Sonia Costantini e Melina Mulas a Il Milione con “Il ritratto del quadro”
Fino al 21 novembre, Sonia Costantini espone a Milano "Il ritratto del quadro". Fotografie di Melina Mulas e testo critico di Ernesto L. Francalanci
Fino al 21 novembre, Sonia Costantini espone a Milano "Il ritratto del quadro". Fotografie di Melina Mulas e testo critico di Ernesto L. Francalanci
La Galleria Il Milione, a Milano, fino al 21 Novembre 2024, presenta la nuova personale della Pittrice Sonia Costantini. In questa occasione, al breve comunicato che tradizionalmente offre indicazioni sufficienti a fornire le prime informazioni di un’esposizione, è necessario far seguire altre notizie.
E’ importante segnalare al pubblico che, questa volta, non si tratta esclusivamente di un allestimento di sole opere di pittura (seppur eseguite da un’artista di fama internazionale), ma di un progetto espositivo che è possibile definire multidisciplinare, per il coinvolgimento di altre due discipline che ne evidenziano l’aspetto fortemente caratterizzante. All’esperienza offerta allo sguardo, data dall’osservazione dei dipinti, è accostata la testimonianza fotografica del racconto di un incontro: la pittura di Sonia Costantini con la fotografia di Melina Mulas.
Il ritratto del quadro, questo il titolo dell’esposizione, lascia una traccia coinvolgente dell’avvicinamento dell’obiettivo fotografico di Melina Mulas all’artista, alla sua opera e allo studio in cui lavora, anche attraverso una pubblicazione: Sonia Costantini. La piuma e la lama, edito da Corraini Edizioni, con un testo del critico d’arte Ernesto L. Francalanci e il contributo di Melina Mulas.
Nel libro le parole di Francalanci narrano di chi crea e della propria ricerca sul Colore come valore assoluto, materia con cui Sonia Costantini costruisce la stesura della base, dove l’olio modulato andrà a incresparne la superficie. Il critico fa notare che:
«I due colori, quello acrilico e quello a olio, sono tonalmente simili e utilizzati nella loro intrinseca e satura “purezza”, ma alla leggerezza della pennellata fa da controcanto la durezza ammansita dalla spatola lucente, lingua mobile ed elastica che si flette nella costruzione materica di una virgola veloce.»
(Sonia Costantini. La piuma e la lama, Mantova, Corraini Edizioni 2024, pag.13)
Sulle pareti della storica Galleria d’arte milanese, le opere di Sonia Costantini si accostano alle immagini fotografiche scattate da Melina Mulas nel suo studio, tra gli strumenti con cui lavora, gli studi preparatori, le prove di colore, e accentuano l’intensità del racconto. E’ quello il luogo in cui la mano da vita alle superfici dal temperato tumulto, un linguaggio privato che muove il tempo di chi osserva con l’unicità di una scrittura dai tempi propri e che non si smarrisce, ma acquista senso nel gesto, bello e sincero della materia, in un personale raccoglimento offerto a nutrimento dello sguardo. Tocco dopo tocco, senza nessun riposo, la stesura compone, nella corrente, regni di colore in cui la luce dilaghi e si offra per riparare ciò che il dolore può aver lacerato.
Ma c’è di più!
A dare compiutezza a questa emozionante esperienza, una video-intervista intitolata Sonia Costantini. Dentro il colore, realizzata da Melina Mulas e Giulia Ciniselli, è riprodotta con continuità in una sala della Galleria e visibile tramite codice QR nel libro Sonia Costantini. La piuma e la lama.
Il Milione espone i lavori dell’artista dal 1995 quando, in occasione della prima collettiva Aurore, il compianto Claudio Cerritelli (Roccaraso, L’Aquila, Abruzzo 1953 – Milano, Lombardia, 1° Agosto 2024) scrisse per il Bollettino 163:
«La profonda natura del colore è affrontata […] come uno smarrimento dello sguardo di fronte alla luce e, nello stesso istante, come una esperienza che costruisce l’abisso incommensurabile della superficie intesa come spazio in cui si compie la durata degli atti pittorici.»
Ad essa seguirono le personali Partiture nel 1999, Colore apparente nel 2015 con un testo di Annarosa Buttarelli, Attraversamenti a cura di Roberto Borghi nel 2020; e le collettive Documenti di pittura 2 a cura di Giorgio Bonomi nel 2008 e Pittura di colore nel 2017.
Ammiro da molti anni la pittura di Sonia Costantini e ho sempre pensato che per questa ricerca fosse scontato il prevedere continui contributi affinché questi potessero mantenere alta l’attenzione su un lavoro che ha il potere di rendere visibili necessità sconosciute per riaccendere la vita. Ho trovato acuta e straordinaria la considerazione di Ernesto L. Francalanci in apertura del testo. La sua scrittura si riferisce alla capacità di offrire una chiave interpretativa che dia maggior chiarezza all’opera intesa come forma di vita, e ne faciliti lo sguardo. Francalanci segnala:
«che è possibile scoprire la verità anche per vie traverse, per obliqui percorsi.»
(Sonia Costantini. La piuma e la lama, Mantova, Corraini Edizioni 2024, pag. 9).
