Forse non saranno molti i lettori che avranno la voglia e la forza di sobbarcarsi le oltre ottocento pagine del libro di Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico (Laurana editore, pp 826, euro 22,00). Ma quelli che lo faranno potranno immergersi in un vero romanzo di avventura come non è più tanto facile incontrare.

La storia è piena zeppa di personaggi. Forse troppi. Anche se il ritmo e il filo conduttore sono tenuti in piedi da alcuni protagonisti dal carattere forte che già dal disegno del loro profilo personale, nelle prime pagine del libro, sembrano promettere ironia, coraggio, incoscienza, sensibilità umana e poesia. Sono veri antieroi.

Da qualsiasi parte si trovino, cercano di realizzare un compito che, in definitiva, non gli appartiene e che, alla lunga, sovverte, anche nel piccolo, gli equilibri esistenti.

La vicenda ha inizio nel 1944, in Piemonte, nel periodo finale della seconda guerra mondiale. In Italia ci sono i tedeschi, Adolf Hitler sembra ancora saldamente al potere e nelle piccole città italiane i partigiani cercano di combattere l’invasore.

Qui incontriamo Steno, un partigiano senza armi che sembra uscito da un libro di Fenoglio. E’ fidanzato con Tilde, Tilde Giordano, splendida e colta ragazza del posto che fa girare la testa a molti maschi del gruppo. Specialmente a tale Cesco Magetti.

Poi troviamo don Tiberio ambiguo prete confinato in provincia dalla città per espiare le sue colpe …

Naturalmente l’appello dei personaggi non termina qui. Perché prima di tutto è doveroso menzionare il vero protagonista della vicenda. Quello che si porta sulle spalle una missione assurda e obbedisce a un’autorità molto potente e altolocata, che in Europa, all’epoca, poteva essere solo Adolf sarcasticamente ritratto in diverse occasioni con la sua amica Eva. Questo personaggio si chiama Cesco Magetti, come dicevamo poco più su.

Fascista, arruolato nelle fila dei militari della Repubblica di Salò, è lui che riceve l’incarico di disegnare una mappa delle ferrovie del Messico (perché molto in alto si è convinti che laggiù si trovi una potentissima arma segreta).

Intorno a Magetti, in ordine sparso, troviamo Epa, cartografo samoano (delle Samoa tedesche); Angelo detto Angelino detto Angelito detto Lito Zanon, addetto cimiteriale alla bollitura di cadaveri; Mec il muto, suo amico; due Marie; Bardolf Graf, impiegato amministrativo; Ettore e Nicolao, misteriosi clienti fissi del night club segreto l’Aquila agonizzante; Gustavo Adolfo Baz, autore del volume Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México; Edmondo Bo, frenatore poeta, alcolista e oppiomane; il terribile Obersturm-bannführer Hugo Kraas, spietato SS; Giustina Decorcipo, compagna d’orfanatrofio di Ettore e Nicolao, violentata, uccisa e gettata sul bordo della strada a sedici anni; Feliciano, bambino morto.

Bene ha fatto Giulio Mozzi, scrittore e editor, a proporci questo autore astigiano, Gian Marco Griffi, che ci trascina in una danza teatrale che potrebbe non avere mai fine. I personaggi si incontrano tra loro, si presentano al pubblico, inciampano su loro stessi, si rivelano poeticamente inadeguati.

E ci sollevano nell’umore e nello stato d’animo.

Non vi sono periodi più duri, più cupi e più tristi del nazifascismo. Eppure con le pagine di Gian Marco Griffi ci sorprendiamo a ridere: qualcuno ha scomodato la comicità dei Monty Python. E non solo la risata è dolce, ma può diventare sberleffo quando ci accorgiamo che in molte occasioni i destini degli ultimi, dei goffi, dei disagiati, anche senza volerlo, diventano forme di boicottaggio del potere e dei suoi piani deliranti.

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