E così anche Sanremo 2022 ci ha regalato già alcuni dei brividi che ci aveva promesso. E no, non parlo di Brividi, la canzone con cui l’inedita coppia Mahmood e Blanco si sono presentati in gara che, in ogni caso, qualche brivido ce lo ha regalato portando sul palco per la prima volta un dialogo amoroso gay (quantunque recitato perché la coppia di artisti non è una coppia nella vita e Blanco sembra essere etero e fidanzato con una ragazza).

Parlo del monologo con cui Drusilla Foer, personaggio incarnato da Gianluca Gori e scelto da Amadeus per essere la co-conduttrice della serata di giovedì 4 febbraio, ci ha stregati.

Parlerò tra poco del monologo ma prima devo raccontare che la sera precedente era stato, invece, superospite Checco Zalone che, tra le varie performance, ha inserito uno sketch con Amadeus in cui ha riscritto la favola di Cenerentola ambientandola in Calabria e con protagonista la prostituta trans brasiliana Oreste alle prese con il principe innamorato di lei e il re padre contrario a questo amore.

Qui si può vedere lo sketch!

La rivisitazione di Cenerentola in salsa trans di Checco Zalone a Sanremo 2022

Lo sketch è stato molto criticato da una parte del mondo e apprezzato dall’altra. Chi lo ha criticato ha avanzato l’accusa di transfobia perché ha narrato la transessualità rinchiudendola nel clichet della prostituzione, con Oreste che “non si è fatto la ceretta”, che lascia la “scarpetta misura 48”, che alla fine smaschera il re padre che risulta essere stato suo cliente e a cui piacerebbe la “soppressata”.

Chi lo ha apprezzato, invece, come Mario Adinolfi o Giorgia Meloni, ha evidenziato la sua capacità di andare oltri gli schemi, di introdurre anche in Italia la comicità scorretta.

Drusilla, invece, nel suo monologo è partita dal concetto di diversità, che non le piace (“Diversità è una parola che non mi convince. Quando la verbalizzo, sento sempre che tradisco qualcosa che sento o che penso“), per auspicare che si approdi a quelli di unicità (“unicità mi piace, piace a tutti, perché tutti noi sappiano notare l’unicità dell’altro e tutti noi pensiamo di essere unici“).

Qui il monologo integrale

Il monologo sull’unicità di Drusilla Foer a Sanremo 2022

Anche Drusilla Foer ha avuto detrattori e estimatori (la mia bolla social è piuttosto divisa), tra chi ha paventato il “lavaggio del cervello pagato con il canone RAI” o l’annacquamento delle battaglie LGBT+ a favore di un indistinto concetto che non polarizza, e chi ha invece esaltato la profondità del messaggio oltre che la professionalità dell’artista (Michele Bravi, incontrandola sul palco, ha evidenziato come la presenza di Drusilla Fper a Sanremo fosse la celebrazione della meritocrazia).

Michele Bravi con Drusilla Foer a Sanremo 2022

In punta di piedi vorrei dire la mia, parlando sia da persona LGBT sia da Diversity & inclusion manager che è il mio lavoro.

Ci sono, in effetti, grandi differenze tra le due performance.

Lo sketch di Zalone (parlo dello sketch, non di Zalone in senso assoluto, so che ha espresso posizioni nette, ad esempio, sulle Famiglie Arcobaleno) non è transfobo per lo meno non negli intenti. E’ uno sketch che vuole irridere all’ipocrisia di chi “predica bene e razzola male”, un po’ come fece già De André con Bocca di Rosa. Alla fine la constatazione è che anche “a palazzo del re” regna una fluidità in termini di preferenze sessuali e che ognuno deve fare i conti con questo aspetto e farsene una ragione.

E’ tuttavia un modo di affrontare il tema che, almeno a me, è suonato estremamente vecchio. Viene dallo stesso mondo de La patata bollente, de Il vizietto, film che, a loro modo, volevano sì parlare di orientamenti sessuali ma lo facevano senza dare, in realtà, voce alle persone LGBT+ ma cercando di interpretarne i vissuti in chiave macchiettistica e, francamente, non rappresentativa.

Sentire Zalone parlare di transessualità in quel modo mi è sembrato totalmente fuori tempo. Poteva andare bene forse per il pubblico medio di RAI 1, i 60/70enni che guardano Tale e Quale, I soliti ignoti, ma non per un pubblico largo come quello di Sanremo che, fortuna loro, attira anche Millennials e Generazione Z.

Basta, infatti, mettere piede su TikTok per aprire una finestra sul nuovo mondo, quello che verrà, dove gli under 20 transessuali o omosessuali si raccontano in modalità inedita, fresca, quotidiana, una narrazione che si posiziona a distanza siderale dalla transessuale prostituta messa in scena da Zalone.

Francesco Cicconetti, ad esempio, è un ragazzo trans che, da tempo, dai suoi profili Instagram e TikTok (con cui si presenta come @Meths) sta contribuendo alla riscrittura dell’immaginario collegato alle persone trans. Lo fa presentandosi nella sua quotidianità, nel percorso di transizione, nelle sue attività di ogni giorno. Una piccola grande rivoluzione, insomma.

Francesco Cicconetti

Drusilla Foer, invece, nel suo monologo è stata estremamente contemporanea. Tento di argomentare perché. La diversità (lo sa chi fa il mio lavoro) non è un punto di arrivo ma solo di partenza. In ogni contesto, dal più piccolo al più ampio, sono presenti varie forme di diversità. Questo è un dato di fatto. Si può provare ad ignorare l’evidenza, ma la sostanza non cambia. La diversità è presente ovunque ed è il motore della vita.

In italiano diversità ha tuttavia semanticamente un sapore diverso dall’accezione inglese. Viene spesso utilizzato per prendere le distanze (tu sei diverso da me) mentre in inglese rappresenta più decisamente la varietà delle possibilità.

Sappiamo anche che spesso, questo sia in Italia sia all’estero, si scambi la diversità come l’appartenenza a una sola categoria dentro la quale si finisce, essendone etichettati in una modalità che, poi, fa passare il resto delle complessità dell’identità in secondo piano. Ognuno di noi non è solo gay o eterosessuale, o young o senior o uomo o donna. Ciascuno potrebbe, in teoria, essere profilato per un numero infinito di variabili e alla fine di questo percorso di profilazione non ci sarebbe che una persona sola: noi stessi nella nostra unicità, come ha declamato Drusilla.

La constatazione della diversità non basta. Il vero traguardo è l’inclusione, ovvero partire dalle diversità per rimuovere ogni barriera (culturale, fisica, normativa) e per creare programmi, iniziative per cui ogni persona, nel valore della sua unicità, possa esprimere il massimo del suo potenziale, contribuire, partecipare, senza doversi preoccupare del giudizio, del contesto, di occupare parte della sua giornata a difendersi da qualcosa o da qualcuno.

Tutto questo ha un valore ben preciso, anche economico. I contesti organizzativi, sociali, dove le persone sono messe in condizione di incontrarsi senza attivare il giudizio come prima modalità (come peraltro stiamo tutti funzionando di questi tempi) sono quelli dove emerge la novità, dove scaturisce la scintilla che fa andare avanti, dove dall’incontro tra diversità, unicità si attiva la creatività.

Affermare che è necessario arrivare al concetto di unicità non significa “annacquare le identità”, anzi. Significa valorizzare ciascuno nella complessità del tesoro che rappresenta ciascuno di noi.

Condividi: