“Gli invisibili” di Pajtim Statovci: la potenza delle parole
Il romanzo 'Gli invisibili' di Pajtim Statovci si rivela un libro drammatico e potente, più che mai urgente in questo tempo di diritti soffocati e minacciati.
Il romanzo 'Gli invisibili' di Pajtim Statovci si rivela un libro drammatico e potente, più che mai urgente in questo tempo di diritti soffocati e minacciati.
Quando la tragedia diventa insostenibile, le parole diventano potenti.
Gli invisibili (Sellerio, 2021) di Pajtim Statovci (classe 1990, nato in Kosovo), è un romanzo di rabbia e tenerezza, è un pezzo di storia ambientato a Pristina, è uno sguardo intimo, personale e spiazzante che indaga sull’amore, l’orrore e il ricatto dei desideri che ci tormentano, perché «i sogni corrono dietro alle menzogne che diciamo a noi stessi». Com’è possibile sopravvivere quando non puoi essere quello che sei, quando bisogna nascondersi dal mondo e nel mondo?
“Questo è un romanzo che incanta grazie al potere della sua lingua. Una storia di umana follia, di perdita e crudeltà, ma anche di amore e devozione”.
Così recita la giuria del Finlandia Prize, che gli ha meritatamente assegnato il primo premio, stesso riconoscimento ottenuto ad Alba (CU) lo scorso 15 ottobre con il premio Lattes Grinzane.
Arsim l’albanese e Miloš il serbo, vivono a Pristina, in Kossovo, a metà degli anni Novanta, studiano all’università e si innamorano già dal primo incontro, seduti al bar. Per entrambi la cultura di provenienza rifiuta le relazioni tra uomini, ma la loro passione è più forte di ogni negazione.
“Lui é un serbo, e io un albanese, e per questo dovremmo essere nemici, ma ora, mentre ci tocchiamo, fra noi non c’è nulla di insolito o di estraneo, ed io ho la sensazione netta che noi due, noi non siamo come gli altri, e questa sensazione si fa sempre più intensa, sempre più indiscutibilmente chiara, è come venisse dall’alto, un messaggio indirizzato a me; per noi non conta quanti ci guardano sconcertati o ci chiedono di non intralciare il passaggio, o quanti ridacchiano superandoci, forse perché non siamo in grado di modulare parole per loro, e nemmeno per noi stessi”.
Sebbene la cultura omofoba di provenienza di entrambi rifiuti la relazione tra uomini, la loro storia sembra perfetta, la loro storia che diventa la storia di ognuno di noi, la storia potente dove lui ritrova lui in un connubio speciale e unico; e non importa che Arsim sia sposato, la loro passione è più potente delle tradizioni e di un destino voluto da altri, lo stesso destino che porterà la guerra e che sconvolgerà le loro vite: serbi contro albanesi, amici divenuti nemici, fratelli diventati carnefici, una crudeltà inenarrabile, migliaia di morti, milioni di profughi.
Il sogno di Arsim e Miloš da impossibile diventa invisibile, Arsim partirà con la famiglia verso un paese straniero, Miloš si arruolerà come medico e vivrà il suo compito dentro la disumanità della guerra, entrambi persi nel buio cieco della ferocia: Arsim diventerà un marito e padre crudele, Milos sprofonderà nel vuoto assoluto della violenza.
L’unica cosa visibile che resta del loro sentire è il flusso delle parole; resta la potenza della loro storia raccontata, mentre il vissuto diventa drammaticamente invisibile ai cuori: la passione, l’amore, il sogno schiacciati dalla guerra, il conflitto, l’omofobia, l’odio religioso, la durezza, la discriminazione razziale.
Dentro il mare in tempesta, affondano lasciando annegare il loro sogno, invisibile ai loro stessi occhi.
Un libro drammatico e potente, da leggere oggi più che mai, soffocati, come siamo oggi nel mondo, dalla negazione violenta di diritti e libertà, dall’odio razziale e religioso, dall’omofobia, dall’uccisione di donne innocenti, dalle barbarie, dall’oscurantismo bieco e dalla crudeltà cieca della guerra.
Dopo Le transizioni (Sellerio, 2020), un’altra pietra miliare di Pajtim Statovci, assolutamente da leggere.
Perché continuare a raccontare dentro la tempesta, resta un modo per resistere, lottare e non dimenticare.