Mangiare per morire: il film “The whale” e le altre opere che trattano l’argomento
"The whale" ti mette di fronte al dramma della solitudine nell'obesità. Condividere le sofferenze è la sola salvezza. Ecco l'altro film e i libri che ne parlano.
"The whale" ti mette di fronte al dramma della solitudine nell'obesità. Condividere le sofferenze è la sola salvezza. Ecco l'altro film e i libri che ne parlano.
In questi giorni è in programmazione il film The whale, sicuramente non facile (è la storia di un suicidio per autodistruzione) ma pieno di spunti di riflessione.
Il film, diretto da Darren Aronofsky, racconta la storia Charlie, un uomo deformato, dalla voce profonda e gentile, con due dolci occhi azzurri. E’ uomo solo, malato, con una obesità estrema che lo immobilizza. E’ affetto da altre patologie correlate, che lo porteranno inevitabilmente alla morte. Lui ne è consapevole e non fa nulla per evitarla.
Charlie è sensibile e molto colto, ma terribilmente provato dalla vita. Da giovane rifiuta la sua natura e cerca di avere una vita sentimentale e sessuale normale, accettata dalla società; da questa unione forzata nasce anche una figlia; ma lui è gay e si innamora di un uomo con il quale riesce ad essere felice, anche se per poco; infatti il compagno muore tragicamente.
Questa enorme perdita e il senso di colpa per aver abbandonato la figlia, lo portano ad una depressione profonda che lui affronta compensando il vuoto interiore con il cibo. Inizia ad ingrassare fino ad arrivare a pesare 300 kg.
Prima di morire vuole riconciliarsi con la figlia; è disposto anche a pagarla con il denaro messo da parte per anni. La ragazza, ribelle ed ostile, accetta, ma solo perché Charlie le promette di scriverle dei temi: il suo rendimento scolastico infatti è pessimo e rischia la bocciatura.
Il percorso di conoscenza è difficile e doloroso, pieno di rinunce e tentativi, ma urgente di essere vissuto. Si susseguono eventi e personaggi che arricchiscono la storia. Nel film c’è una critica feroce alla fede cattolica che rifiuta l’omosessualità e la stigmatizza, definendola disgustosa e contro natura. L’America, nel nostro immaginario, rappresenta il progresso e l’apertura mentale, ma in realtà non è così dappertutto e Charlie è una vittima di questo bigottismo.
Ti domandi per tutto il film come si faccia a diventare così grassi, cosa può spingere una persona all’autodistruzione. Ho cercato di concentrarmi sulla storia, sulla scenografia, ma la sensazione di imbarazzo per l’obesità estrema del personaggio, è stata una presenza costante e fastidiosa.
Brendan Fraser è stato bravissimo a trasmettere il disagio della sua condizione. Le persone obese hanno difficoltà nella deambulazione, non possono provvedere ai loro bisogni primari. Non possono avere una vita sociale e sessuale adeguata.
Odori sgradevoli che immancabilmente circondano la persona e l’ambiente in cui vive. Pesare 300 kg significa non provvedere adeguatamente alla propria igiene personale, non poter mantenere una vita dignitosa (Charlie stesso si definisce disgustoso e parlando delle sue difficoltà dice di avere “la muffa fra le pieghe”). I gravi obesi non possono più uscire di casa, sono dipendenti dagli altri per ogni cosa.
Altra presenza costante in “The whale” è il cibo: Charlie mangia di tutto in quantità inimmaginabili; ha buste intere di cibo spazzatura, mangia panini enormi pieni di polpette, 2 pizze americane alla volta; beve bottiglie maxi di bibite. In un momento acuto di depressione e solitudine ha un attacco di fame e mangia tutto ciò che ha in casa, fino a vomitare. Una scena terribile. E’ una finestra su quanto sia facile negli Stati Uniti reperire cibo spazzatura e a buon mercato e uccidersi anche così.
