Vibes di Tommy Kuti, afroitaliano antisalviniano
Il brano dell'estate porta la firma di un italiano con la pelle nera impegnato nel contrasto alle discriminazioni BIPOC.
Il brano dell'estate porta la firma di un italiano con la pelle nera impegnato nel contrasto alle discriminazioni BIPOC.
L’afrobeats è approdato in Italia grazie al nostro artista afroitaliano Tommy Kuti. Vibes è il nuovo singolo di un artista dalla pelle nera che parla italiano e ha scritto un libro (utilissimo in questo momento!!) dal titolo Ci rido sopra. Crescere con la pelle nera nell’Italia di Salvini.
Prodotto da Yves the Male e Twinsbeatz, i 3 minuti e 28 secondi di musica ci fanno fare un viaggio introspettivo all’interno del cuore del ragazzo bresciano, decisamente trasformato rispetto ai primi tempi. La canzone infatti rappresenta un’evoluzione nel percorso di Tommy Kuti che da più di due anni è impegnato nel creare un sound afrobeats dal background italiano.
Sentite il traino del sax? Mi ricorda Fela Kuti, quel bussare delle percussioni riprende senza dubbi l’universo afropop reso globale grazie al talento di musicisticome Burna Boy, Wizkid e Davido.
La fascinazione ancora più forte, però, per me, è il background da rapper italiano sia nei testi che nelle barre. Le nuove generazioni come Ghali, BabyGang o Epoque giocano con le lingue e scrivono in trasversale, mixando italiano, inglese, yoruba, pidgin english. Intanto Vibes ci continua ad accompagnare anche in questo scampolo d’estate, dopo aver fatto ballare quei dancefloor dello stivale che hanno capito la potenzialità dell’afrobeats.
Ho letto anche il suo libro, che Rizzoli ha pubblicato nei tempi bui salviniani e che adesso più che mai occorre rileggere: un racconto senza filtri di un giovane adulto di Castiglione delle Stiviere, nato in Nigeria, che fin da piccolo si è innamorato dalla cultura hip hop, che poi è diventato il suo mezzo personale di riscatto sociale.
Tommy Kuti infatti è nato in una famiglia di migranti, spesso marginalizzata, e racconta i vari passaggi per comprendere il significato di essere nero tra bianchi, di essere povero anziché ricco, di abitare in un ghetto, di essere escluso sia dal contesto d’origine, sia da quello che in cui cresce.
In Cliché (Skit!), all’interno dell’album d’esordio Italiano Vero del 2018, in collaborazione con Fabri Fibra, racconta:
«Se i cliché su di me fossero veri,
in questo momento sarei
o in prigione
o starei prendendo il tuo ordine da McDonald’s
Invece sono qua in studio con Zangi
Sto registrando il mio primo disco per l’Universal
Che fantastica sensazione mandare a fanculo i cliché».
Un’autobiografia irriverente che si fa portavoce di quello sguardo complessificante sulla rappresentazione della popolazione migrante in Italia:
“Volevo mettere in luce – spiega – chi non è riportato nei fatti della cronaca più feroce e drammatica, come appunto, un migrante lungo residente, semplicemente impegnato in un’attività onesta per sostenere la propria famiglia“.
Un artista politicamente impegnato, insomma, tanto che, lo ricordiamo per riattualizzarlo, a ridosso del weekend elettorale del 4 marzo 2018, pubblicò l’inedito “Politici in Trip”: guardatevelo, va’.