Madame Bovary e il bovarismo di ieri e di oggi
Nell'era dei selfie e dell'apparire rileggiamo Madame Bovary per capire il bovarismo come fenomeno sociale patologico di chi cerca di costruirsi una vita fiabesca e romanzata.
Nell'era dei selfie e dell'apparire rileggiamo Madame Bovary per capire il bovarismo come fenomeno sociale patologico di chi cerca di costruirsi una vita fiabesca e romanzata.
Partiamo da Madame Bovary (1857), che pur essendo un romanzo che non ha niente di romanzesco, ma al contrario solo la pretesa di raccontare la vita di tutti i giorni di una giovane donna, a suo modo cerca di sfuggire alla realtà che a volte può avere risvolti drammatici, e parliamo di bovarismo e degli artisti che sempre più spesso si sentono in contrasto con la società.
Sullo sfondo il regno di Luigi Filippo d’Orléans, il figlio di Filippo Egalité, di quel ramo della famiglia reale, che viene associato alla rivoluzione del 1789. Il prestigio del padre, grazie ai liberali moderati venne attribuito al figlio, con l’incarico e nomina di re dei francesi. Una nuova Costituzione per allargare il diritto di voto, che non soddisfò pienamente le aspirazioni degli schieramenti democratici che avevano fatto cadere i Borbone, come la classe borghese sempre più protagonista e di cui Flaubert critica il conformismo attraverso la figura di una giovane donna come Emma.
L’espansione della società borghese e i nuovi orizzonti culturali, trovano negli artisti, degli oppositori pronti a attaccare il buon senso pratico del borghese e la sua mentalità calcolatrice, che ci proietta in questa fase storica con una netta frattura tra l’artista e la società: l’artista, libero di ricercare e spaziare in ogni forma di espressione, ma tutto il paesaggio che vede è di matrice industriale.
Le grandi città che sono sempre più spesso metropoli e, la folla di persone, diventano un movimento continuo che crea un bisogno di evasione.
L’artista è nettamente separato dalla società anche se assorbito dalle leggi di mercato, dove la sua opera ridotta ai minimi termini viene considerata come merce e, l’esigenza di confrontarsi con il mercato, accettandone regole e leggi inevitabili, lo porta a rivolgersi anche alle classi popolari che si affacciano sempre di più al contesto storico della società esistente; ma l’arte è anche superiorità e allo stesso tempo purezza e, per alcuni non può essere imprigionata nelle leggi del mercato, così molti artisti cercano di rivolgersi a gruppi più ristretti di intenditori.
Dopo la rivoluzione del 1848 e l’assestarsi del potere della borghesia, la Francia attraverso due opere come Les fleur du mal di Baudelaire per quello che riguarda la poesia e, Madame Bovary di Flaubert per la narrativa, voleva suscitare scandalo ma allo stesso tempo proporre uno spirito negativo delle nuove forme artistiche.
Assistiamo a un superamento della cultura romantica per passare a un concetto di decadentismo, che con molto stile cerca di frantumare in mille pezzi la comunicazione classica e romantica per dare vita a una nuova definizione di poetica, ma anche a tutte le esperienze letterarie.
L’arte può affermarsi solo diventando il centro di ogni esperienza quotidiana e l’artista può sentirsi come l’assoluto artefice di valori essenziali, cercando in ogni modo con i suoi atteggiamenti provocatori di scandalizzare le buone idee borghesi: non esiste più un ordine, ma solo esperienze pericolose che portano alla negazione di ogni valore corrente, ma che alcune volte porteranno gli stessi all’annullamento fisico e psichico come in esempi che vanno da Baudelaire a Rimbaud.
La natura dell’artista o genio letterario che trasportava nelle sue opere le sue nevrosi e psicosi, la possiamo ritrovare già al tempo dei Greci nella poesia, per proseguire con gli scrittori vicini al nostro tempo che devono fare molto di più che raccontare una vicenda, ma occuparsi con la scrittura di un archetipo o personalità nevrotica di un personaggio, come ha fatto Flabert rilanciando questa provocazione:
“Madame Bovary c’est moi!”.
L’artista, è una persona che si allontana dalla realtà creandosi una vita fantastica, come Emma nel romanzo, perché non riesce a affrontare la quotidianità di ogni giorno, ma allo stesso tempo ne diventa il personaggio che realmente desiderava essere. E’ il fenomeno del bovarismo, quella manifestazione patologica di un certo manierismo snobistico e perfetta raffigurazione della finzione.
Flaubert diventava Emma Bovary e in questo non appariva molto diverso da un Dickens, che affermava di vedere e sentire i personaggi della sua scrittura che assumevano il controllo della narrazione stessa, portandolo per mano verso un intreccio e conclusione diversi da quelli che lui aveva previsto.
Il processo creativo, dovrebbe comprendere tutte le varie fasi dell’opera letteraria partendo dal subconscio per finire alle revisioni, che sono il fulcro di tutto il sistema creativo che coinvolge la scrittura.
Tutto quello che viene prodotto da un artista è l’insieme di quello che percepisce, e l’ispirazione indica il fattore inconscio di un campo lunghissimo della creazione: le Muse (figlie della memoria) sono un elemento fondamentale un po’ come Emma è stata per Flaubert.