Cosa spinge oltre 200 aziende, capitanate da TIM, a mettersi insieme, fare rete e organizzare la più grande maratona sull’inclusione mai realizzata al mondo? Promuovere un dibattito con rappresentantə di istituzioni, business community e associazioni sindacali per valorizzare la diversità e promuovere i valori dell’inclusione.

Nasce così 4 Weeks 4 Inclusion #4W4I che, dal 22 ottobre e sino al 22 novembre 2021, celebra la sua seconda edizione.

A salire a bordo il fior fiore del mondo produttivo presente in Italia: dalle telecomunicazioni, alle energy companies (ENEL, Sorgenia, Acea, A2A…) a Poste Italiane, Ferrovie dello Stato, le banche (BNL, Banca Intesa Sanpaolo, Banca d’Italia, Mediobanca, …) al food (Illy, Lavazza, Nestlè, …).

Arrivati al giro di boa, i primi risultati: un calendario di quasi 200 eventi, un ricco programma di eventi digitali dedicati ai 700mila dipendenti delle aziende partner e oltre 350.000 persone ad assistere ad almeno uno degli appuntamenti.

Il tutto, sembra strano affermarlo e spesso non viene creduto neanche dai giornali che sembrano guardare l’operazione con scetticismo, assolutamente senza logica di profitto. Neanche un’offerta commerciale delle aziende partner viene menzionata. Si parla di persone, storie, progetti per rimuovere le barriere.

Qual è il fine ultimo di 4w4i?

Fare rete tra le aziende per promuovere i valori dell’inclusione, terreno su cui non si può essere competitivi. Lo spirito sembra essere stato ben compreso anche dagli ospiti che hanno accettato di essere presenti ad alcuni degli eventi.

Ad aprire ogni giornata, infatti, un video sui valori dell’inclusione che ospita la voce narrante della senatrice Liliana Segre che ha accettato di interpretarne il testo evocativo.

E poi ospiti illustri: dal Presidente della Camera Roberto Fico, ai Ministri Bonetti, Stefani, Bianchi, Dadone, i segretari generali delle tre principali organizzazioni sindacali  Maurizio Landini (CGIL), Luigi Sbarra (CISL), Pierpaolo Bombardieri (UIL), rappresentanti del mondo dello sport come le schermitrici campionesse olimpiche e paralimpiche Elisa Di Francisca e Bebe Vio, artistə, giornalistə e rappresentanti del mondo della cultura  come Daria Bignardi, Ferruccio de Bortoli, Mogol e Michela Murgia e le star dei social, influencer sui temi della diversità, Luca Trapanese, Cathy La Torre, Francesco Cicconetti, Momo e Raissa, Nonna Rosetta di Casa Surace, Paolo Camilli, Angelica Massera.

Fino al 22 novembre 2021 ci si può prenotare per assistere a uno o a più eventi promossi dalle aziende partner di 4 Weeks 4 Inclusion. A disposizione il sito 4w4i.it dove si può consultare il programma, prenotarsi e rivedere buona parte degli eventi già trasmessi.

Uno dei più visti tra gli ultimi eventi (oltre 300.000 visualizzazioni), quello di TIM “Connecting Diversity: la rete che fa la differenza perché non fa differenze”.  Undici storie di resilienza, coraggio, determinazione, inclusione raccontate tra passato, presente e futuro, tra Roma e la sede dell’Archivio Storico TIM di Torino.  Storie di chi si è sentito escluso ma non ha sprecato l’opportunità di trasformare la sua esperienza in un valore e che grazie alla rete ha potuto fare la differenza, valorizzando le differenze.

Qui si può rivedere l’evento TIM.

