Ho avuto il piacere di poter leggere in anteprima Poesie Inedite di Dylan Thomas (Crocetti Editore) a cura di Emiliano Sciuba. Un corpus poetico che ha il chiaro intento di completare l’onirica visione Thomasiana. Segue il mio intenso dialogo col curatore in seguito all’interessante lettura in cui mi sono imbattuto.

Il tuo confronto con Dylan Thomas ha radici profonde, come è stato immergersi nei “luoghi altri” del poeta e quanto il suo immaginario ha modificato la tua percezione poetica?
Scendere nel personale “abisso d’inferno” di Dylan Thomas è sempre un’esperienza catartica, in quanto la sua visionarietà estrema ha una grazia singolare: amare la morte (il limite fisico così come la fine delle illusioni) al punto da allontanarcene in direzione del conato di vita. Scandagliando l’imagery thomasiana, la percezione poetica che si ha appare rinnovata: infatti l’originalità del poeta gallese, volendo elementarizzare pur senza banalizzazioni, sta tutta nella tessitura di una poesia maestosamente “organica”, intendendo il termine nel suo etimo di complesso intero degli organi vitali – della Natura, del mondo, dell’uomo: la loro dettagliata proporzione, ancorché in conflitto, in Thomas davvero è divina – e del ritmo che ne regge l’economia dell’esistenza.

L’ambizione “alta” di colmare un vuoto nella tradizione (e traduzione) italiana delle opere di Thomas sembra essere stata centrata. Un tuffo nell’eccesso di vita che lascia il lettore “turbato” nel suo senso più intimo, hai avuto sin da subito la percezione del grande contributo che questa opera avrà nella crescita di nuove generazioni poetiche?
Mi auguro che queste sessantadue bellissime poesie, che così completano l’opus poeticum thomasiano in Italia, possano magnetizzare l’attenzione di poeti emergenti attraverso un ottimo esempio di ampliamento del poetabile, e insieme donare nuova linfa agli studi accademici sul poeta, da sempre lasciato in disparte sia a causa della propria oscurità simbolica sia a causa del proprio disimpegno sociopolitico se rapportato alle tendenze poetiche in voga tra le due guerre mondiali. Se si vuole entrare nella testa di Thomas bisogna capire che la tragedia è innata nell’esistenza dell’uomo (la “fede” del poeta sembra quasi essere ricercata col solo fine di ambire al pathos dell’apostasia): lo storicismo è contingente e certamente secondario rispetto agli eterni impulsi di Eros e Thanatos che plasmano o deformano l’essere umano, come ci ricorda a intermittenza ogni verso thomasiano.

Un consiglio di ascolto per la lettura dell’articolo

Le grandi contraddizioni del sentire umano unite nel tempo alla sperimentazione linguistica sempre più incisiva! Senti nella tua traduzione di aver centrato a pieno l’anima profondamente rivoluzionaria del Poeta?
Sento di aver centrato l’inquietudine di Thomas: averla fatta mia, forse per un comune sentire a priori, mi ha facilitato il compito di cercare di ricomporre, nella lingua d’arrivo italiana, lo
sperimentalismo ardito di forma e contenuto del poeta gallese (beninteso: tra-durre è sempre, a mio avviso, perdere qualcosa durante il transfert…).

L’ultimo capitolo “Poesie adolescenziali” portano alla luce un Thomas realmente inedito ed intimo, eppure la penna non sembra quella di un giovanissimo adolescente! É come un dulcis in fundo che ci abbraccia dopo una lettura profonda ed interessante, come nasce questa scelta così azzeccata?
“In my end is my beginning” direbbe T.S. Eliot: ho pensato di riprodurre, nella mia piccola foliazione, l’eterno ritorno del processo fisico-naturale delle visioni in versi di Dylan Thomas tra onanismo e onirismo.

Siamo nel nostro cammino alla scoperta del’ Io Poetico e ad ogni tappa sento un maggiore contatto col mio tempo interiore.

Condividi: