Renato Zero il triangolo non l’aveva considerato, Stefano Pomes invece sì, e in una moltitudine di sfaccettature, almeno da quanto traspare dalle pagine di Ti prego non ridurmi a icona, il suo primo romanzo uscito per i tipi di Scatole Parlanti.

Nello specifico il triangolo è tra Stefano, il protagonista della storia, un trentenne che fa il funzionario pubblico ma con velleità artistiche inespresse, Lucia, il grande amore della sua vita e Niccolò Contessa, leader della band I Cani, al quale Stefano si rivolge continuamente in un dialogo unidirezionale e senza risposta: «Pensavo, Niccolò: io o parlo con te o parlo con Lucia. O parlo con te di Lucia.»

Qualsiasi avvenimento, qualsiasi ricordo, qualsiasi pensiero viene ricondotto a un verso di Niccolò Contessa e analizzato, interpretato e traslato nella vita del protagonista. 

Una vera ossessione quella di Stefano, un po’ comica, un po’ tragica. Chi non ama particolarmente la musica de I Cani potrebbe anche pensare di non essere interessato alla lettura e soprattutto chiedersi perché, con tutto quello che il panorama musicale ha sfornato negli ultimi anni, tra indie e mainstream, uno debba andarsi a confrontare proprio con Contessa… io, per esempio, a trent’anni, probabilmente avrei parlato con Elliott Smith o con Tom Barman dei dEUS, ma i gusti sono gusti e nel caso di Pomes, l’espediente narrativo funziona alla grande.

La storia è lineare, quasi un pretesto, effimera come certe linee melodiche nelle canzoni di Contessa, ma la scrittura di Stefano Pomes è appassionata e vibrante e rende la lettura agile e frizzante e alla fine, seguendo i tormenti di Stefano e il suo desiderio di tornare con Lucia, ci si affeziona perfino al fancazzista e collega di lavoro Guadagno ed a Carmela, una ragazza calabrese solare e spontanea che è la vera chicca del romanzo e il personaggio più spontaneo.

«Niccolò, ti volevo chiedere: ci pensi? Alessandro Sisca, nato cosentino naturalizzato napoletano, a conti fatti è stato il primo. Seguimi. John Lennon, incensato come l’antesignano della musica contemporanea, è nato trent’anni dopo Sisca. È John Lennon che dice: “Bob Dylan segnò la strada con le sue canzoni. Dylan showed the way”. Ma quale Bob Dylan, dico io, che Dylan è nato negli anni Quaranta. La musica napoletana aveva detto tutto. Prendi Regginella: millenovecentodiciassette. “T’aggio vuluto bene a te / Tu mie vuluto bene a me / Ma nun n’ce amamm cchiù, ma ‘e vvote tu / Distrattamente pienz’ a me”. Non ci amiamo e tu, qualche volta, distrattamente pensi a me. Sincera, immediata, elementare. Infantile. Non un una parola fuori posto. distrattamente. C’è da sentirsi male.»

Tra un monologo con tanto di esegesi sulle canzoni di Contessa e una passeggiata al Mercatone di via dei Monti Tiburtini – in memoria dei vecchi tempi quando Stefano e Lucia trascorrevano pomeriggi interi a passare in rassegna tutti i libri e i dischi usati, tra David Foster Wallace, Bukowski, Sciascia e un album di Herb Alpert & the Tijuana Brass – Pomes dipinge un’affresco dei trentenni di oggi molto realistico, dove la superficialità di alcune esigenze o problematiche si mescola alla finezza di riflessioni conturbanti e per nulla banali. Aggiungeteci una bella dose di umorismo e qualche citazione musicale di grande effetto e il gioco è fatto.

Condividi: