Se rientri tra i 6 miliardi di persone che posseggono uno smartphone, e non ti è mai capitato di pensare di avere il talento di Steve McCurry mentre fotografavi un semplice piatto di spaghetti, sappi che ti stai perdendo una delle più grandi delizie e illusioni che la vita 2.0 ci offre. 

E’ stupefacente la facilità con cui basta tirare fuori dalla tasca il cellulare, puntarlo verso il primo oggetto che si ha davanti e settare un filtro a caso (non bianco e nero mi raccomando, non bianco e nero), et voilà, i tre obiettivi del nostro iphone sono i nostri nuovi occhi. Ma che dico, a volte sono molto meglio dei nostri occhi. A volte persino la piantina smorta sul davanzale della cucina, dalla giusta angolatura, può diventare qualcosa che i tuoi follower ti invidieranno. 

Attenzione però, non è tutto oro ciò che luccica. Infatti, il rischio per gli inesperti come me è che, gasati da questo dono che la tecnologia ci ha dato senza il consenso di madre natura, ingolfiamo i nostri cellulari con almeno 20 scatti uguali della stessa situazione, e passiamo ore intere a scrollare la galleria in cerca di quel dettaglio che fa la differenza. Ma sappiamo davvero qual è il dettaglio che stiamo cercando? 
La risposta va da sé: assolutamente no. 

E se nel 1839 la prima fotocamera è stata inventata per immortalare momenti unici, chi siamo noi per profanare due secoli di storia con 15 inutili scatti del nostro tavolo pieno di sushi? Infondo ammettiamolo, i più naïves di noi che nei primi anni 2000 giravano con la macchinetta Kodak in borsa, non avrebbero mai sprecato uno scatto per fotografare la propria cena. E, probabilmente, era giusto così. 

Allora mi chiedo, ma tra tutti questi finti fotografi che pensano che la regola dei due terzi sia uno schema di calciotto, dove sono finiti quelli veri? Dove sono quegli scatti che senza alcuna didascalia o caption parlano da soli?

Ok, a far scendere dall’altarino tutti quelli che come me fino ad oggi hanno riempito il proprio profilo Instagram con foto a caso sentendosi grandi artisti, ci ha pensato Leica. Nella sua campagna The World Deserves Witnesses, il brand che ha fatto la storia della fotografia, utilizza solo scatti d’autore per celebrare chi, attraverso il proprio obbiettivo, si fa testimone della bellezza, della poesia, della sofferenza, della rivoluzione, dei cambiamenti e di ogni altra sfumatura del nostro tempo.

In un mondo di influencer dal click facile, con sobrietà e senza giochi di parole, Leica sottolinea che la bellezza del mondo in cui viviamo ha bisogno di più testimoni e meno testimonial, di più autori e meno instagrammer. Insomma, in parole povere, di più verità. Una campagna vecchio stampo, che disillude dal falso mito del tutto fa brodo, puntando a una qualità troppo spesso trascurata a discapito dei numeri. 

Perfettamente strategica, lo spot dà un’elegante tirata di orecchie a tutte quelle aziende che corrono dietro anche al più povero degli influencer pagando fior di quattrini qualche selfie venuto male. 

Questa campagna, infondo, è un pò come il pranzo della domenica a casa di nonna dopo mesi di paste al tonno: ci riempie la pancia, gli occhi e il cuore con una semplicità dimenticata.

Forse serviva la voce delicata di un brand come Leica per riportarci con i piedi per terra, o forse è solo un lampo di genio che si rivolge a una nicchia fatta per pochi cultori del bello. Ma voglio essere positiva e pensare che il verbo promosso da questa campagna un pò retrò arriverà ai più, e lanciare un messaggio a tutti i testimoni del nostro tempo: fatevi avanti, il mondo ha bisogno di voi. 

E non è finita qui: non solo Leica ci stupisce con un buon marketing da cui prendere spunto, ma se visitate il suo sito troverete per ogni fotografia la descrizione, l’autore, e qualche didascalica curiosità sullo scatto. Un pò come visitare una mostra fotografica, ma direttamente dal divano di casa vostra. Non è quello che cercavate per passare un pò di tempo in questo nuovo lock down? Dai, smettetela di abbrutirvi, e andate a vedere di cosa sto parlando!

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