Giuseppe Merlo archivista e storico dell’arte, funzionario dell’Archivio di Stato di Brescia, all’interno di un fascicolo processuale dell’Archivio antico del Pio Luogo Casa di Dio ritrova l’unico documento al momento noto, firmato e autografo, di Giacomo Antonio Melchiorre Ceruti, detto il Pitocchetto (Milano, 13 Ottobre 1698 – Milano, 28 Agosto 1767), uno tra i più importanti esponenti della pittura del Settecento italiano.

Brescia, 9 Gennaio 1733, inchiostro marrone su carta priva di filigrana, 200 x 145 mm. Brescia, Archivio di Stato, P. L. Casa di Dio, b. 54, fasc. 9

Si tratta di una lettera datata 9 Gennaio 1733 che non solo attribuisce una data certa alla rocambolesca fuga del Ceruti da Brescia ma ne rivela le ragioni, tanto da imporre agli storici dell’arte di rivedere la datazione di molte delle opere del pittore.

Dalla lettera si viene a scoprire di una denuncia fatta al Ceruti dal Pio Luogo Casa di Dio ai Consoli dei Quartieri per insolvenza. La completa comprensione dei fatti esposti, in quella lettera destinata a un anonimo interlocutore, è possibile attraverso la lettura di una delibera dei reggenti del Pio Luogo risalente a due anni prima; un secondo documento da cui emerge che il Ceruti si era impegnato in un acquisto (bosco e casino del Quarone – Gussago, Brescia) versando parte dell’importo totale richiesto per il saldo del pagamento che, per contratto, avrebbe dovuto versare entro due anni.

Dai due documenti risulta evidente che questo non sia potuto accadere a causa delle mutate condizioni economiche del pittore; per cui, alla supplica avanzata da Ceruti di alienare l’appezzamento già acquistato per l’effettiva impossibilità di pagarlo, la causa proseguì fino al pignoramento dei suoi effetti: provvedimento che lo determinerà alla fuga per sfuggire ai creditori.

Ma questa lettera rivela un’altra verità. Ceruti fu indubbiamente un abile artista, purtroppo però con una scarsa dimestichezza con la scrittura:

la prosa stentata, a tratti al limite della comprensione, evidenzia la fatica nell’esprimersi per iscritto” […] “Benché nella documentazione processuale non si faccia alcun riferimento all’opera di Ceruti, la carta fornisce una data certa per la sua “fuga” senza ritorno da Brescia”.

(Giacomo Ceruti. Capolavori tra Lombardia e Veneto, mostra a cura di S. Lusardi, catalogo della mostra a cura di F. Ceretti, Skira, Milano 2023. p. 42).

PerDiana! Giacomo Ceruti. Capolavori tra Lombardia e Veneto. MarteS, Museo d’Arte Sorlini, Calvagese della Riviera, Brescia

Per gentile concessione dell’Archivio di Stato di Brescia, la lettera rimarrà esposta al pubblico fino al 30 Luglio, nella mostra intitolata PerDiana! Giacomo Ceruti. Capolavori tra Lombardia e Veneto, allestita al MarteS il Museo d’Arte Sorlini a Calvagese della Riviera in provincia di Brescia.

A cura di Stefano Lusardi, l’esposizione mixa nell’allestimento voci, suoni e musiche selezionate che creano un’atmosfera in grado di far penetrare lo spettatore, avvolgerlo e catturarlo nell’epoca del pittore Ceruti che, fuggito da Brescia si diresse prima a Bergamo, di seguito a Padova e poi Venezia dove, venendo direttamente a contatto con i più grandi maestri veneti, adattò il suo stile al gusto della committenza locale.

Perché lo chiamavano Pitocchetto

Il soprannome di Pitochetto, però, è un chiaro riferimento a quel genere pittorico che egli prediligeva e che aveva come soggetti principalmente i poveri, i reietti, gli accattoni e i mendicanti, definiti appunto pitocchi, individui che oggi definiremmo indigenti e che furono ritratti sulla tela con un evidente trasporto di umana empatia.

PerDiana! Giacomo Ceruti. Capolavori tra Lombardia e Veneto. MarteS, Museo d’Arte Sorlini, Calvagese della Riviera, Brescia

Un percorso artistico che prosegue quella cosiddetta pittura della realtà che in Lombardia ha un’antica tradizione attraverso le opere di Vincenzo Foppa, della scuola bresciana ispirata dal Moretto e dal Savoldo e infine dalle tele del Merisi. Un tema che prima di Ceruti non si era potuto indagare con una sensibilità così attenta verso la verità del quotidiano.

