Nel blu, dipinto di blu…
Nel 1923 Amelia Earhart ha ventisei anni e viene dal Kansas.
É giovane, vuole scoprire il mondo da un altro punto di vista. Vuole osservare dall’alto. Conosce l’aviatrice Anita Snook, una delle pochissime donne che fino a quel momento ha osato pilotare un aereo e infrangere un muro del suono, un suono di cristallo, che manda in frantumi un limite ideale alla capacità di agency delle donne.

Amelia ha davanti a sé orizzonti inaspettati, dalla provincia americana svetta verso il cielo. Siamo negli anni Venti del Novecento, il mondo si è lasciato alle spalle la Belle Epoque, naufragata nell’orrore della Prima Guerra mondiale, trascinando con sé quel senso di ottimismo e di progresso economico, sociale, scientifico che aveva caratterizzato la società tra la fine dell’Ottocento e lo scoppio della guerra, con milioni di morti e l’Europa in frantumi. E ora anche la Grande Guerra è finita, durante la quale Amelia Earhart è stata infermiera e ha assistito i feriti in un ospedale militare canadese. Per il mondo intero è forte il desiderio di uscire dal conflitto, senza sapere che nel cuore dell’Europa ne sta nascendo un altro, ancora più devastante. Arriva l’età del jazz, i Ruggenti Anni Venti, l’alcool e il proibizionismo in America.

Per Amelia, sapere di volere volare è una motivazione che la porterà a infrangere innumerevoli stereotipi su quello che le donne possono o non possono fare. Svolge ogni sorta di lavoro per mettere da parte la somma necessaria a pagare le lezioni e il brevetto. L’aviatrice Anita Snook la prende per mano e la accompagna alla scoperta del cielo. Una sorellanza che le legherà indissolubilmente anche nell’immaginario collettivo come due pioniere, tra le prime donne aviatrici della Storia.
Amelia si taglia i capelli, indossa un giaccone pesante e ci dorme dentro per farlo sembrare più vissuto, per sentirsi una nuova pelle addosso. Quando prende il brevetto di pilota, ha già in mente la sua più grande avventura: fare il giro del mondo in biplano. Nel frattempo vola dalle Hawaii alla California, poi da Los Angeles a Città del Messico. Scrive delle sue avventure e diventa un’icona, la prima donna a sorvolare l’Atlantico. Prima di lei lo aveva fatto Charles Lindbergh. Racconta i suoi voli e il mondo la segue, di conferenza in conferenza, di libro in libro, da un’avventura all’altra. Le bambine e le donne di tutto il mondo hanno un modello formidabile, una sorella che si libra così in alto da raggiungere vette prima inimmaginabili, volando a un’altitudine di 14.000 piedi, infrangendo barriere, aprendo orizzonti insperati.

Non si ferma più. Il 20 maggio del 1932 Amelia parte da Harbour Grace, Terranova, e atterra a Culmore in Irlanda del Nord, dopo un volo in solitaria di quindici ore sopra l’Atlantico. Per il mondo diventa la regina dei cieli.
Arriva in Sud America, in India, in Indocina, in Africa, in Nuova Guinea.
In poco meno di un decennio fa la storia dell’aviazione, anzi l’altra storia dell’aviazione, smontando volo dopo volo le resistenze del mondo maschile che aveva accolto in modo piuttosto ostile il suo ingresso nel mondo dell’aviazione e che non le aveva permesso di toccare i comandi nella prima trasvolata sull’Atlantico, che pure l’aveva resa famosa nel 1928, con Wilmer Sturz e Louis Gordon, a bordo di un Fokker.

Diventa consulente tecnico per l’Aeronautica e lavora per la Purdue University, occupandosi dei percorsi femminili. É proprio questa università a finanziare con un fondo di 50.000 dollari l’acquisto del bimotore per la missione che le sta più a cuore. Il 1937 è l’anno della grande, ultima impresa di Amelia Earhart: fare il giro del globo volando lungo l’Equatore, quarantasettemila chilometri con Fred Noonan, il suo navigatore. Il 1 giugno decollano da Miami a bordo di un Lockheed Electra. Tappa dopo tappa, l’ultimo decollo è da Lae, in Papua Nuova Guinea. È il 2 luglio. Mille chilometri al largo della costa si perdono tutti i segnali. Il mondo intero si mobilita per cercare di salvare la Regina dei cieli, ma ogni ricerca è vana.
Si inabissa probabilmente nel Pacifico, anche se la leggenda che si consolida intorno alla sua figura porta a innumerevoli teorie alternative, da una scomparsa volontaria architettata dalla stessa Amelia fino a una cattura da parte dei Giapponesi.
Ci restano i diari del suo ultimo volo, pubblicati postumi dal marito ed editore George Putnam, in un volume dal titolo Last Flight, nel 1937, e i libri pubblicati da Amelia sulle sue traversate, come The Fun of It.
Ho voluto dedicare alla regina dei cieli Amelia Earhart il primo articolo e la prima illustrazione di questo blog, L’Altra Storia, che racconta e disegna la storia da un altro punto di vista, quello delle protagoniste. Un’icona femminista ma soprattutto una sognatrice, avventuriera, che ha cambiato il mondo cambiando punto di vista.

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