Non abbiamo capito ancora la necessità di fare nostre le lotte femministe. “Nostre” vuol dire “in quanto uomini”, ma può anche voler dire “in quanto persona che non ha capito a che servono le lotte femministe”. Proviamo a fare qualche esempio illuminante, proviamo a costruire qualche metafora sensata.

Abbiamo capito perché non si deve bestemmiare, che non è civile, è un’offesa per tutti e tutte. Lo abbiamo capito perché dopo secoli di storia pieni di massacri fatti in nome di ogni divinità, e dopo secoli di storia di opere meravigliose portate a termine sempre in nome di divinità, abbiamo capito che al di là dei motivi storici per cui sono sorte le religioni codificate e istituzionalizzate, è molto umano il bisogno di vedere nel mondo un fine ultraterreno, un motivo di coerenza e un disegno unitario che va oltre la finitezza inevitabile nelle nostre esistenze. Questo bisogno pare così universale e diffuso in ogni essere umano che anche chi è ateo lo ripone in qualche sua attività, pur non dandogli nomi religiosi, divini, ultraterreni.

Bestemmiare

Bestemmiare, lo abbiamo capito, significa quindi denigrare qualcosa di molto umano, ed è offensivo per questo: mostra una presunzione – momentanea o cronica – di ergersi anche al di sopra dei propri stessi limiti umani per prendersela con chi si vorrebbe colpevole o causa di ciò che invece è tutto nostro; rifiutando di riconoscere – come se fosse possibile – i nostri limiti, offendendo così gli esseri umani in genere.

Discriminare

Abbiamo capito che non si deve discriminare nessuno e nessuna per il colore della pelle o per il luogo di nascita, perché non è civile, non è umano, è un’offesa per tutti e tutte. Lo abbiamo capito dopo secoli di sfruttamento e massacro perpetrati ai danni di popolazioni e civiltà non bianche, per giustificare i quali la nostra cultura – bianca, occidentale – ha inventato il mito della razza riproponendolo per secoli in modalità diverse – dalla scoperta dell’America al nazismo e ancora ai giorni nostri, sotto mentite spoglie – sempre e solo allo scopo di sfruttare, appropriarsi, saccheggiare, violentare. Dopo che questo sistema è stato anche adottato da altre culture verso altre ancora anche con la pelle dello stesso colore, ci siamo ricordati che nessuno e nessuna sceglie dove e quando nascere, e che attribuirsi superiorità o diritti semplicemente perché si è nati qui e ora, invece che là e dopo, è una mostruosa ingiustizia che non tiene conto – di nuovo, come prima – della finitezza che abbiamo in comune come esseri umani, della condizione di base che ci accomuna in una vita che comincia per chiunque in un luogo e in un momento non scelti.

Molestare

Abbiamo capito che non si deve molestare nessunɘ per il suo genere, non è civile, è un’offesa per tutti e per tutte. Dopo secoli di supremazia ingiustificata di un genere sull’altro, dopo che sono cadute tutte le scuse patriarcali per sostenere questa assurda teoria che conformava di sé tutta la nostra società – il testosterone, la massa muscolare, il pensiero logico, le mestruazioni, i cacciatori e le raccoglitrici, tutte frottole smentite più e più volte nel loro essenzialismo falso e in malafede – abbiamo capito che la strada della parità, della lotta alle disparità di genere è l’unica che possa restituire pari possibilità e armonia di sviluppo a tutte le soggettività presenti nelle nostre società, a tutte le diversità di genere possibili…


E invece no. Questo non lo abbiamo ancora capito.

Malgrado anche per questa discriminazione siano morte – e continuino a morire – moltissime donne, perlomeno dallo stesso tempo in cui qualcuno si è sentito superiore perché il suo dio sarebbe stato migliore di quello di un altro, o perché la sua terra sarebbe stata migliore di quella altrui. Malgrado anche per questa discriminazione continuino a morire moltissime persone non etero, colpevoli di non essere normali, di non piacere alla massa, di essere catalogate contronatura o offese alla famiglia solo perché nate non come si aspettava qualcunɘ dei loro parenti. Malgrado quel sistema di potere in atto nella nostra società non sia affatto premiante per il genere che lo ha costruito: gli uomini etero, in cambio dei privilegi sociali caratteristici del loro genere, ricevono per la maggior parte una vita molto al di sotto delle aspettative che si sono creati: fanno i lavori più faticosi, si caricano di enormi responsabilità, si suicidano di più, cadono di più in stati depressivi, non fanno il sesso che vogliono, anzi scoprono di non sapere neanche che sesso vogliono fare.

Quello stesso sistema sociale, quella stessa cultura ancora troppo maschile in ogni sua caratteristica, prepara anche delle ottime scuse per non capire questa discriminazione. Colpa delle donne che hanno voluto gli stessi diritti; colpa dei neri che vanno in giro armati; colpa dei cinesi che non si vogliono integrare; colpa dei musulmani che sono integralisti; colpa delle ragazze che sono provocanti; colpa di Internet che confonde le menti; colpa dei social che permettono l’odio; colpa della tecnologia che isola le persone… la lista è lunga. Quanto quella dei femminismi, che in tutte le parti del mondo dimostrano, discutono e mettono in pratica che senza le discriminazioni di genere ogni forma di vita potrebbe concorrere al miglioramento delle altre, a cambiare un sistema che sta facendo vivere male la maggior parte di noi.

E invece no. Abbiamo capito tutto, ma questo ancora no.

Qualche consiglio per approfondire:

1 Padre Alfonso Maria Tava, Come smettere di bestemmiare, Il Saggiatore.

2 Graziella Priulla, La libertà difficile delle donne, Settenove.

3 Il buio oltre la siepe (To Kill a Mockingbird), film del 1962 diretto da Robert Mulligan.

4 Where is the love?, canzone dei Black Eyed Peas, in Elephunk (Bonus Tracks), 2003.

Condividi: