Bene, si fa per dire. Abbiamo chiuso il locale. Sarebbe stato giusto scrivere a norma del DPCM oppure per pandemia, ma abbiamo optato per una parola più leggera: ferie. Non abbiamo messo la data di fine, perché credo che nessuno la sappia, ma perlomeno chi passa di lì, avrà quell’idea di noi che ci piace. Pensare al meglio.
Ora però i giorni, finite tutte le incombenze e le cose che rimandavo, devono essere sempre un qualcosa da non sprecare. Così, con quella leggerezza che mi contraddistingue verso le novità, ho deciso di partecipare attivamente alla raccolta delle olive di proprietà de Le Colline di Vinci, ovviamente a Vinci.

Questo é un paese, dove secondo me, fino a poco tempo fa gli abitanti ci facevano il bagno nell’olio! Ogni sguardo trova chiome verdi su tronchi piantati in file ordinate. Erba tagliata a spazzola come i capelli dei Marines americani. Insomma un ordine al quale anche le vigne con il proprio avvento, si sono adeguate. Ma stavolta parlo d’olio. Tralascio di raccontare tutto quello che succede prima di arrivare alla raccolta, quel controllo per esempio sulle previsioni del tempo, per determinare o meno i trattamenti previsti dal disciplinare biologico. Oppure quando si preparano delle bottiglie di plastica forata con un miscuglio d’acqua, zucchero e acciughe per attrarre i parassiti, tipo la mosca. Alla fine si arriva a novembre, che dovrebbe essere per statuto un mese freddo, ma che ora come ora é spesso piovoso, non freddo. I frantoi cominciano a riaccendere le luci, si tirano fuori le reti e soprattutto si prepara la squadra dei raccoglitori. Stavolta ci sono anche io.

Mattina presto nel campo. Siamo più o meno una decina. Per prima cosa si stendono le reti che sono una maledizione quando per sbaglio si arruffano l’una con l’altra o perché non sono state piegate con metodo. Eppoi, dividendo gli olivi a zone quadrate, si comincia. Chi raccoglie le olive basse, chi le alte. Poi si puliscono, perchè le foglie vanno tolte. Casse riempite. Via, sul trattore verso il fienile. Una volta lì, c’è una macchina che vorrei rubare per quando potrò rifare una festa. Una spara coriandoli a getto continuo. Si prende una cassa e la si rovescia lì sopra; poi mani ormai veloci ed abituate ripuliscono ancora da rametti e foglie, prima di veder sparire quei grossi chicchi scuri. Così foglie in alto, e olive in basso. Queste, belle e lucide, sono pronte per il viaggio che le trasformerà in quell’ingrediente che spesso viene citato senza importanza, in qb (quanto basta) o in cucchiai: l’olio.

Non mi dilungo sull’importanza del frantoio, del frantoiano e delle varie attrezzature, altrimenti divento noiosa, ma appena da quel tubo non troppo largo, comincia a sgorgare il  liquido con quelle tonalità di colore che arrivano fino allo smeraldo, l’unico desiderio e portarlo a casa e assaggiarlo. Sarà piccante? Amaro? Fruttato? Si comincia a paragonarlo all’anno precedente, alla sua resa oppure a perdersi in commenti su tutte le sensazioni gustative possibili. Per chi lo produce é come un figlio che hai curato, accudito, cresciuto, protetto. Tutto questo si ripete per diversi giorni, fino a che anche l’ultimo albero viene alleggerito dai suoi frutti.

Poi cominciano i travasi, le filtrature, le analisi e dopo quasi un mese si può cominciare a mettere questo gioiello in bottiglia. Ed ecco il punto dolente. Perché per questo gioiello i costi della produzione dei piccoli produttori sono sempre sproporzionati rispetto ai prezzi finali di mercato, fissati dalla produzione industriale. Purtroppo la conoscenza dell’olio non crea lo stesso interesse che é cresciuto intorno al vino. Non basta la dicitura sull’etichetta di olio extra vergine d’oliva per determinarne la qualità. Sarebbe utile conoscere prima di tutto la provenienza, visto che siamo uno dei migliori paesi al mondo per questo prodotto, la tipologia delle piante, le caratteristiche. Abbiamo la fortuna di avere olive che sentono il profumo del mare o la dolcezza della brezza del lago. Oppure il calore del sole del sud o di abitare nelle stesse colline dove le vigne danno dei grandissimi Chianti. Gli olivi assorbono a differenza delle vigne, molto di quello che li circonda. Ci si potrebbe domandare quale potrebbe essere il vino che questo condimento\alimento vorrebbe accanto a sé in un piatto. Se adoperassimo un olio ligure le cui particolarità sono di essere delicato, equilibrato e con delle note fruttate, cosa meglio di un Pigato (considerato una varietà di vermentino), mentre decidiamo di cucinare il pesce!
Oppure se prendessimo l’olio toscano che invece va dall’amaro al piccante, passando per una serie di sensazioni gustative, l’idea migliore sarebbe un Sangiovese e una bella bistecca.

Bene, ora ritorno in mezzo al campo, a cogliere le ultime olive rimaste, aspettando come ogni sera che torni questo gioiello appena franto. Credetemi, che non c’è niente di meglio che del pane abbrustolito e, come si dice qui un po’ d’olio di quello novo, quello che pizzica.

Per acquisti: “Le Colline di Vinci”, Azienda Agricola biologica, Via di Faltognano 123 – 50059 VINCI. Contatti: lisap@vinciland.it

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