Il conduttore, Giampaolo Colletti ha costruito una narrazione intorno alle storie di 11 top influencer, star dei social:

  • Angelica Massera: attrice e influencer con centinaia di migliaia di follower che seguono il suo storytelling ironico sull’essere mamma, donna, compagna;
  • Paolo Camilli: attore, regista, creator, definito il genio comico di Instagram;
  • Cris Brave: rapper con disabilità che ha cantato anche con Fedez;
  • Alice Bush: imprenditrice digitale, fondatrice di Ritualmente;
  • Francesca De Gottardo: fondatrice di una b-corp che, con 10 sarte africane, crea abiti e accessori in tessuti africani dal design italiano;
  • Momo & Raissa: coppia multietnica con profilo di coppia comune, autori di Di mondi diversi e anime affini edito da De Agostini;
  • Rossella Fiorani: nata con una patologia rara che l’ha privata delle dita di mani e piedi, ma arrivata nel 2017 alla finale di Miss Italia;
  • Valentina Perniciaro: fondatrice della pagina Sirio e i Tetrabondi in cui racconta il suo viaggio dalla nascita di Sirio, colpito da morte in culla;
  • Francesco Cicconetti: ragazzo transgender che racconta la sua transizione da donna a uomo e premiato ai Diversity Media Awards 2021 come best creator;
  • Muriel: giovanissima attivista LGBTQ+ e rappresentante body positive;
  • Nadia Lauricella: senza braccia e con la colonna vertebrale distorta, racconta su tik tok la sua malattia rara con sfide e video divertenti.

In effetti il mondo delle aziende anche in Italia ha iniziato a capire che è opportuno investire nell’inclusione.

Nel Nord America ed Europa ci erano arrivati prima: da oltre 30 anni le aziende oltre oceano hanno avviato programmi di valorizzazione delle diversità e inclusione.

Da noi il processo di avvio è stato ritardato, complice una società che negli ultimi 200 anni, contrariamente a quanto accaduto nella storia complessiva del Belpaese, ha risentito poco di fenomeni migratori o innesti etnici con numeriche importanti.

In realtà negli ultimi 10 anni il dibattito è cresciuto a dismisura, anche da noi. Linkedin già da alcuni anni, nel suo Global Recruiting Trends, inserisce la capacità dell’azienda di proporsi come inclusiva tra i fattori chiave per l’attrazione di talenti.

Dal 2017 Thomson Reuters, ora Refinitiv, propone, infine, il Diversity & Inclusion Index, classifica delle 100 aziende al mondo virtuose per diversità e inclusione, come strumento utile agli investitori per decidere se investire o meno su un titolo.

Molte aziende si sono, inoltre, coalizzate per promuovere l’inclusione di alcune categorie specifiche: sono nate così, tra 2009 e 2010, Valore D, che ora rappresenta oltre 200 aziende, con l’obiettivo di favorire l’occupazione femminile, e Parks – Liberi e Uguali, oltre 70 aziende unite per promuovere l’inclusione delle persone LGBT nel mondo del lavoro.

Le finalità per le quali un’azienda ha interesse a avviare un percorso verso l’inclusione sono molte e variate nel tempo. All’inizio si interpretava la D&I (acronimo che in inglese sta per Diversity & Inclusion) come leva solo reputazionale.

Inclusione, motore di performance

Col passare del tempo, invece, si è capito, anche grazie agli studi di economisti e studiosi delle organizzazioni aziendali, che l’inclusione è un motore di performance, perché si innesta in un processo di correlazioni a catena: sentirsi incluso e saper includere sono leve di soddisfazione e motivazione che, a loro volta, sono indicatori predittori delle prestazioni delle persone.

Insomma, antropologi e storici già lo sapevano: i salti evolutivi dell’umanità sono avvenuti in contesti storici e geografici dove, per ragioni casuali o forzate (guerre, invasioni, carestie, …) le diversità si sono incontrate o scontrate. Popoli di religioni, etnie, culture e lingue diverse vivendo insieme hanno dovuto creare una sintesi che spesso si è trasformata in un momento creativo, innovativo.

Lo stesso sembra essere dimostrato possa accadere in qualunque contesto sociale o organizzativo, incluse le aziende, seguendo questo facile paradigma: persone simili tra loro lavoreranno facilmente insieme ma difficilmente si distaccheranno dal sentiero conosciuto; persone diverse faticheranno a incontrarsi all’inizio ma sicuramente riusciranno a guardare oltre le loro reciproche diversità e intravedere uno squarcio di futuro.

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