Le notti. L’autunno ci guardava travestito da estate per celebrare una stagione che non voleva finire, scegliendo di prolungare la sua coda e lasciando una scia che ci ha portati a viaggiare, godendoci le spiagge e le vette più alte non ancora imbiancate.

Ma siamo anche consapevoli (mai come in questo periodo) del graduale cedimento dell’anticiclone africano che ha portato: il freddo in arrivo dalla Siberia e da Nord Est e, le piogge violente che sono cadute in alcuni territori della nostra penisola. Il cambio dall’estate all’autunno ha portato le giornate ad accorciarsi facendo in modo di darci poche ore per goderci la luce e il nostro orologio biologico ha subito delle trasformazioni agendo sul nostro sonno: il bisogno di dormire di più ma allo stesso tempo sfasare gli orari e questo ha causato quella che comunemente viene chiamata insonnia.

La soluzione potrebbe essere passare più ore all’aperto come ci aveva suggerito il protagonista delle Le Notti bianche di Fëdor Dostoevskij, considerato il suo capolavoro dell’età giovanile.

“Le notti bianche”. La storia, la Restaurazione, il racconto

Dove la tempesta della rivoluzione napoleonica, che era passata come un uragano sull’Europa riportandola alle strutture sociali dell’Antico Regime, ha fatto in modo che le potenze vincitrici delineassero l’assetto europeo nel Congresso di Vienna del 1815 spazzando via tutto il polverone della rivoluzione francese e rimettendo sul trono quasi tutti i personaggi che erano stati sbalzati via per iniziare la Restaurazione in tutta Europa che si concluse con i moti del 1848.

Tutto questo scenario faceva nascere il Romanticismo come una reazione alla razionalità e bellezza classica che l’Illuminismo e il Neoclassicismo avevano fatte proprie, lasciando spazio alla spiritualità ma anche alla fantasia e immaginazione come il protagonista del romanzo che vi propongo, dove l’uomo tende all’infinito nella costante ricerca di un piacere infinito, mentre nel mondo finito e guardando la realtà si accorge di vedere uno scenario finito.

Un racconto diviso in quattro notti e una conclusione ambientata a San Pietroburgo, dove il ritmo viene scandito dalle riflessioni di un personaggio che potrei definire un sognatore molto solitario e la sua storia d’amore, sotto un cielo estivo che invita al coraggio che molti sognatori perdono nelle altre stagioni.

Ogni personaggio è come un attore che cammina nella mente di chi sta narrando questo sogno.

Realtà e fantasia si mischiano fino a diventare la stessa materia nella mente del protagonista, dove nello scenario della cultura romantica ottocentesca fanno parte di un firmamento perfetto.

Esistono delle stagioni che ci invitano di più al sogno?

Scomodando Freud, possiamo concordare sul fatto che i sogni non appartengono alle stagioni ma sono una rappresentazione dei desideri inconsci, che nella realtà sono repressi e difficili da riportare alla luce, senza dimenticare il contenuto manifesto dove possiamo ritrovare le immagini reali che si vanno a unire al contenuto latente dove risiede il vero significato del sogno ovvero la parte più nascosta.

I sogni servono a fare pulizia del caos che si trovano nella nostra mente a contatto con la realtà.

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