Il critico sottolinea l’importanza di affinare uno sguardo trasversale, e di porre maggior impegno per giungere ad una corretta interpretazione che svincoli dalla lettura del fulmineo piacere; egli propone di riflettere portando l’attenzione su un esempio emblematico: Gli ambasciatori di Hans Holbein il Giovane, definito uno dei pittori più intellettuali del Rinascimento europeo.
L’opera è un doppio ritratto a figura intera ambientato in uno spazio in cui tra i due ambasciatori in piedi, su un pavimento che riproduce esattamente quello duecentesco dell’Abbazia di Westminster a Londra, di fronte ad un tendaggio di seta verde di broccato che fa da sfondo a tutta larghezza, al centro, è rappresentato un alto scaffale con due ripiani colmi di oggetti simbolici ed evocativi e sul quale, entrambi, appoggiano un braccio.
Dell’immagine a cui Francalanci fa specificatamente riferimento ne fa un’analisi inappuntabile lo storico e critico d’arte Jurgis Baltrušaitis (Jurbarkas, Lituania, 7 Maggio 1903 – Parigi, Francia, 25 Gennaio1988), che nel libro Anamorfosi o Thaumaturgus opticus, pubblicato per la prima volta nel 1955, insiste sull’aspetto teatrale della manifestazione del segreto.
«Il Mistero dei due Ambasciatori è in due atti … Il primo atto comincia quando il visitatore entra dalla porta principale e vede davanti a sé, a una certa distanza, i due signori che si stagliano sul fondo della scena. Resta colpito dal loro atteggiamento ieratico, dalla sontuosità dell’insieme, e dal realismo intenso della raffigurazione. Un punto solo lo turba: lo strano oggetto che vede subito ai piedi dei due personaggi. Avanza per vedere le cose più da vicino: il carattere fisico, quasi materiale, della visione aumenta ancora quando si avvicina, ma quell’oggetto singolare resta assolutamente indecifrabile.
Sconcertato, il visitatore esce dalla porta di destra, la sola aperta, ed eccoci al secondo atto. Quando sta per inoltrarsi nella sala attigua, gira la testa per dare un ultimo sguardo al dipinto, e capisce tutto: per l’improvvisa contrazione visiva la scena scompare e viene fuori la figura nascosta. Dove, prima, tutto era splendore mondano, ora vede un teschio. I due personaggi, con il loro apparato scientifico, svaniscono, e al loro posto nasce dal nulla il segno del Nulla. Fine della rappresentazione».
Un teschio che ad una visione normale, ossia ortogonale al quadro, è nascosto, ma si rivela o svela solo in determinate condizioni.
Soltanto in un punto, quello di costruzione della prospettiva, il quadro mostrerà a chi osserva la verità della pittura, mentre nell’osservazione frontale si attua una sfida in un terreno di scontro-incontro in cui necesse est attivare nuove e più difficili competenze, tanto che l’enigma, suscitato da quella forma, si dimostrerà essere una serie complessa e sovrapposta di enigmi di cui quel teschio è l’inizio e la fine.
La scoperta del giusto punto d’osservazione, in ogni opera di Sonia Costantini, permetterà di comprendere quale sia la visione più affine a chi osserva e sappia riconoscere, da un lato, lo studio e la ricerca come proprie coordinate da rispettare, dall’altro, l’abbandono conoscitivo nel momento della lavorazione. Il giudizio frettoloso di ogni creazione porterà inevitabilmente ad escludere che essa stessa sia esperienza assoluta della vita, capace di comunicare pensieri e visioni che sono alla base di ogni esecuzione; poiché se si desidera davvero capire, prima di giungere al significato, sarà fondamentale riflettere sul senso di straniamento che l’assoluto di un’opera contiene.
Il risultato dell’attenzione del pubblico verso creazioni che appartengano alla storia della critica, per propria unità e senso della disciplina, ha un’origine che è la necessità stessa che le determina e la loro stessa ragione d’essere. Non è azzardato affermare che questa origine è in assenza di chi la crea poiché, nell’atto della creazione, ha luogo un inizio e una fine, una nascita e una morte. Nello spazio della pittura si accetta che avvenga un sacrificio: il destino di una presenza che diviene assenza da un luogo privato e condiviso solo per un tempo, poiché a conclusione dell’opera chi crea sarà definitivamente fuori dalla propria creazione, per sempre altro da sé e nuova realtà.
La pittura di Sonia Costantini è ricerca che interagisce con la luce e si presenta come riflesso di un’interiorità che affina la propria sensibilità nel reale in cui hanno origine le superfici che si aprono all’osservazione in un rapporto puro; la materia della pittura è Colore che apparentemente sembra svelarsi in una forma già data, perché la realtà è fatta di natura e struttura, nella possibile evoluzione, ma con cui, comunque, ci confrontiamo per tutta la vita. La differenza è il nostro modo di guardarle e più ancora di percepirle nella tensione in cui nasce la pittura: tra creazione e sguardo.
Ringrazio per l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini fotografiche in questo articolo della Rivista Digitale ReWriters Sonia Costantini e Corraini Edizioni.