Siamo nel 2023, e solo tre anni fa abbiamo vissuto uno degli eventi che verranno sicuramente scritti nei futuri libri di storia: una pandemia. E non solo nessuno di noi si sarebbe mai aspettato di poter vivere un evento di tale portata, ma molte persone stentano ancora a credere che un simile accadimento sia avvenuto solamente tre anni fa.

Le strade deserte, tutti chiusi in casa, tutti con le mascherine sul viso e a rispettare le distanze di sicurezza. Eppure ripensandoci sembra che tutto quanto sia accaduto tantissimi anni fa; è come se il nostro cervello avesse in quale modo messo una sorta di velo tra noi e la pandemia, che ce la fa apparire come un ricordo lontanissimo.

Se ci pensiamo bene, però, ad esempio i nostri nonni hanno vissuto più di un evento storico che, purtroppo per motivi tristi, sono passati alla storia. Senza neanche un grande sforzo di memoria, il primo che sicuramente alla maggior parte delle persone viene in mente riguarda i fatti della Seconda guerra mondiale. Questo è sicuramente uno dei periodi più bui della storia dell’umanità. Su di essa sono stati scritti migliaia di libri, realizzati centinaia di film e serie televisive. E a novembre è stata realizzata una nuova mini-serie ambientata in quegli anni: Tutta la luce che non vediamo.

Quattro puntate, i nomi di spicco

Questa nuova mini-serie di quattro puntate, disponibile sulla piattaforma digitale di Netflix, tratta dall’omonimo romanzo di Anthony Doerr (vincitore del Premio Pulitzer), vanta alla regia e alla sceneggiatura due nomi molto importanti: rispettivamente Shawn Levy (Stranger Things) e Steven Knight (Peaky Blinders). Ed anche nel cast troviamo nomi di spicco, come Mark Ruffalo (Hulk) e Hugh Laurie (Dr House).

Anche se in generale la storia di cosa è successo durante la Seconda guerra mondiale lo sappiamo già, ci sono tantissime micro-storie avvenute in quegli anni che meritano di essere raccontate. E questa mini-serie tv ne racconta una, dove in un certo senso la protagonista è la radio. Ma andiamo per gradi. La storia racconta le vite parallele di due adolescenti: Marie è una ragazza francese cieca dalla nascita che, assieme al padre, fugge da Parigi per sfuggire ai tedeschi e si rifugia dagli zii a Saint-Malo, Werner è un ragazzo tedesco rimasto orfano che verrà poi reclutato tra le truppe naziste per le sue straordinarie capacità.

Anche se sono totalmente agli opposti, le vite di questi due ragazzi sono inaspettatamente ed indissolubilmente legate da un oggetto che in quegli anni è stato di fondamentale importanza: la radio. È quest’oggetto (che per noi si può considerare vintage), amato sin da bambini sia da Marie che da Werner, il collante dei due giovani ragazzi: entrambi ascoltavano la stessa frequenza, dove il Professore trasmetteva messaggi rivolti soprattutto ai più giovani, esortandoli a cercare la luce anche lì dove è più buio.

Una radio protagonista della mini-serie

La radio sarà importante anche successivamente per i due ragazzi: Marie la usa come mezzo per trasmettere messaggi clandestini agli alleati, mentre Werner ha il compito di usarla per intercettare le emittenti che la resistenza utilizzava. Per entrambi, durante quegli anni oscuri, la radio rappresenta la luce, la speranza: per Marie è il mezzo che le dà speranza per la fine della guerra, per Werner è la sola cosa che gli ricorda chi è veramente, che lo tiene ancorato alla sua umanità.

Tutta la luce che non vediamo ci ricorda quanto può essere difficile rimanere aggrappati alla speranza, ci ricorda che rimanere aggrappati alla propria umanità è estremamente impegnativo (soprattutto in tempi oscuri). La mini-serie rappresenta un inno alla ricerca della luce, anche lì dove non la vediamo.

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