Nessun fenomeno sociale e tecnologico come l’intelligenza artificiale ha cambiato o sembra cambiare il nostro modo di stare al mondo. Ma in effetti c’è da chiedersi se veramente ciò che sta al fondo delle nostre vite possa essere modificato da questi impensabili avanzamenti tecnologici o se invece, al contrario, non sia l’essenza nascosta della nostra esistenza collettiva a determinare e condizionare i recenti sviluppi l’intelligenza artificiale come di ogni altro progresso tecnico-scientifico.

È il caso ad esempio del nostro rapporto con gli animali non umani, un rapporto di dominazione, sfruttamento e rifiuto che accompagna l’esistenza dell’essere umano da millenni e che mai come oggi, visti i numeri apocalittici dello sterminio animale, sembra richiedere impellenti soluzioni politiche. 

Recentemente, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha permesso, tramite il machine learning, l’elaborazione di algoritmi in grado di implementare la comunicazione con l’altro animale. Si tratta di metodi di interpretazione del linguaggio animale che ci permettono di comprendere fenomeni che fino ad ora erano sconosciuti grazie all’enorme potenza di calcolo dei nuovi software ma anche della possibilità di ricostruire dall’interno la mente animale attraverso robot che imparano dall’esperienza “cosa si prova ad essere un cane” (per parafrasare il famoso libro di Thomas Nigel).

Si tratta di risultati straordinari che in nessun modo devono essere sottovalutati: nella speranza che dischiudono al domani ma anche inevitabilmente nei rischi che, fin da ora, portano con sé. Perché se non possiamo essere ancora certi che la macchina possa pensare al posto nostro siamo certi che il modo in cui interviene nelle nostre esistenze non dipende dalla sua natura meccanica ma da un potere umano troppo umano, che ancora ne incatena le potenzialità e incatena così tutto il vivente, noi compresi, ai suoi interessi.

Corriamo così il rischio di perdere una possibilità magnifica: che la nostra capacità di comprendere l’altro animale ci permetta anche di costruire un mondo fondato sul reciproco rispetto, che l’intelligenza artificiale invece di spalancare le porte ad una libertà più grande, che includa invece di escludere, diventi un nuovo strumento di manipolazione, di controllo, di sfruttamento.

Rapporto tra intelligenza artificiale,
etica e politica

Tutto ciò non può essere deciso da un punto di vista tecnologico ma solo da uno politico. È sulla nostra capacità di costruire un mondo fondato su relazioni egualitarie, dentro e fuori la nostra specie, che nasce la possibilità di uno sviluppo liberante di queste nuove tecnologie. Occorre quindi guardare al di là della scintillante novità di queste nuove scoperte che rischia di abbagliarci e distogliere lo sguardo dal luogo in cui sorgono le miserie che affliggono il pianeta

Il lettore potrà iniziare a farsi un’idea dell’inganno che spesso si accompagna alla diffusione di queste notizie sui successi dell’intelligenza artificiale leggendo il bel saggio di Erik J. Larson Il mito dell’intelligenza artificiale, nel quale viene evidenziato come non può esistere intelligenza senza socialità, senza relazioni, senza ciò che gli esseri umani fanno da sempre, forse male, senza saperlo. Noi trasferiamo nella macchina la nostra stessa intelligenza sociale e se ciò che ne deriva è solo stupida violenza ciò dipende interamente da noi.

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