Nuotare e respirare sott’acqua senza le ingombranti attrezzature a cui siamo abituati? Si può. O almeno, si potrà. Amphibio, infatti, è una sorta di branchia che ci trasformerà in creature acquatiche, permettendoci di respirare (e forse in futuro di vivere) anche sott’acqua.

Chi ha inventato Amphibio?

Il designer e scienziato dei materiali giapponese Jun Kamei, in collaborazione con RCA-IIS Tokyo Design Lab, ha realizzato il prototipo di un dispositivo respiratorio subacqueo che ci permetterà, secondo lui in previsione del futuro innalzamento dei mari (e di un mondo distopico completamente allagato), di vivere (o sopravvivere) anche sott’acqua.

“Entro il 2100 la temperatura globale salirà di moltissimo”, ha dichiarato il designer, “l’innalzamento del livello del mare andrà a colpire tra 500 milioni e 3 miliardi di abitanti della Terra e l’acqua sommergerà le grandi città che si trovano vicino alle coste”.

Come funziona Amphibio?

La tecnologia utilizzata si ispira agli insetti subacquei e alla loro capacità di formare attorno a sé una sottile bolla d’aria intrappolata da uno strato di peli idrofobici, e consente di usare questa sorta di maschera da sub come camera per respirare. Il dispositivo può essere stampato in 3D e funziona a tutti gli effetti come branchia, così da poter fare respirare un essere umano in maniera simile ai pesci.

Amphibio si compone di due parti: un gilet e una maschera realizzati in materiale poroso idrorepellente, che mantiene le sue caratteristiche fisiche e chimiche, non subisce cioè alcuna alterazione di forma o dimensione anche se immerso in acqua per un lungo periodo. Più leggero di un classico equipaggiamento da sub, Amphibio supporta la respirazione subacquea attingendo ossigeno proprio dall’acqua circostante e disperdendo all’esterno l’anidride carbonica accumulata nel sistema.

Testato su piccola scala (in un acquario e non ancora in ambiente marino) il prototipo sembra funzionare benissimo, ma il buon funzionamento del dispositivo non implica che sia attualmente sufficiente alla respirazione umana: per consentire a una persona adulta di respirare sott’acqua, infatti, servirebbero branchie extralarge, con una superficie di scambio ossigeno-CO2 di 32 metri quadrati.

“La difficoltà nel procedere è il nostro grande consumo di ossigeno. Noi umani consumiamo troppo. Anche se l’ossigeno è dissolto nell’acqua, il tasso che deve essere assorbito durante il nuoto attraverso la branchia è enorme, e questo rende necessaria una branchia di superficie ampissima”, ha spiegato il designer.

Recenti sviluppi del suo concept speculano sul miglioramento delle prestazioni ottenibile con l’uso di membrane in nanomateriali: anziché aumentare l’estensione delle branchie sarà possibile migliorare l’assorbimento dell’ossigeno e ottenere così la respirazione in acqua.

In attesa che il miglioramento delle tecniche dell’ingegneria dei materiali rendano Amphibio un progetto sostenibile per respirare sott’acqua, vi consiglio un film bellissimo del 2017, vincitore di ben 4 premi Oscar, sull’unione romantica del nostro mondo terrestre con quello marino: La forma dell’acqua, diretto da Guillermo Del Toro.

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