Twitter, Instagram, Tik Tok, Telegram: la guerra può trasformarsi in un meme?

Nelle ultime settimane sono state numerose (per fortuna) le riflessioni sull’uso e/o l’abuso dei social network nel conflitto Russia-Ucraina.
Diversi punti di vista, dubbi etici e contrapposizioni che, in primo luogo, evidenziano come questa sia davvero la prima guerra social che stiamo vivendo.

E’ stata definita una guerra ibrida perché la stiamo vivendo in un contesto mediale ibrido, in cui la diffusione delle informazioni e la costruzione degli immaginari si gioca nei rimandi reciproci fra differenti media digitali.

La viviamo tra fonti informative su Telegram e meme su Instagram, tra approfondimenti su alcuni profili verificati di Twitter e dirette live su Tik Tok. Ed è proprio questa circolazione ibrida che fa da cartina al tornasole di elementi di propaganda presenti sui fronti dei social.

La vera questione è di chi mi posso fidare? Sarà una notizia vera o una ulteriore falsa informazione?
A cui segue l’altra questione sempre più annosa: dimentichiamo spesso che i social sono uno strumento ed è sempre responsabilità del singolo individuo decidere in che modo utilizzarlo e a quale fine. Ci sono casi di uso virtuoso dei social network, il famoso lato positivo, nell’ambito di questo conflitto che è solo orrore, morte e distruzione. Una granularità emozionale che crea azioni, emozioni e reazioni.

Twitter o della comprensione

Dal mare di opinioni alle voci autorevoli ed affidabili. Oggi un qualsiasi utente su Twitter ha a portata di mano più informazioni sullo stato della guerra, tattiche, progressi e strategie militari di un qualsiasi capo di stato di qualche anno fa.
Così possiamo seguire lo studente dell’Università dell’Alabama Justin Peden il quale, con lo pseudonimo di IntelCrab, passa al setaccio immagini satellitari, video TikTok e feed, con i quali tiene traccia e documenta i crimini di guerra compiuti dal Cremlino mentre avanza in Ucraina.
La storia di Peden è emblematica, ed è legata a doppio filo con l’Ucraina: il suo lavoro di intelligence, come racconta Rest of World, è iniziato all’età di 13 anni, dopo che la Russia ha invaso la Crimea.

“Ha creato un account Twitter fingendo di vivere nel Donbass per fare rete con gli ucraini che vivono nella zona – scrive Rest of World – con i quali ha parlato utilizzando Google Translate. Ha detto che l’account aveva meno di 200 follower all’epoca”.


Oggi, Peden ha oltre 100mila follower su Twitter e collabora con gruppi investigativi privati, spesso legati a ong.
Non si tratta di un fenomeno isolato ma appartenente a quel più ampio movimento che prende il nome di intelligence open source (il cui acronimo è OSINT). Qui troviamo account professionali come Calibre Obscura e Aurora Intel che stanno svolgendo un intenso lavoro di tracciamento analizzando i movimenti chiave nell’invasione dell’Ucraina.

Azioni e proposte che hanno un solo obiettivo: combattere qualsiasi disinformazione o falsa notizia sul conflitto. Mostrare solo la verità delle atrocità e dove queste accadono.

Per questo motivo il Center for information resilience (una realtà indipendente senza scopo di lucro dedicata a contrastare la disinformazione, denunciare le violazioni dei diritti umani e combattere i comportamenti online dannosi per le donne e le minoranze) ha creato la Russia-Ukraine monitor map, una mappa interattiva sulla quale pubblica solo i video verificati da investigatori dell’open source tramite gli strumenti della geolocalizzazione e della cronolocalizzazione.

Sulla mappa sono visibili tante spille colorate che corrispondono ad altrettanti video girati nelle località segnalate. Sulla destra c’è la lista delle categorie, ciascuna con il suo colore: movimenti militari russi, bombardamenti, vittime civili, perdite militari, danni alle infrastrutture e combattimenti a fuoco.

Sulla scheda di ogni video è segnalato anche il grado di violenza: quelli segnalati con 2 o 3 sono molto crudi e a volte, specie quando riguardano le vittime civili, atroci. Le spille sono ordinate per data di pubblicazione del filmato o cronolocalizzazione. Spesso i video sono immediatamente disponibili in quanto si prende tutto il tempo per analizzare la veridicità o meno delle immagini. Senza alcuna barriera ma con la massima accuratezza.

