Cerottini in favore di selfie, code con la prescrizione in mano, accuse incrociate di negazionismo e faciloneria prescrittiva: le vaccinazioni Covid portano con sé da mesi speranze e polemiche, ma ne conosciamo davvero le dimensioni? All’affacciarsi dell’ennesima variante, infatti, i Paesi ad alto reddito che rappresentano solo il 16% della popolazione mondiale hanno vaccinato completamente il 28,5% della loro popolazione, mentre solo lo 0,1% delle persone nei Paesi a basso reddito e in media circa il 7,8% dei Paesi a medio reddito, hanno ricevuto le dosi previste. Allo stesso modo, l’accesso a test, terapie e altre tecnologie sanitarie rimane una sfida nei Paesi in via di sviluppo.

Le scarse regole sui brevetti dei vaccini

C’è da molti mesi un urgente bisogno di aumentare e diversificare la produzione dei presidi anti pandemia. Ma c’è un ostacolo: i brevetti di queste tecnologie sono in mano a un pugno di aziende che, a fronte di ingenti finanziamenti pubblici per svilupparli, non solo decidono arbitrariamente, e in modo assolutamente opaco, a chi venderli e a quale prezzo, ma ne ostacolano una produzione sufficiente. Le aziende che detengono questo monopolio sostengono che la scelta migliore sia quella attuale: negoziare contratti di licenza con i produttori caso per caso, per proteggere la proprietà intellettuale e garantire la sicurezza di farmaci e presidi. Ma molti produttori in Bangladesh, Canada, Danimarca e India hanno denunciato di avere la capacità di produrre vaccini, ma di non essere in grado di farlo perché non ottengono dalle farmaceutiche le licenze richieste a condizioni economicamente sostenibili. Un esempio è Biolyse in Canada: un’azienda che produce farmaci antitumorali e sostiene di essere tra le poche nel Paese con la capacità di produrre vaccini COVID-19, ma di non essere riuscita a farlo per le attuali regole sui brevetti.

L’importanza della conoscenza condivisa

Ci sono sempre più studiosi che, a livello internazionale, perorano la causa della conoscenza condivisa come condizione necessaria non soltanto per l’evoluzione della comunità scientifica, ma per la sopravvivenza stessa dell’umanità a confronto con emergenze sistemiche mondiali, come l’ultima pandemia o l’instabilità climatica, che richiederanno risposte tempestive, efficaci e soprattutto ampiamente disponibili a livello globale. L’italiano Roberto Caso, docente di Diritto Privato Comparato all’Università di Trento, ricorda che

“la nostra capacità di reagire alla pandemia dipende da un gesto riconducibile all’etica e alla prassi dell’Open Science: la pubblicazione su Internet in archivi ad accesso aperto della sequenza genetica del virus SARS-CoV-2. Mentre la società civile e una cerchia sempre più allargata di intellettuali chiedono un ripensamento complessivo della proprietà intellettuale, i policy maker guardano solo ad alcuni interessi: quelli più forti e meglio organizzati”.

In effetti molti Parlamenti nazionali, quello spagnolo e italiano ad esempio, hanno chiesto di derogare temporaneamente alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) che proteggono i brevetti, come proposto in un documento ufficiale presentato in quella sede da Sudafrica e India, e sostenuto persino dagli Stati Uniti di Biden. Ma la Commissione europea continua a opporsi strenuamente a ogni eccezione ponendo, nei fatti, un veto invalicabile. Eppure anche il Parlamento europeo ha recentemente approvato una risoluzione che chiede alla Commissione “di sostenere negoziati proattivi, costruttivi e basati su un testo finalizzato a una deroga temporanea dell’accordo dell’Organizzazione mondiale del commercio sulla proprietà intellettuale (Trips), con l’obiettivo di migliorare l’accesso globale ai prodotti medici correlati al Covid a prezzi accessibili, per affrontare i vincoli attuali alla produzione globale e le carenze di fornitura”.

A fronte dell’ennesimo rifiuto della Commissione, oltre 200 organizzazioni internazionali e nazionali hanno scritto una lettera congiunta ai vertici dei propri Stati e della Commissione Ue per costringerla a sedersi al tavolo dell’Organizzazione mondiale del commercio in cui si negozia dei brevetti dei vaccini e affrontare con apertura e concretezza il testo scritto da Sudafrica e India e sostenuto da quasi due terzi dei membri della Wto. Non si tratta soltanto di una richiesta tecnica, ma di democrazia considerato che si chiede che un’Europa con la “E” maiuscola “garantisca che la volontà dei cittadini europei e di miliardi di persone in tutto il mondo sia ascoltata e realizzata”.

Per sostenere questa azione di pressione sulle istituzioni europee qualche mese fa è stata lanciata una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare europea che, in 4 punti, assicuri che la Commissione europea faccia tutto quanto in suo potere per rendere i vaccini e le cure anti-pandemiche un bene pubblico globale, accessibile gratuitamente a tutti e tutte. Una firma oggi ancora più preziosa per sfondare il muro d’interessi che imprigiona le istituzioni comunitarie, e per anteporre il diritto alla salute di tutt@ alle pretese di profitto di poche, straricche, multinazionali.

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