La mostra di Giacomo Ceruti

La mostra si sviluppa attorno a tre importanti opere, già parte della Collezione Sorlini, affiancate per l’occasione espositiva da alcuni eccezionali prestiti attraverso i quali è possibile approfondire e contestualizzare l’evoluzione dello stile dell’artista in un percorso cronologico e tematico che lo vede evolversi tematicamente pur mantenendo la sua straordinaria sensibilità umana.

Inoltre la scoperta della missiva, la cui lettura è affidata a un contributo audio registrato dalla voce di Giuseppe Merlo, offre l’opportunità di comprendere lo snodo tra le due fasi del Ceruti: dalla fase pauperistica alla pittura di Storia.

L’opera Bravo, nella precisa restituzione fisionomica, che valorizza il volto attraverso lo sguardo, i baffi folti e incolti e la fronte corrugata, presenta l’attenta indagine psicologica di un uomo segnato dalla fatica e dall’aria rassegnata e assorta, ma chiaramente meditativa rispetto alla più espressiva capacità di penetrazione del Ceruti.

Un bravo che oltre all’aspetto trascurato è caratterizzato dalla presenza di determinati accessori: l’orecchino, l’ampio cappello da cui spunta una bandana colorata, il fazzoletto imbrogliato al collo e la spada, un modello con la gabbia protettiva, impugnata per la lama e posata sulla spalla come se fosse una zappa.

Giacomo Ceruti, Vecchia contadina, 1730 – 1733 circa, olio su tela, Al. 94 x La. 72 cm.

In Vecchia contadina la forzatura tipologica è maggiore.

Giacomo Ceruti, Diana e le ninfe sorprese da Atteone. 1740 – 1743 circa, olio su tela, Al. 203 x La. 620 cm. MarteS, Museo d’Arte Sorlini, Calvagese della Riviera, Brescia

Dal punto di vista compositivo, Diana e le ninfe sorprese da Atteone, è una scena complessa che vede il Ceruti riuscire a disporre i personaggi “all’interno di uno spazio di grande coerenza prospettica e narrativa” (Ibidem p. 46).

Dalla tela si evidenzia una pittura più internazionale che attinge alla produzione francese dai toni ricchi di sentimentalismo malizioso, tanto da rappresentare la bella dea Diana nuda.

Quel nudo, frutto di un’approfondita ricerca, ha un bellissimo disegno preparatorio conservato alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano che vede Ceruti aggiornato sulla cultura figurativa d’oltralpe, attraverso la quale si allontana da ritratti e immagini di ambito pauperistico misurandosi con soggetti nuovi.

Il Disegno di Diana è parte di un album di disegni composto da Federico III Fagnani, V Marchese di Gerenzano e Robecchetto (Milano, 8 Novembre 1775 – Milano, 8 Ottobre 1840), nobile scrittore e collezionista che donò, con disposizione testamentaria, alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano una raccolta di quasi cinquantamila pezzi tra grafica e carte geografiche.

Che il foglio conservato servì effettivamente da modello è provato dalla presenza della leggera quadrettatura a matita contenuta nello spazio delimitato agli angoli a sanguigna. Una dea vezzosa adornata da un nastrino di seta alla moda ma che, tuttavia, pur attenendosi al motivo iconografico mostra elementi di verità come lo studio accurato del ritratto di profilo.

Giacomo Ceruti, Studio preparatorio per Diana, 1740 – 1743 circa, sanguigna, gesso rosso e bianco su carta vergellata, quadrettatura a matita, 669 x 550 mm. Veneranda Biblioteca Ambrosiana Milano.

E’ in effetti la produzione ritrattistica che emerge nell’opera del Ceruti e che lo rende uno dei più particolari artisti del 1700 italiano. Il realismo e la potenza pittorica valorizza una vera e propria folla di umili ritratti nella quotidianità con descrizioni da cui emergono, senza indulgenza, molte delle piaghe sociali del tempo: lo sfruttamento minorile, il lavoro svolto in locali non igienici, l’accattonaggio, la povertà che induce al furto.

La mostra è ospitata all’interno del percorso museale che espone per intero la Collezione voluta da Luciano Sorlini (1925-2015), capace di offrire testimonianze emblematiche della pittura contemporanea alla produzione cerutiana con opere di Piazzetta, Pittoni, Ricci, Pellegrini, Tiepolo, Guardi.

Fino al 30 luglio 2023

mercoledì e venerdì: 10.00 – 15.00
sabato e domenica: 10.00 – 18.00

Ultimo ingresso, sempre un’ora prima.

Per l’autorizzazione alla pubblicazione sulla rivista ReWriters delle immagini fotografiche di Per Diana! Ringrazio l’Ufficio Stampa Bianca etc. di Bianca Martinelli.

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