Instagram e la vita quotidiana in Ucraina

Valeria Shashenok è una ventenne come tante altre: usa i social network per condividere momenti di quotidianità fino a quando, da un giorno all’altro, nella sua vita entrano le immagini della guerra, che lei ha deciso di raccontare attimo per attimo ai suoi oltre 70.000 follower su Instagram.

In pochi giorni i suoi filmati hanno totalizzato milioni di interazioni e uno di questi ha superato le 26 milioni di visualizzazioni.
Con un pizzico di umorismo nero descrive “una giornata normale in un rifugio antiaereo” o offre consigli su “cosa comprare in un supermercato in tempo di guerra”.

Ciò che più impressiona scorrendo il suo feed è la netta spaccatura tra il prima del conflitto (con immagini di viaggi, colazioni, shooting di lavoro) e quello che sta accadendo ora, nella vita sotterranea.

«Sento che così facendo sto aiutando il mio Paese, che sto facendo qualcosa di giusto se tante persone da tutto il mondo mi scrivono il loro supporto per me e per il mio popolo. Ho solo vent’anni, e non sono sicura di niente, ma i miei amici mi dicono che sto facendo un grande servizio al mio Paese e che sono orgogliosi di me».

Tik Tok e l’informazione in diretta

Le immagini di distruzione, la musica accattivante come vuole Tik Tok. La guerra compare e, all’improvviso diventa dominante. Una incongruenza da lasciare senza fiato. È l’algoritmo, basato sulle strategia di storytelling video, a decidere cosa e come far emergere.

Tutti convergono nell’affermare che il vero protagonista di questa guerra sia Tik Tok e la sua narrazione.
Potrei citare tanti casi e storie che in queste settimane stanno offrendo punti di vista sull’invasione russa ai danni dell’Ucraina.

Troviamo una nonna ucraina che chiama in lacrime gli amici per salutarli prima che arrivino le truppe russe; un’influencer abituata a parlare delle proprie finanze che mostra le tantissime auto in fila per fare rifornimento.

O ancora la blogger di viaggi Alina Volik, la quale ha smesso di postare i momenti salienti delle sue vacanze per i suoi più di 36.000 seguaci ed ha iniziato a caricare video della sua vita durante l’invasione.
Da sottolineare la funzione messa a disposizione da Tik Tok chiamata centro di alfabetizzazione digitale, che spiega alcune cose su come si riconoscono le fake news e verificare le fonti autorevoli.
«Gran parte del successo di TikTok dipende sia da quanto è visivo sia da quanto è istantaneo. Dai meme e dai balletti all’assalto al Campidoglio, cattura il mondo con un’immediatezza che altre piattaforme non possono eguagliare» – ha scritto Chris Stokel-Walker su Wired«L’ascesa di TikTok è, ed è sempre stata, il risultato di quanto sia facile da usare. Gli strumenti di editing ed i filtri dentro all’app rendono più semplice di qualsiasi altra piattaforma catturare e condividere il mondo che ci circonda. Se Facebook è pesante, Instagram è curato e YouTube richiede un carico di attrezzature e tempo di editing, TikTok è veloce e sporco, il tipo di piattaforma video che può modellare la percezione di come si sta svolgendo un conflitto».

Telegram e la resistenza ucraina

Telegram è molto popolare in Ucraina, molto utile per la sua funzione di criptare e cancellare i messaggi una volta che vengono letti dal destinatario. In particolare, gli ucraini hanno individuato nelle chat di Telegram un eccezionale mezzo di resistenza ma anche strumento per controbattere la disinformazione russa e diffondere quante più informazioni possibili sulla guerra. È tra le armi mediatiche alleate più utilizzate da coloro che vogliono resistere all’esercito russo.
Per chi desidera avere notizie certificate è possibile seguire il canale ufficiale della città di Kiev.

L’ufficialità dell’attribuzione del canale è data dalla spunta blu a fianco del nome del canale e dai vari rimandi agli altri canali social istituzionali. Chi gestisce il canale in questo momento invia continui post dedicati alla sicurezza e incolumità dei cittadini e delle cittadine: informazioni su sirene antiaeree, trasporti pubblici in funzione, distribuzione medicinali. In alcuni casi, i post hanno all’interno una sintetica traduzione in inglese; altrimenti si può utilizzare lo strumento traduzione automatica in-app.

Le nostre vite passano dai social e quindi anche la guerra non solo si combatte in rete ma è combattuta sui social network. Sperando che qui, come altrove, vinca il lato positivo.

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