Pensarsi queer: l’eredità spirituale di Michela Murgia. Video intervista con Andrea Rubera
"Queer" è la parola che riassume il percorso di Michela Murgia: una società in cui "nessuno è escluso, perché tutti sono previsti".
"Queer" è la parola che riassume il percorso di Michela Murgia: una società in cui "nessuno è escluso, perché tutti sono previsti".
Michela Murgia è stata innovativa e dirompente come intellettuale, ma anche come credente. Tra la rigidità della dottrina e l’unicità della persona, ha scelto decisamente la seconda: sia come percorso personale, che come esortazione rivolta a chi non riusciva a trovare posto e voce all’interno della comunità cristiana per il fatto stesso di essere non conforme al modello considerato normale e virtuoso, ad esempio perché omosessuale o trans. Così, coraggiosa e provocatoria, la ricorda Andrea Rubera nell’incontro con quella comunità a cui non era permesso vivere la propria fede alla luce del sole.
Adattarci alle parole scelte da altri per descriverci, spesso significa condannare al silenzio la parte più unica e innovativa della nostra esperienza umana. Allora dobbiamo prendere noi la parola, per riconoscerci ciascuno nella propria unicità e renderla accessibile agli altri.
Michela Murgia si è posta di fronte alla fede – così come al lavoro, alla famiglia, alla società, anche alla morte – proprio con l’atteggiamento di chi decostruisce le narrazioni imposte per riscriverle dalla prospettiva della queerness, rispettando cioè la complessità e diversità delle persone. Queer è la parola che riassume ciò che ci lega al percorso intellettuale e spirituale di Michela Murgia: immaginare una società in cui
“nessuno è escluso, perché tutti sono previsti”.