenti bui si può uscire, non è una passeggiata ma con i giusti strumenti e con le giuste persone si può fare, e Bruno stesso racconta che per lui “le relazioni con le persone di valore sono la linfa”.

Il secondo motivo è, forse, un po’ più egoistico e ha a che fare con il famigerato anche i ricchi piangono: non importa quanto tu possa essere famoso, bravo, ricco o amato, il buio, così come la luce, può arrivare per tutti, quando meno te lo aspetti, e non è colpa tua, non ti manca niente, non sei sbagliato e se qualcuno te lo rinfaccia tu rispondigli che se uno che nella vita ha vinto tutto ha avuto il suo buio, chi sei tu per non poter vivere il tuo senza vergogna?

Una storia che sa di coraggio

3. Punto e a capo di Gloria Mussi, edito da Giunti. Un romanzo (in parte) autobiografico che racconta la storia di Gloria, trent’anni passati che dopo dieci anni vissuti all’Isola d’Elba, e una lunga relazione ormai alle spalle, torna a Parma, la sua città natale, per andare punto e a capo e ripartire dalle origini.

Libro completamente diverso dai primi due e che, superficialmente, non ha nulla a che fare con la salute mentale. E sono certa, conoscendo un po’ Gloria che si stupirà di trovarsi in questo elenco, ma io credo che ci stia bene e vi spiego perché.

Gloria, tanto la protagonista del romanzo quanto l’autrice, torna a casa e decide di imbarcarsi in un’impresa epica e anche un po’ incosciente: si infila nelle cantine della storica merceria di famiglia aperta da nonno Attilio nel 1946 e decide di ridare vita a quei capi vintage. Un’impresa che le riesce e che diventa il suo attuale lavoro grazie al marchio Attilio Vintage attraverso il quale vende on line i capi che suo nonno salvava dal macero.

Una storia, quella di Gloria, come quella di tante altre donne, che sa di coraggio, di rischio, di duro lavoro ma anche di occasioni sfruttate e di treni presi invece che persi.

“Dicono che la prima generazione fa, la seconda mantiene e la terza distrugge. Non ho intenzione di confermare questa statistica che mi spaventa da sempre”.

Ed ecco il legame tra questo libro e questo blog: la paura che invece di pietrificare spinge a ribaltare i paradigmi e le statistiche. Lasciarsi alle spalle una vita su cui si è investito tanto, tempo, aspettative, sogni e speranze, ritornare a casa e partire da capo, mettendosi in gioco, tra nostalgia e progetti.

Una storia che fa sorridere, e se imparate a conoscerla ve ne innamorerete all’istante, ma anche riflettere, perché è un continuo omaggio all’importanza dei legami familiari, ai rapporti umani che si costruiscono nel tempo e alla possibilità di sbagliare, tirare una linea e ricominciare da capo, sentendosi liberi di poter sbagliare ancora. Senza paura.

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