Oggi voglio raccontarvi di cosa parlano cinque dei dieci articoli più letti nel 2023 tra le 89 riviste dell’American Psychological Association, tema più che attuale dopo che a Meta (la società di Mark Zuckerberg proprietaria, tra gli altri, di Facebook, Messenger, Instagram, WhatsApp e Workplace) è stata accusata da 33 Stati Usa di aver contribuito allo sviluppo di dipendenze tra i giovani. Gli stati infatti sostengono che l’azienda abbia deliberatamente progettato le sue piattaforme per rendere i ragazzi e le ragazze dipendenti dai social media, approfittandosi delle loro vulnerabilità psicologiche e sociali. Le sue piattaforme, sostengono i 33, causerebbero ansia, depressione e idee suicidiarie.

E non finisce qui, perchè, tra le accuse, anche quella di aver usato i dati personali degli utenti per aumentare i profitti.

Le accuse ai social media. Gli studi

Anche la città di New York, proprio un mese fa, insieme al distretto scolastico e alle istituzioni sanitarie, ha fatto causa a Meta, Snap, ByteDance e Google per danni alla salute mentale di bambin* e ragazz*, sostenendo di aver

“consapevolmente progettato, sviluppato, prodotto, gestito, promosso, distribuito e commercializzato le loro piattaforme per attrarre e creare dipendenza, con una supervisione minima da parte dei genitori” .

E allora, vediamo cinque studi che raccontano come effettivamente stanno le cose.

Uno: i giovani adulti che non si sentono a proprio agio con se stessi e si confrontano con gli altri sui social media hanno maggiori probabilità di pensare al suicidio (Vedi la ricerca). I ricercator* hanno intervistato 456 student* universitari sulla loro frequenza di utilizzo dei social e hanno misurato la tendenza a coinvolgersi in contenuti negativi su Instagram e Facebook: chi frequenta contenuti negativi ha maggiori probabilità di avere idee suicide. Questi risultati suggeriscono la necessità di limitare l’uso dei social media e di educare sui loro effetti sulla salute mentale.

Due: il tipo di contenuto dei social che le donne vedono può influenzare la loro auto-accettazione (vedi lo studio). In due esperimenti, 247 donne hanno visualizzato contenuti coerenti con l’ideale di sè, contenuti neutri (tipo paesaggi) e contenuti di body positivity. In entrambi gli esperimenti, le donne che hanno visualizzato contenuti idealizzati di aspetto hanno riferito uno stato di bassa auto-accettazione, mentre chi ha visualizzato contenuti di body positivity ha riferito un senso di autostima più alta.

Tre: ridurre l’uso dei social media sugli smartphone a 1 ora al giorno potrebbe migliorare l’immagine corporea nei giovani con disagio emotivo (vedi lo studio). I ricercator* hanno coinvolto 220 partecipanti (di età compresa tra 17 e 25 anni che utilizzano i social almeno 2 ore al giorno) chiedendo loro di ridurre per quattro settimane l’uso dei social a un’ora al giorno. Il gruppo con un uso limitato si è sentito meglio riguardo al proprio aspetto, mentre l’altro gruppo non ha mostrato cambiamenti.

Quattro: i social non aiutano ad informarsi su come ridurre e gestire l’ansia (vedi lo studio). 250 giovani adulti hanno risposto a un sondaggio online in cui riportavano le loro fonti di informazione sull’ansia: mentre l’uso di Internet è stato associato a una maggiore conoscenza dell’ansia, coloro che hanno cercato informazioni sui social hanno mostrato una minore conoscenza dell’ansia usando strategie disadattive. Importante quindi promuovere la diffusione di informazioni accurate sull’ansia sui social media.

Cinque: più si sta sui social e meno si è capaci di interazione sociale (vedi lo studio). In due studi basati su sondaggi con 226 partecipanti negli Stati Uniti, i ricercator* hanno scoperto che l’uso passivo dei social (visualizzare ma non postare) è associato a una minore capacità connessione sociale. In un terzo studio sperimentale, con 160 partecipanti, si è evidenziato che l’uso attivo, intenso e massiccio dei social ha effetti positivi sulla capcità di connessione sociale.

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