Post Trans: storie di donne in detransizione. Un sito per l’orgoglio de-trans
Nonostante si stia affermando il de-trans pride, ci preme ricordare che la detransizione conta una percentuale molto bassa tra chi intraprende il percorso di transizione.
Nonostante si stia affermando il de-trans pride, ci preme ricordare che la detransizione conta una percentuale molto bassa tra chi intraprende il percorso di transizione.
Elie e Nele sono due donne de-transitrici provenienti da Belgio e Germania: “Post Trans è un progetto che abbiamo deciso di creare quando ci siamo rese conto che c’era un grande divario sul tema della detransizione. Crediamo che sia sempre più importante affrontare questo problema e dare supporto alle persone che hanno smesso di identificarsi come trans. Il nostro obiettivo è fornire uno spazio alle donne detransitrici per condividere le loro esperienze, oltre a fornire una narrativa alternativa alle discussioni comuni sulla transizione”.
Elie è una studentessa belga di scienze sociali di 22 anni. Ha iniziato a prendere il testosterone all’età di 16 anni, seguito da una mastectomia a 17 anni, ed è passata alla detransizione a 20 anni.
Svolge ricerche sul tema della detransizione e si dedica a migliorare la vita delle persone disforiche e delle donne e ragazze non conformi al genere. È principalmente lei a rispondere ai messaggi e a gestire i social media del progetto Post Trans occupandosi anche delle traduzioni in francese.
Nele è un’illustratrice e designer freelance tedesca di 26 anni che sta attualmente lavorando a una pubblicazione di fumetti sul tema della propria detransizione. Ha iniziato la sua transizione all’età di 20 anni ed è detransizionata dopo due anni di testosterone e una mastectomia. Nele è responsabile della parte di design e illustrazione di Post Trans, ha creato il sito web e lavora anche alle traduzioni in tedesco.
Nele parla così della sua transizione: “La transizione era una via di fuga. Lottavo con la dismorfia corporea e un disturbo alimentare da quando avevo 12 anni, e gli ormoni sembravano la cura miracolosa per tutto questo: un modo per allontanarsi dall’intensa dissociazione con il mio corpo. Poco dopo l’inizio della mia transizione, la mia salute mentale e fisica sono crollate vertiginosamente. La transizione ha cambiato la mia vita senza la possibilità di tornare indietro. Ora so di essere semplicemente una lesbica butch. Sto bene con me stessa e ho iniziato a ricucire il rapporto con il mio corpo. Ho passato tanto tempo pensando che fossimo due cose separate, ma ora so che il mio corpo sono io, e che io non sono un’estranea in esso. Sto per compiere 21 anni e mi sono ritrovata a far parte del mondo in modi che non avevo mai sperimentato. Mi sento motivata ed energizzata. Detransizionare è stato uno shock all’interno del mio sistema e mi ha risvegliata da una fantasia. Non potrei essere più grata di aver trovato la comunità online delle donne che hanno dentransizionato“.
Elie invece: “il motivo principale per cui ho iniziato il percorso fisico di transizione è stato il forte disgusto e la mancanza di connessione che provavo nei confronti del mio corpo. Il trattamento con testosterone sembrava l’unica soluzione per migliorarlo. Non ho mai capito perché improvvisamente ho iniziato a odiare così tanto il mio corpo. Pensavo semplicemente che dovessi essere trans e che la disforia sarebbe andata via con la terapia ormonale sostitutiva. Ed è successo. Il prezzo da pagare era vivere come un uomo e rinunciare alla mia identità di lesbica. Quindi ho mentito ai terapeuti, ho mentito ai dottori, alla mia famiglia e ai miei amici per avere accesso a quella che sembrava essere l’unica soluzione. Alla fine ho iniziato persino a mentire a me stessa. De-transizionare per me significa smettere di negare la mia esperienza femminile. De-transizionare per me significa prendere il controllo della mia disforia. De-transizionare per me significa riscoprire il corpo che ho iniziato ad alterare dall’età di 16 anni e finalmente iniziare a lavorare per accettarlo esattamente così com’è. De-transizionare per me non significa cercare di tornare ad essere la me stessa insicura di 16 anni, ma andare avanti e diventare la donna forte che voglio essere“.
Sul loro sito ci sono tante altre sorie di donne de-transitrici, come anche su Genspect o Detransvoice (che comprendono anche detransitori): il 12 marzo scorso, Genspect ha ospitato un webinar per il Detrans Awareness Day, che trovate qui sotto.
