La Gaza Humanitarian Foundation (GHF) è un’organizzazione istituita in fretta e furia a febbraio scorso con l’obiettivo di distribuire aiuti umanitari alla popolazione palestinese di Gaza in risposta al blocco di 11 settimane imposto da Israele all’ingresso di generi alimentari nel territorio. Questa è la versione ufficiale fornita dalla propaganda di Benjamin Netanyahu.

La verità è sotto gli occhi di tutti ormai da tempo: la distribuzione di cibo da parte della Gaza Humanitarian Foundation è un’esca usata per attrarre Palestinesi e sparargli contro. Sono tante ormai le prove documentarie, i video che mostrano gli spari sulla popolazione che aspetta di ricevere il cibo dalla GHF. Una trappola mortale, come è stata definita dall’Onu, e aggiungerei diabolica: bloccare gli aiuti umanitari veri e fare arrivare il cibo solo attraverso una macchina organizzativa manovrata per uccidere chi, spinto dalla disperazione, si avvicina per ricevere qualcosa.

Come è nata la Gaza Humanitarian Foundation

Come è iniziato l’inganno? Fino ad ottobre 2023, nella striscia di Gaza arrivavano circa 600 camion al giorno di aiuti umanitari ad opera dell’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) ovvero l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente.

Quando però è iniziato il conflitto armato Israele-Hamas in risposta all’attentato terroristico del 7 ottobre ’23, gli aiuti umanitari sono stati rapidamente ridotti. Dopo un anno, a ottobre 2024, erano stati ridotti a 80 i camion autorizzati a raggiungere il nord di Gaza, come testimonia la fonte Unicef in un documento di dieci mesi fa in cui denuncia già i livelli allarmanti di malnutrizione.

Poi a marzo 2025 l’embargo totale: Israele vieta definitivamente ogni ingresso di camion di cibo e medicinali nella Striscia con la scusa che Hamas si sarebbe infiltrato nell’UNRWA. E’ la fine.

La grande menzogna della
Gaza Humanitarian Foundation

E’ a questo punto che compare la Gaza Humanitarian Foundation, l’unica autorizzata a distribuire cibo ai Gazawi. La sua costituzione è a dir poco inquietante: istituita in Svizzera con finanziamenti del Dipartimento di Stato Statunitense (come affermato da The Guardian), di imprenditori americani e di ex membri del governo israeliano, la GHF opera fin da subito sul campo senza esperienza né preparazione, violando i diritti umani, tanto che le autorità svizzere ne chiudono subito il ramo svizzero, come documenta la Reuters il 2 luglio scorso. Secondo quanto spiegato dal giornalista Andrew Roth su The Guardian, uno dei più importanti e autorevoli quotidiani britannici, alcuni alti dirigenti si dimettono subito dalla GHF affermando che la missione dell’organizzazione umanitaria è “politicizzata” e segnalando stretti legami e collaborazioni con il governo israeliano.

Così la GHF subentra sul campo andando a sostituire, da sola, un totale di 200 Ong coordinate dall’ONU. Il risultato è devastante: la distribuzione dei viveri, che in passato avveniva in 400 diversi siti, viene ridotta a soli 4 siti, dove la popolazione palestinese si ammassa in migliaia, con il chiaro obiettivo di concentrare i Palestinesi in aree target facilmente colpibili. A quel punto intervengono i soldati che, con la scusa di disperdere la folla per evitare incidenti, indirizzano gli spari proprio verso le persone ammassate in attesa di cibo.

E’ quanto denunciato ormai da tutta la stampa indipendente e in particolare da Reliefweb, il portale di informazione umanitaria fondato nel 1996 e gestito dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari.

Reliefweb spiega infatti che il modello operativo di GHF prevede proprio l’attrazione di civili in luoghi specifici, coordinati con l’esercito israeliano, dove vengono uccisi, feriti e sottoposti a trattamenti crudeli e degradanti. Questi luoghi sono diventati di fatto trappole mortali, utilizzate come strumenti nel genocidio israeliano in corso contro la popolazione palestinese da oltre 20 mesi.

L’inchiesta agghiacciante di Haaretz

La conferma definitiva e inequivocabile arriva dal quotidiano israeliano Haaretz che ha pubblicato un’inchiesta che raccoglie le testimonianze e le denunce di molti soldati israeliani dell’Associazione Veterani Israeliani Breaking the silence: in forma anonima i soldati hanno confermato di aver ricevuto ordini di sparare sui civili. Killing fields vengono chiamati i siti di distribuzione del cibo, ovvero campi di sterminio, dove ai soldati dell’IDF viene ordinato di sparare deliberatamente contro i cittadini di Gaza disarmati in attesa di aiuti umanitari.

Ma basta consultare il sito Breaking the Silence per leggere i raccapriccianti racconti degli stessi soldati israeliani a proposito delle uccisioni e delle efferate violenze compiute nei confronti dei Palestinesi dall’IDF (Forze di Difesa di Israele), ovvero l’esercito israeliano, che a questo punto, in coscienza, non può più essere chiamato “forza di difesa”.

Ora ci si chiede come sia stato possibile, da parte di tutta la comunità internazionale, considerare accettabile la sola idea di sostituire il lavoro di duecento Organizzazioni Non Governative con quello di una sola organizzazione appena nata e quindi priva di esperienza. Già prima di constatare che la GHF avrebbe operato non come distributrice di cibo ma come esca per favorire lo sterminio, si sarebbe dovuto impedire questa arbitraria sostituzione.

Ora che tutta la verità è venuta alla luce bisogna reagire. Ecco perché oggi parte la più grande iniziativa umanitaria di questo secolo, la Global Sumud Foundation. Migliaia di persone, tra cui medici, artisti, avvocati, marinai, giornalisti, e persone che hanno semplicemente deciso di dire basta, si sono unite tra loro per partire alla volta di Gaza e portare aiuti, cibo e medicinali. Sono 44 delegazioni dai Paesi di tutti i continenti, coordinate da quattro diverse organizzazioni: Freedom Flotilla Coalition, Global movement to Gaza, Maghreb Sumud Flotilla e Sumud Nusantara.

Il manifesto di Global Sumud Foundation

 Quando il mondo resta in silenzio noi salpiamo. Questo è lo slogan della Global Sumud Foundation, il cui manifesto dice “Il popolo palestinese non ha bisogno di essere salvato. Può salvarsi da solo. Noi stiamo solo ascoltando ciò che chiede, e ciò che chiede è che i suoi diritti vengano rispettati: il diritto a vivere, il diritto a nutrirsi, il diritto a muoversi, il diritto a essere libero, il diritto a essere libero con dignità”. La Global Sumud Flotilla “non è soltanto umanitaria, ma fondamentalmente morale: chiede la fine dell’assedio, delle tattiche di fame forzata, della disumanizzazione sistematica dei palestinesi e del genocidio. Gli organizzatori hanno condannato la complicità dei governi occidentali e arabi, invitando le persone ovunque a chiedere giustizia e responsabilità”.

Aspettando che le imbarcazioni arrivino, cosa possiamo fare nel frattempo? Tenere accesi i fari sull’iniziativa, supportarli pubblicando il logo della Global Sumud Foundation sui nostri profili social, e vigilare su di loro, attraverso tutti i media, che non gli sia fatto del male.

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