Dal 30 Marzo al 2 Aprile al Teatro Lo Spazio di Roma, Bambola, storia di Nicola, un intenso racconto che attraversa forme e colori della nostra storia attraverso un protagonista imbevuto di erotismo e poesia insieme.

Nicola, in una dimensione che oscilla tra il reale e l’immaginario, racconta in prima persona la lunga strada della sua vita a partire dalla nascita sul finire degli anni Sessanta del secolo scorso in una periferia romana. Fanno da sfondo a queste prime vicende le voci e le contestazioni delle femministe che rivendicano la libertà delle proprie scelte sessuali.

Rivede i genitori: una madre frustrata nella sua femminilità, vittima di un destino sempre avverso, e un padre protettivo e sensibile che riversa su di lui tutto il suo puro amore senza giudizio né aspettative, espressione di forza virile. Scritto da Paolo Vanacore, incontriamo il suo regista e protagonista, Gianni De Feo.

In Bambola si abita uno spazio della mente dove tutto è possibile… quanto inventare una identità è la chiave di sopravvivenza del protagonista? Inventare un’identità non basta. La chiave di sopravvivenza sta prima di tutto nel riconoscere una propria identità come elemento di forza e riuscire a viverla pienamente, nella realtà. Certo, per raggiungere questa consapevolezza occorre senz’altro molto coraggio. Nicola, il protagonista di questa storia, crea nel suo immaginario una strada alternativa dove altre possibilità possono essere messe in gioco, fino a prendere le sembianze di Bambola. Peccato però che, nel suo caso, queste possibilità vivono solo nella dimensione del sogno, con un finale a sorpresa, un coup de theatre che qui non posso svelare.

A mio parere, meglio sarebbe seguire la propria vocazione nella totale consapevolezza di sé e fare in modo che il nostro destino, quello per cui siamo chiamati, si compia nell’intraprendente  abbattimento delle paure.

In che misura c’entrano le canzoni di Patty Pravo? Patty Pravo, che qui non viene mai evocata col suo nome d’arte ma solo, e solo in un breve passaggio del racconto, con quello anagrafico di Nicoletta Strambelli (il nome di Nicola forse proprio a lei è ispirato) rappresenta un modello di donna libera, moderna, disinvolta, provocante senza mai essere volgare (attenzione, siamo a cavallo tra la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta). Un modello che si contrappone a quella donna ancora relegata a ruoli imposti da una società troppo maschilista e giudicante. Intanto, le nuove femministe urlano la necessità di aprirsi alla modernità che a fatica cerca di avanzare. Le canzoni di Nicoletta rivivono in questa storia come un inno alla sensualità e alla libertà.

Quanto la storia di Bambola riflette la parabola dei costumi del Paese? Ogni storia è il riflesso di un tessuto sociale su cui si dipana la trama. Il periodo storico, politico e culturale, così come i condizionamenti dell’ambiente circostante sono lo sfondo alle nostre storie individuali. A volte, capita che qualcuno si opponga o addirittura si ribelli alle regole del gioco, altre volte invece qualcuno le subisce. Nella maggior parte dei casi, ci si adatta. Ma una sola verità non esiste. E i costumi di ogni Paese sono in continua trasformazione.

Che ruolo ha la narrazione dell’amore in questa performance… per il padre, per il cliente favorito…? Ho voluto tinteggiare questa storia con delle punte di “rosa”, attimi che sfiorano il melodramma come nelle migliori soap opere. L’amore corrisposto verso Giovanni, il cliente borghese prigioniero di una vita “normale” costruita sulle basi delle buone regole, si spinge fino alla passione estrema che porta inevitabilmente al crollo e alla distruzione. L’amore per il padre invece si esprime con uno sguardo poetico diverso, fino a diventare mistico, fino al raggiungimento di una connessione religiosa… oltre le porte della percezione.

Cosa è oggi per Gianni De Feo la prostituzione? Come posso io giudicare chi si prostituisce? Mi amareggia lo sfruttamento dei più forti verso i più deboli, la mercificazione dei corpi. Ma non esiste solo la prostituzione di strada. È la corruzione morale che mi fa orrore. Al contrario, ho pieno rispetto per chi sceglie con stile di donarsi in uno scambio di corpo e spirito nel piacere (nella gioia) dei sensi. Un po’ come gli artisti, vere puttane della scena (peccato, ancora troppo malamente retribuiti).

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