La versione italiana di Cats è una straordinaria bellissima sorpresa, ed è un gran sollievo poterlo dire, perché temevo di restare delusa.

Per chi come me ha visto in passato la versione londinese o quella newyorkese (io personalmente ho visto il mio primo Cats a Brodway rimanendone folgorata) il timore era di vedere tradito lo spirito stesso dell’opera.

La delusione è sempre in agguato quando si realizza una versione italianizzata di un musical in lingua. I rischi sono tanti, soprattutto nella riscrittura delle canzoni, che spesso è fatta malissimo con il risultato di testi raffazzonati che suonano goffi e inadeguati.

Non è il caso di Cats, il cui lavoro di traduzione è impeccabile, con testi poetici e suadenti che vanno a ricoprire il tessuto musicale dell’opera con elegante accuratezza.Cosa non facile visto che parliamo di testi scritti, nella loro versione originale, dal celebre poeta e drammaturgo statunitense naturalizzato britannico Thomas Stearns Eliot, premio nobel per la letteratura nel 1948.

Il cast di Cats con il baritono Fabrizio Corucci – photo by Gianluca Saragò

Le canzoni riscritte in italiano si rivelano fruibili e scorrevoli, creando una narrazione fluida e gradevole, con simpatici momenti di attualizzazione e contestualizzazione, come con il personaggio Gus, interpretato da un emozionante Fabrizio Angelini. Gus è il vecchio gatto attore che ha passato la sua vita nei teatri, e che invece di citare Shakespeare cita attori nostrani come Totò e Gigi Proietti, i social media Tik Tok e Facebook, e rievoca la sua interpretazione di Sandocat, con chiaro riferimento alla tigre di Mompracem del romanzo di Emilio Salgari.

Gus, il Gatto attore, interpretato da Fabrizio Angelini – photo by Gianluca Saragò

Tutto il cast del musical è dotato di grande elasticità vocale e di capacità acrobatiche, con fisici atletici e prestanti. Tra i protagonisti di Cats c’è il vecchio Deutoronomy, che qui nella versione italiana diventa Gatto Filosofo, ed è interpretato da un tuonante Fabrizio Corucci che con la sua voce da baritono conferisce austerità e calore al suo personaggio.

Un po’ più ingessata appare Malika Ayane, nel suggestivo ruolo di Grizabella, che con il suo tacco quindici a spillo sembra irrigidita nei movimenti, sarebbe bello vederla muoversi a piedi scalzi su quel palco dove tutti gli interpreti danzano con passi felpati. Ma a compensare questa fragilità arriva la sua voce, potente, calda, intensa, struggente, che nell’interpretazione del celebre brano Memory tocca gli angoli più remoti della nostra sensibilità.

Malika Ayane nei panni di Grizabella – photo by Gianluca Saragò

Uno dei punti di forza del musical è l’orchestra, diretta dal Maestro Emanuele Friello, che interpreta i brani con ineccepibile fedeltà allo spartito originale di Andrew Lloyd Webber, scivolando da sonorità pop ad altre più classiche, passando per sound jazz come nell’irresistibile Macavity, fino a ritmi che richiamano l’austerità degli inni, come il brano finale The Ad-dressing of the Cats.

Un direttore d’orchestra molto fiero della sua coda di gatto con la quale si presenta in scena (e che orgogliosamente mostra al pubblico della prima fila) tanto per fare pendant con i costumi che, disegnati da Cecilia Betona, attuano una reale trasformazione dei ballerini in gatti, con il manto peloso e le vibrisse pungenti. Complice un make up artistico straordinario, frutto di un lungo lavoro di studio, con bozzetti e disegni, che è sintetizzato in questo breve video.

Ma a convincerci che sul palco ci sono dei gatti, sono anche e soprattutto le movenze feline dei danzatori, che muovono spalle e fianchi tracciando sensuali circonferenze nell’aria. Già dopo pochi minuti non si ha più la percezione di osservare esseri umani, ma animali a tutti gli effetti.

Del resto la coreografia porta la firma di Billy Mitchell, quindi c’è poco da rischiare: è il coreografo degli ultimi lavori di Webber e nessuno meglio di lui può interpretare in danza le sonorità del compositore.

La scenografia di Teresa Caruso è vincente: l’originale ambientazione in una discarica si trasforma in una Roma fatiscente, tra ruderi antichi (una bocca della verità, un Colosseo sullo sfondo e qualche capitello corinzio tra lapidi marmoree) e ruderi contemporanei, come la panchina inclinata che diventa uno scivolo per gli irrefrenabili gatti.

Photo by Gianluca Saragò

I momenti più sognanti della scenografia sono quelli in cui una luna piena si innalza sopra la platea, lasciando a bocca aperta tutto il pubblico, e quando Grizabella, la vecchia gattina interpretata da Malika Ayane, vola in cielo per rinascere a nuova vita.

Onirico anche il pezzo del gatto ferroviere, (l’originale Skimbleshanks che diventa Gatto Frecciarossa) che appare danzare sui binari di una ferrovia creando l’effetto di un treno in corsa. E magico più che mai l’arrivo di mago Mister Mistoffelees, capace di eleganti numeri di magia che fanno sognare anche i più piccoli.

Altri momenti del musical sono accesi da una frizzantezza irresistibile, come il tip tap scatenato dalla gattina dalla doppia vita Gatta Cucciola (qui la versione italiana del nome è meno simpatica dell’originale inglese Gumbie Cat): di giorno poltrisce sul sofà mentre di notte insegna musica e uncinetto ai topolini e addestra gli scarafaggi trasformandoli in danzatori di tip tap.

Irrefrenabile la simpatia e il sex appeal di Gatto Rock Tugger, interpretato dal dirompente Luca Giacomelli Ferrarini che seduce tutti con la sua aria in stile Fonzie erotizzato e che lancia degli acuti penentranti capaci di far vibrare le pareti del teatro.

Il sexy Gatto Rock TuggerLuca Giacomelli Ferrarini
– photo by Gianluca Saragò

Lo spettacolo è interattivo non solo per gli effetti speciali della luna sospesa o del personaggio Macavity che compare e scompare dai palchi del teatro nello stupore generale, ma anche perché tutti i gatti scendono in platea a sgattaiolare tra le poltrone durante tutto lo spettacolo, con un coinvolgimento totalizzante.

Saggia la decisione del regista, Massimo Romeo Piparo, di italianizzare solo alcuni nomi dei gatti, come Bustopher Jones che diventa Gatto Ciccio, Old Deutoronomy che diventa Gatto Filosofo, e Gumbie Cat tradotto in un infelice Gatta Cucciola, lasciando nella maggior parte dei casi il nome originale inglese, come Mungojerrie e Rumpleteazer, Macavity e Mister Mistoffelees, perché sono nomi evocativi carichi di significati ironici, magici o drammatici.

In definitiva il Cats di Massimo Romeo Piparo è un musical importante e pregevole, perché porta la grande cultura anglosassone dei musical sui palcoscenici italiani impreziosendo il lavoro originale con raffinati inserimenti artistici capaci di avvicinare l’opera ad un pubblico italiano.

Photo by Gianluca Saragò
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