(English translation below)
Si viaggia attraverso l’odiosa guerra della Russia all’Ucraina anche seduti, apparentemente immobili, bevendo champagne e guardando un film. È una modalità innocua, sicura, senza immagini cruente, eppure tutt’altro che virtuale e provata direttamente sulla propria pelle e chiaramente percettibile.

Non è a buon mercato, diverse migliaia di euro a seconda di alcune variabili, ma permette anche qualche apprezzabile effetto secondario – come una visita al Giappone. Per accedervi, si vada sul sito della Lufthansa  o della All Nippon Airways  (le compagnie che ho usato io, ma altre vanno bene) e si acquisti un biglietto andata e ritorno da Francoforte a Tokyo.

Altrimenti, e più semplicemente, ci si perda nella contemplazione poetica delle rotte aeree mondiali, la cui mappa è una sorta di creazione artistica d’avanguardia, fili che legano, espressioni dei luoghi più affollati e di quelli più solitari.

Sul sito invisible data  le rotte tracciate dagli aerei hanno la logica della strada diretta, la linea d’aria che è sempre la più breve. Ma con la guerra non è più così.

Il viaggio di andata sarà lungo, circa dodici ore, sorvolando il Kazakistan e poi la Cina. Quel che farete a Tokyo non ha importanza, qui. Per capire cosa sia una guerra con la Russia, l’esperienza comincia col viaggio di ritorno

Al viaggiatore imbarcato in Giappone e diretto in Europa, la guerra impone la sua legge, sottoponendolo al divieto (russo, in risposta a quello europeo che bandisce dai nostri cieli gli aerei di Mosca) di sorvolare questo sterminato territorio di undici – undici! – fusi orari da Kaliningrad allo Stretto di Bering. 

Prima non era così. Ma ora, non potendo volare verso la Cina dai cieli troppi trafficati, né passare sopra la Russia, e neanche sopra il Pacifico che è in tutt’altra direzione rispetto a casa, all’aereo non resta che fare rotta a nord, e comincia una lunga linea retta salendo, salendo senza esitazione lasciando la costa pacifica della Siberia alla sua sinistra, lambendo l’Alaska, avvicinandosi al Polo Nord.

Ma dove stiamo andando? A Francoforte? Solo quando si è a debita distanza dal confine settentrionale della Russia, l’aereo compie una angolata virata e continua lassù, in cima al mondo, fino a raggiungere il nord del Canada. È la volta poi della Groenlandia, infine dell’Islanda, e, dopo oltre quindici ore il volo si conclude. 

Scherzi della storia, della guerra,
alla geografia

Si torna dall’est arrivando dall’ovest. Pure la famosa rotta artica per l’oriente da Helsinki, la più corta, deve essere riscritta – è la guerra a dettare le sue leggi. 

Lo fa anche tenendo alla lontana, in forma di esclusione. E nemmeno chiudendo i confini di terra, che restano aperti anche se più problematici, ma quanto di più libero vi sia: i cieli, i cieli ad alta quota, dove a sei mila metri di altezza si stabiliscono e rispettano sovranità e divieti

Il viaggiatore ne resta disorientato, perché ai paradossi di una sorta d’inversione dei punti cardinali, corrisponde il paradosso dell’impatto così reale della guerra a così grande distanza e in un contesto così inappropriato, quasi osceno – seduti, appunto, con lo champagne in mano, a guardare uno schermo con il Flight information che spiega la storia, e salvati solo dalla forma del nostro pianeta: la sfera può allungare il viaggio, ma permette sempre il ritorno. Che sia metafora per ritrovare la via di casa anche da questa guerra. 

ENGLISH VERSION

The Invisible Data site to understand the illogical reality of long new air routes
not to fly over Russia

The war in Ukraine creates endless new airways to avoid Russia. It is the reflection of the war from the earth to the sky.

One travels through Russia’s hateful war on Ukraine while sitting, seemingly motionless, drinking champagne and watching a movie. It is a harmless, safe way, with no tough images, yet anything but virtual and clearly perceptible. It is not cheap, several thousand euros depending on some variables, but it also allows for some appreciable secondary effects – such as a visit to Japan.

To access it, go to the Lufthansa  or All Nippon Airways websites (the two airlines I used, but one can choose among many others)  and buy a ticket from Frankfurt to Tokyo and return. The outward journey will be long, about twelve hours, flying over Kazakhstan and then China. What you do in Tokyo doesn’t matter here.

Otherwise, and more simply, we can get lost in the poetic contemplation of the world’ air routing, through maps which are a sort of avant-garde artistic creation, threads that bind, expressions of the most crowded places and the most solitary ones.
On the invisible data site the routes traced by planes have the logic of the direct road, the “line of sight” which is always the most short. But with the war, this is no longer the case.

The experience begins with the return journey, which will make you understand what a war with Russia implies. 

The war imposes its law on the traveller embarked in Japan and aimed to Europe, since it imposes him the prohibition (a Russian one, in response to the European one which bans Moscow’s planes from our skies) to fly over this immense territory of eleven – eleven! – time zones from Kaliningrad to the Bering Strait.

Before it was not like that, but nowadays, China airspace being too busy, prevented to fly over Russia, the Pacific Ocean being in an opposite direction, the plane has no choice but to steer north, and begins a long straight line climbing, climbing without hesitation leaving the coast peace of Siberia to its left, skirting Alaska, approaching the North Pole – and we wonder whether we really going to Frankfurt. Only when it overcomes the northern border of Russia, the plane makes an angled turn and continue up there, on top of the world, until it reaches northern Canada. It was then the turn of Greenland, finally of Iceland, and, after fifteen hours, the flight concluded.

Jokes of history, of war, of geography: you return from the east coming from the west. Even the famous Arctic route to the east from Helsinki, the shortest, needs to be rewritten – war dictates its laws.

It also does so by keeping at a distance, in the form of exclusion. And not even by closing the land borders, which remain open even if more problematic, but the freest there is: the skies, the skies at high altitudes, where at six thousand meters above sea level they establish and respect sovereignty and prohibitions.

The traveller is left disoriented, because the paradoxes of a sort of inversion of the cardinal points correspond to the paradox of the real impact of the war at such a great distance and in such an inappropriate, almost obscene context – seated, precisely, with champagne in hand, watching on the screen the “Flight Route” option – which is a sort of history book. We are saved only by the shape of our planet: the sphere can lengthen the journey, but always allows the return. Let it be a metaphor for finding your way home even from this war.

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