Il Covid non può e non deve fermare la ricerca nel campo delle malattie rare. Eppure la possibilità che accada è alta, soprattutto quando ci si trova di fronte a una pandemia che non solo sta cambiando i nostri comportamenti, ma rischia di rallentare, e anche di molto, l’attività dei laboratori di ricerca per lo studio di altre malattie. Bisogna invece sottolineare che le malattie rare rappresentano da sempre un’occasione di studio e individuazione di cure pionieristiche anche per le malattie più comuni. La loro particolarità, sebbene comporti alti investimenti di risorse a fronte di un numero limitato di beneficiari, rappresenta un’opportunità per ricerca di frontiera con risvolti ben più ampi.

In Europa si considera patologia rara quella che colpisce 1 persona ogni 2000 e sono tra le 7000 e 8000 le malattie rare ad oggi conosciute. E se anche le persone affette possono essere poche per singola patologia, si stimano oltre 300 milioni le persone nel mondo.  A fine 2018 il rapporto MonitoRare ha individuato 780.000 persone affette da malattie rare, un censimento in continuo aggiornamento tanto che si valuta siano almeno 1.200.000 persone in Italia. Tra queste va segnalato che l’80% riguarda bambini e giovani; l’80% ha origini genetiche e riguardano più spesso proprio giovani e bambini; il 70% insorge in età pediatrica e il 20% ha origini ambientali, infettive o allergiche. Tra queste solo circa 300 patologie hanno una cura farmacologica o una terapia specifica. Quindi non solo sono raramente riscontrate, ma queste malattie hanno sintomi e manifestazioni che variano anche da persona a persona, rendendole per questo motivo ancor più difficili da diagnosticare e curare. E alcune di esse non hanno proprio possibilità di cura.

Le persone con malattia rara sono costrette ad affrontare molteplici difficoltà, a partire dalla diagnosi che quando arriva lo fa con una media di 7 anni di ritardo, perché la scarsa incidenza di queste patologie comporta di conseguenza una scarsa conoscenza. Senza perdere di vista il fatto che ad essa va aggiunta la peculiarità di sintomi e manifestazioni che possono variare da persona a persona. Nonché l’andamento cronico e invalidante di queste malattie che hanno un lento decorso e con scarsa tendenza alla guarigione.Anzi per lo più peggiorativo delle condizioni di salute di chi ne è affetto. Tutto questo comporta la necessità di un coinvolgimento coordinato di diversi medici specialistici e di altre figure professionali, perché le necessità di cura vengano armonizzate anche con la possibilità di condurre una vita quanto più normale possibile. Spesso la mancanza di continuità delle cure e di specifici progetti assistenziali rende estremamente complessa la cosiddetta transizione, che riguarda il passaggio dall’età pediatrica a quella adulta.

Grazie ai progressi della ricerca per alcune malattie rare è disponibile una cura con i cosiddetti farmaci orfani, denominazione che identifica la principale classe di farmaci utilizzati per il loro trattamento, e il nome è dovuto al fatto del loro raro utilizzo, cosa che ne scoraggerebbe la produzione da parte delle aziende farmaceutiche. Tuttavia, le terapie avanzate e innovative costituiscono una nuova frontiera di cura per alcune patologie rare e le sperimentazioni in corso sono moltissime, anche se il costo è molto elevato. Ma la ricerca nell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che gestisce la più ampia casistica nazionale di malati rari oltre 15 mila pazienti in età pediatrica, non si ferma davanti al CoViD. E negli ultimi due mesi, l’equipe dell’Area di Ricerca Genetica e Malattie Rare, coordinata dal prof. Marco Tartaglia, ha identificato 4 nuovi geni malattia legati ad altrettante patologie fino a quel momento orfane di diagnosi.

I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica American Journal of Human Genetics, descrivono nuove patologie dello sviluppo e le rispettive cause genetiche. In particolare, sono state identificate le mutazioni di un gene denominato SCUBE3, che causano una sindrome che colpisce lo sviluppo scheletrico. Nonché le mutazioni di altri 3 geni (CLCN6, SPEN e VPS4A) riconosciute come causa di malattie del neurosviluppo abbinate a quadri clinici complessi che coinvolgono diversi organi e tessuti del nostro corpo. Solo nel corso del 2020 i cosiddetti geni malattia identificati sono stati 13: scoperte che hanno permesso di dare un nome ad altrettante malattie rare sconosciute. Un lavoro che vede protagonista il progetto di genomica dedicato ai pazienti orfani di diagnosi. Lo scopo è quello di trasferire le nuove tecnologie omiche alla pratica clinica, per offrire una diagnosi precoce a quei pazienti che sono privi di un nome e di una causa molecolare che identifichi la loro malattia. Le scienze omiche definiscono un gruppo di discipline che utilizzano tecnologie di analisi che consentono di produrre un grande numero di dati, utili a comprendere il sistema biologico studiato. È il caso per esempio della genomica, che studia l’insieme dei geni. Le nuove tecnologie di sequenziamento permettono di analizzare l’intero genoma e di selezionare all’interno della variabilità genetica, grazie al supporto di analisi bioinformatiche complesse, la mutazione che causa la malattia.

Il 28 febbraio, giornata mondiale dedicata alle malattie rare, sono molte le iniziative di sensibilizzazione sul tema. Ma un altro modo di raccontare la rarità e di prendersene cura in tempi di Covid e di attività virtuali lo ha trovato l’Osservatorio Malattie Rare (OMaR) con l’iniziativa #TheRAREside, Storie ai confini della rarità. Un social talk live di 10 puntate da seguire ogni martedì e giovedì alle ore 17:30 fino al 16 marzo sulla pagina e sui canali YouTube e Facebook di OMaR. La scelta di una forma diversa per cambiare il modo di raccontare e di pensare le persone con malattia rara. Non più eroi o speciali ma persone come le altre, risultato di una serie di caratteristiche proprie ed uniche, in cui l’avere una malattia rara è solo un pezzetto del puzzle. Persone con le quali tutti possono identificarsi, per abbattere quei muri invisibili creati dai noi e dai loro.

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