Il Giappone non è solo manga, cinema, musica o gadget sempre più strani che a volte tentano di riprodurre anche il progresso occidentale, ma anche una vera e propria mania di locali aperti con l’intento di proporre delle vere e proprie tematiche come il Manuscript Writing Café: un locale a Tokyo nel distretto di Koenji, pensato appositamente per gli scrittori che devono finire di scrivere il prima possibile e consegnare il loro lavoro a un fantomatico Editor.

La scrittura non può essere concepita solo come una tematica di un locale: questo degli scrittori in ritardo e delle deadline da rispettare è il punto nevralgico dell’ultima fase di un progetto creativo fatto di inchiostro sempre più digitale da assemblare.

Il Manuscript Writing Cafè viene concepito come una realtà aziendale in cui sono presenti delle regole da rispettare, come spiega il proprietario Takuya Kawai.

  • Accedendo all’interno del locale viene chiesto di lasciare all’ingresso un biglietto dove vengono precisate quante parole gli scrittori in questione devono scrivere ed entro che ora, scegliendo un grado di intensità che lo Staff del locale si assicurerà che venga rispettato: opzione S (severa) M (tranquilla).
  • Allo scadere di ogni ora il proprietario del locale passerà dagli scrittori a chiedere come procede il loro lavoro di scrittura.
  • Gli scrittori non possono lasciare il locale fino a quando non hanno finito di scrivere.

Un luogo dove si paga il tempo investito per la scrittura ma soprattutto dove l’aspetto più simpatico e originale è che gli autori in fase di consegna possono portarsi la consumazione anche da altri locali.

Una visione alternativa di velocizzare i tempi, non solo in termini di ore ma anche come idea di marketing che può aiutare il ritmo spesso rallentato dello scrivere. Senza dimenticarci che scrivere, come scattare fotografie o girare un video, vuol dire anche fermare il tempo, oppure a volte comporta affrontare un viaggio per cercare una giusta collocazione.

La letteratura giapponese nasce e si sviluppa a partire circa dall’VIII secolo. Al principio era presente una forte influenza della Cina e dell’India, dovuta anche alla vicinanza geografica e alla diffusione della religione buddista in Giappone.

Successivamente seguirà una propria strada delineando delle proprie caratteristiche. Dal XIX secolo con l’apertura verso Occidente si vedrà sempre un maggiore interesse, da parte degli scrittori, verso la letteratura occidentale basata su  tradizione e innovazione.

I viaggi si affrontano tornando alle origini per avere una collocazione nel presente, quasi come un addestramento, un training di una giovane donna per diventare adulta.

Il tempo sospeso di Mai

Un po’ come avviene per Mai nel romanzo d’esordio di Kaho NishikiUn’estate con la Strega dell’Ovest.  

Mai non vuole più andare a scuola, che come ambiente non lo considera suo perché discriminata dal formarsi di gruppi tra coetanee, così viene mandata dalla nonna rimasta vedova da molti anni: inglese per origine ma anche una strega, come veniva soprannominata dalla madre e dalla stessa Mai, proprio per questa sua collocazione tra le Alpi che la faceva percepire come proveniente da un altro paese e quindi un’estranea agli occhi di tutti.

Sentirsi estranei sapendo di essere diversi, dotati di poteri soprannaturali

La stregoneria in Giappone non è stata tanto diversa dal concetto occidentale della Caccia alle Streghe che conosciamo dai documenti pervenuti a noi dai libri di storia.

Digital Capture

In Giappone l’apertura verso l’occidente inizia nel periodo Meiji (1867-1912) quando esistevano già dei racconti della tradizione e figure che terrorizzavano i contadini e le campagne.

Le streghe erano anche creature delle leggende occidentali e vennero rielaborate dalla cultura di massa, creando dei personaggi che spaventando catturavano l’interesse e la cultura di massa.

Così nella concezione shintoista, assistiamo a una separazione  e per certi versi quasi una scissione fra il mondo degli spiriti e quello reale, come nella leggenda di Izanami e Izanagi:  la dea rimase “prigioniera e intrappolata” nel mondo dell’aldilà, venendo associata all’impurità e al regno degli spiriti e dei mostri.

Un’estate con la Strega dell’Ovest è un romanzo nel quale il tempo ci appare sospeso e la magia non ha niente a che vedere con la stregoneria di cui parlavamo prima, ma è fatta di comprensione, una filosofia di pensiero che porta alla disciplina e alla costanza, utile per rielaborare le esperienze quotidiane non solo per gli adolescenti ma anche per le persone adulte.

Un racconto che si snoda nell’arco di venticinque anni in cui l’autrice ha deciso di aggiungere altri racconti all’opera originale inserendo anche il monologo della nonna di Mai, fondamentale per capire che una figura importante troverà sempre il tempo e il modo di comunicare con noi attraverso delle forme come la scrittura.

Una scrittura che si rivolge a tutte le persone che si sentono fragili in una società come la nostra, fatta di masse tracotanti di leader forti, che alzano la voce per farsi notare e allo stesso tempo prendere il sopravvento, escludendo tutto quello che è diverso o considerato diversità.

E’ vero che non sempre si possono avere voci forti, ma un messaggio può anche passare tenendo la voce bassa, come Kaho Nishiki ci vuole fare riflettere con un post scriptum all’edizione giapponese.

Ti prego di raggiungere, senza fare distinzioni, coloro che potrebbero aver bisogno di te, che siano giovani o vecchi, donne o uomini, e di affiancarli, di sostenerli con tutta la forza che hai, di incoraggiarli.

E di sussurrare loro queste parole: non abbiamo una voce forte, ma possiamo comunque trasmettere il nostro messaggio, parlando tra noi a bassa voce”.

Condividi: