Ma vengono a tutte? Parliamo della sindrome di Rokitansky
Intervista a Federica Salamino su Sindrome di Rokitansky e stereotipi che riguardano mestruazioni, genitorialità e corpo delle donne.
Intervista a Federica Salamino su Sindrome di Rokitansky e stereotipi che riguardano mestruazioni, genitorialità e corpo delle donne.
Federica Salamino, co-fondatrice e presidente dell’associazione FecondaScelta e attivista per i diritti riproduttivi, ci parla della Sindrome di Rokitansky.
Andiamo con ordine, vuoi spiegarci cos’è la Sindrome di Rokitansky?
La Sindrome di Rokitansky (Mayer Rokitansky Kuster Hauser – MRKH) indica una malformazione congenita che comporta la parziale o mancata formazione di utero e canale vaginale. Lo sviluppo dell’apparato riproduttivo nelle persone colpite si arresta durante la gestazione, ma la diagnosi arriva in adolescenza, a causa della mancata comparsa della prima mestruazione. Data l’assenza dell’utero, le “ragazze Roki” non avranno le mestruazioni, nonostante un ciclo sia presente perché le ovaie ci sono e funzionano. E non potranno portare avanti una gravidanza. L’aspetto invece immediatamente curabile è quello sessuale: il canale vaginale può essere portato alla giusta lunghezza attraverso varie tecniche. La MRKH rientra tra le malattie rare: colpisce una persona su circa cinquemila nate femmine.
Le mestruazioni sono un tabù ancora oggi, figuriamoci se sono collegate a una patologia rara. Cosa accade alle “ragazze Roki”?
Nel libro Circo Rokitanski parliamo di ciclo mestruale raccontandone l’invisibilità e descrivendone quindi lo stigma che a maggior ragione si porta dietro: a) il sentimento prevalente nelle adolescenti che scoprono di essere affette dalla MRKH è quello della vergogna, legata alla percezione di sentirsi le uniche in questa condizione e al crollo delle aspettative su mestruazioni, gravidanza, parto; b) le mestruazioni diventano un privilegio di cui loro non godono; c) l’invisibilità di una condizione di disabilità e il fatto che non se ne parli vanno a confermare l’idea di riproduzione come un evento “uguale per tutte”, che non prevede alternative a quella che consideriamo la norma.
Come possono affrontare il tema della maternità le donne che vivono questa sindrome?
C’è grande discriminazione intorno alle scelte riproduttive delle persone che hanno bisogno di rivolgersi alla scienza per poter avere figli. Se la PMA, la procreazione medicalmente assistita, nel nostro paese è piuttosto nota per la cura della sterilità, continua a non essere conosciuta e accettata in tutte le sue forme. La GPA, cioè la gestazione per altri, illegale in Italia, è una delle soluzioni terapeutiche esistenti per le persone affette dalla Sindrome di Rokitansky. È una tecnica di fecondazione assistita che prevede che ci sia una persona che porta avanti la gravidanza che non sarà la stessa che crescerà il bambino o la bambina che vedrà la luce. Diverse persone nel mondo scelgono di partorire per altre e diversi paesi hanno normato questa pratica. Per le persone senza utero c’è poi il trapianto: sperimentale in Italia, ha permesso la nascita di diversi bambini nel mondo. L’adozione, infine, resta l’unica scelta apparentemente priva di stigma, e poi c’è sicuramente la scelta di non avere figli. Ma non è la tecnica attraverso la quale si viene al mondo a fare la differenza per il benessere dei nostri figli e figlie, ma la trasparenza nel racconto di come abbiamo scelto di farli nascere.
Qual è l’obiettivo dell’associazione FecondaScelta?
L’associazione culturale FecondaScelta nasce per colmare la lacuna che ancora oggi c’è nella narrazione delle scelte di genitorialità che partono da sterilità e infertilità. Viviamo ancora nella convinzione che potersi riprodurre sia un merito (invece è un privilegio) e che ci sia una sorta di classifica tra le varie scelte di riproduzione e genitorialità. Attraverso prodotti culturali (graphic novel Circo Rokitansky, podcast Per Altre) si cerca di fare divulgazione sul tema, perché anche se le famiglie nascono da tecniche sempre più varie, sempre famiglie restano.
Beatrice Gnassi è vicepresidente di Uniche ma plurali, editrice e traduttrice.