Michelangelo Antonioni fu il regista che più di tutti seppe riconoscere in lei tutto il suo smisurato talento, affidandole personaggi femminili difficili e sfaccettati: per lui Monica Vitti fu l’inquieta Claudia in L’avventura, la seducente e frustrata Valentina nel film La notte, l’insondabile Vittoria in L’eclisse, la fragile Giuliana nella pellicola Deserto rosso. Non a caso la relazione tra di loro non fu solo artistica, ma anche sentimentale.

Ma moltissimi furono i registi che l’amarono e la vollero nelle loro pellicole, da Luciano Salce a Pasquale Festa Campanile, da Dino Risi a Ettore Scola, da Luigi Comencini a Sergio Corbucci. Tuttavia fu Mario Monicelli a scoprirne la vena ironica e ad esaltarne il talento comico in commedie come La ragazza con la pistola e Camera d’albergo, che la catapultarono nell’ambito della commedia all’italiana.

Affiancata dai più grandi attori del tempo, seppe creare connubi dalla forza esplosiva con ciascuno di loro: esilarante con Alberto Sordi, sensuale con Marcello Mastroianni, seducente con Vittorio Gassman, buffa e simpatica con Nino Manfredi, profonda e intensa con Ugo Tognazzi.

Monica Vitti è una di quelle attrici per le quali bisognerebbe coniare parole nuove capaci di contenere tutta la sua poliedrica e sfaccettata personalità di donna e di attrice. Non è sufficiente definirla attrice brillante perché fu anche una grande attrice drammatica; e lo stesso termine attrice può risultare limitativo se la ricordiamo in Polvere di stelle, film memorabile anche per la scoppiettante scena dal sapore cabarettistico intitolata Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai.

Spregiudicata e disinibita, Monica Vitti ha saputo interpretare la donna del suo tempo, che a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 tentava di liberarsi dagli stereotipi della società borghese per emanciparsi. Ha avuto sempre il coraggio delle sue scelte, come quando volle partecipare ai funerali del segretario del partito comunista Enrico Berlinguer partecipando al picchetto d’onore insieme a Federico Fellini e Marcello Mastroianni.

La sua estrema intelligenza l’ha anche liberata dalla prigionia della sua bellezza, permettendole di interpretare ruoli grotteschi, bizzarri e goffi senza il timore di perdere il proprio carisma. Non è facile infatti che a un’attrice dal fascino così seducente vengano affidati personaggi comici.

Monica Vitti al contrario è sempre stata libera dal cliché della donna bella e sexy, giocando con le sue qualità interpretative con estrema duttilità e versatilità. Non a caso fu così amata da tutti i più grandi cineasti non solo del cinema italiano, ma anche del panorama internazionale, come Roger Vadim e Jacques Baratier, Jean Valère e Luis Buñuel.

I cinque David di Donatello, i numerosi Globi d’oro e tutti gli altri innumerevoli premi non bastano a delineare la statura, il valore e la grandezza di una donna che ha anteposto la sua passione per il cinema a qualsiasi altra cosa, ma che ha saputo trovare posto nella sua vita anche per amori forti e passionali con i tre uomini che hanno accompagnato il suo percorso di donna: Michelangelo Antonioni, Carlo di Palma e Roberto Russo.

Resta il rammarico di sapere che la vita è stata fin troppo severa con lei, privandola del piacere della memoria, con una malattia degenerativa che l’ha consumata per oltre vent’anni sbriciolando i suoi ricordi e spargendoli al vento come polvere di stelle.

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