Dall’inizio sai già come finirà e Charlie ne è consapevole, ma non vuole fare nulla per salvarsi. Il suo intento è raggiungere l’anima della figlia per incoraggiarla ad essere se stessa: lui la trova una persona buona e meravigliosa. Nonostante il tempo a disposizione sia stato poco, la loro unione diventa fortissima.
L’attore Brendan Fraser interpreta questo ruolo magistralmente (meritatissimo l’Oscar come miglior attore), forse perché anche lui ha subito una forte depressione che l’ha portato a trasformarsi fisicamente e a diventare grasso (nel film la sua obesità estrema è stata costruita; non a caso l’Oscar per il miglio trucco e acconciature).
Infatti l’attore dopo un periodo di enorme successo, dovuto anche alla sua prestanza fisica (lo ricordiamo tutti in George re della giungla e nella fortunata serie La mummia), è sprofondato in un periodo di crisi professionale e personale che lo hanno trasformato, crisi dovuta a degli abusi sessuali subiti e denunciati.
Si esce dal cinema con una maggiore consapevolezza della fragilità umana. Con l’idea che le difficoltà di uno sono le difficoltà di tanti altri: la condivisione delle nostre tragedie ci può aiutare.
Non serve isolarsi, solo l’amore può salvarci. Le persone non sono tutte uguali, non esistono solo i forti; non dobbiamo disinteressarci: dietro ad ogni persona c’è una storia da cui derivano i comportamenti che a volte non condividiamo. Bisogna avere empatia e perdonare, non giudicare; vedere l’altro non solo con senso critico ma con compassione e comprensione. Questo mi ha lasciato The Whale.
Per approfondire l’argomento trattato dal film, posso consigliare la lettura di Cuore di ciccia di Susanna Tamaro, un libro per ragazzi che possiamo leggere insieme ai nostri figli, per aiutarli ad entrare in empatia con l’altro che ha difficoltà ad accettarsi.
Cuore di ciccia è il cuore di Michele, un ragazzino che si sente solo; ha come suo unico amico Frig (il frigorifero); è grassottello e si sente inadeguato e non accettato soprattutto perché ha una mamma bellissima e in forma. Lei fa di tutto per aiutarlo a perdere peso: esercizi estenuanti, diete da fame.
Ma l’unica cosa di cui Michele ha bisogno è del suo amore, della sua attenzione, di essere accettato così com’è. La consapevolezza di questa esigenza da parte della madre, porterà Michele sulla strada della salvezza.
Un altro libro che ci aiuta a capire il perché alcune persone hanno un cattivo rapporto con il cibo è Donne che mangiano troppo di Renate Gockel. Molte persone hanno un cattivo rapporto con il cibo, lo usano come elemento compensatorio per le proprie carenze affettive.
Mangiare per sentirsi appagate e avere la sensazione di aver riempito il vuoto interiore, in realtà incolmabile.
Il risultato è invece inverso: si ingrassa, ci si ammala; oppure dopo le abboffate si vomita fino a deformare i muscoli facciali, a bruciare l’esofago, a rovinare i propri denti per il contatto continuo con gli acidi gastrici. Andare incontro alla malnutrizione mangiando tanto ma male.
Analizzare i motivi inconsci che spingono una persona ad avere questi comportamenti autolesionisti, è un passo verso la guarigione, capire dà la forza di affrontare il problema e la speranza e di potersi salvare.
Per chi non ama leggere ma preferisce vedere film posso consigliare Precious di Lee Daniels con Gabourey Sidibe. E’ un film crudo e violento.
E’ la storia di una ragazza obesa che vive con una madre che la odia perché il suo uomo la preferisce a lei. Da questi rapporti incestuosi nascono due figli, di cui uno con la Sindrome di Down. La mancanza di amore e di comprensione fanno sì che per Precious il cibo diventi un rifugio.
Lei abita ad Harlem e trova enormi porzioni di cibo spazzatura a buon mercato.
Grazie all’aiuto di un insegnante speciale e di un infermiere, Precious inizia ad avere speranza per il suo futuro. Avere l’affetto e l’attenzione di qualcuno per lei rappresenterà una rinascita.