Nel 2021 Arte, il canale di audiovisivi di carattere culturale, ha realizzato un documentario, visibile fino a dicembre 2022: “Negli ultimi anni, il numero di operazioni chirurgiche per la riattribuzione del sesso è aumentato in molti paesi europei. In particolare, il fenomeno risulta decisamente in espansione tra le persone sotto i 30 anni. Quali sono gli effetti per i diretti interessati? E mentre l’operazione è un sollievo esistenziale per gli uni, altri finiscono per provare rimpianti“.
Anche se si sta sviluppando, a livello mondiale, un movimento di orgoglio detrans, sostenuto fortemente dalle femministe trans-escludenti o gender critical (secondo cui la transizione in giovane età, specialmente per chi passa dal sesso femminile a quello maschile, sarebbe una forma di misoginia e di cancellazione della donna), è importante sottolineare come il tema de-transizione sia molto delicato, perchè spesso usato dai conservatori e dalle destre per fomentare la transfobia e attivare terapie di conversione.
A tal proposito, proprio Ky Schevers – uno dei primi detransitioner ad aver raccontato pubblicamente la sua storia – ha scritto un lungo pezzo in cui racconta la manipolazione di cui è stato oggetto, paragonando il processo di de-transizione a una terapia di conversione, come se fosse una lesbica che non accettava se stessa, ossia con omofobia interiorizzata.
Ci preme ricordare che la detransizione conta una percentuale molto bassa tra chi intraprende il percorso di transizione (tra l’1 e il 3%). In un sondaggio del 2015 risulta addirittura che solo lo 0,4% dei detransitioner lo abbia fatto dopo aver capito di aver commesso un errore, mentre la motivazione più diffusa erano le pressioni esterne.
E’ emblematica a tal proposito la vicenda di Keira Bell, la quindicenne (all’epoca dei fatti) che aveva fatto causa alla Tavistock and Portman NHS Foundation Trust, che offre un servizio per il trattamento della disforia di genere in Inghilterra, perchè, dopo aver eseguito una terapia ormonale e, una volta maggiorenne, anche una mastectomia, aveva poi cambiato idea, ritrovandosi con un corpo trasformato a causa di decisioni prese, a detta sua, quando non era sufficientemente matura.
Inizialmente l’Alta corte di giustizia inglese le aveva dato ragione, con conseguenze catastrofiche per centinaia di adolescenti rimasti senza cure, dato che il servizio sanitario inglese aveva immediatamente sospeso la somministrazione sia dei bloccanti della pubertà che della terapia ormonale (il rischio di suicidio in questi casi è scientificamente dimostrato). Da quel momento in poi per questi tipi di interventi non bastava più il parere dei medici ma serviva il via libera di un giudice.
Successivamente poi la sentenza in secondo grado della Corte d’Appello ha per fortuna ribaltato (settembre scorso) la precedente sentenza dell’Alta Corte di giustizia inglese sul caso di Keira Bell: se un minorenne è prontə a cambiare gender e sesso a deciderlo saranno i medici, e non i giudici. E meno male, aggiungiamo noi.
1 Comment
Non sarei così convinta di dire un “Menomale”, quando un* ragazzin* di 15 anni, sicuramente in balia di problematiche psicologiche, intraprende un percorso di mastectomia e terapia ormonale irreversibili!
Come può un medico giudicare se tale decisione è presa con criterio o in balia di una disforia transitoria?
Molte lesbiche hanno avuto, durante la pubertà, il rifiuto del proprio corpo. Questo dovuto non tanto ad una vera e propria disforia, ma alla società esterna che non accetta altro che il binarismo e la precisa conformazione al proprio sesso di nascita secondo precisi dettami e comportamenti.
Io mi sono pure sposata con un uomo. Se fosse così semplice identificare le problematiche psicologiche che si agitano dentro ad una persona non binaria, allora non vi sarebbero così tanti omosessuali sposati da finti etero!
Sono profondamente contraria alle terapie ormonali precoci. Invece di agire sull’evidente accanimento e sull’esclusione dalla società delle persone trans o fluide, si cerca di renderli “normali” e socialmente accettabili, facendoli rientrare a suon di operazioni e trattamenti invasivi nella “normalità” universalmente accettata.
E’ terribile!