“Il Cortile delle sette fate” di Nadia Terranova: storia di sorellanza e libertà
Nadia Terranova racconta Palermo al tempo dell'Inquisizione ma nella sua Sicilia fantastica trionfano le donne.
Nadia Terranova racconta Palermo al tempo dell'Inquisizione ma nella sua Sicilia fantastica trionfano le donne.
“La letteratura per ragazzi significa soprattutto libertà, e gli adulti che non hanno smesso di leggerla sono esseri umani più liberi di altri”, così scrive Nadia Terranova nella sua raccolta a tema Un’idea di infanzia (Italo Svevo, 2019). Un invito a liberarsi dai generi e dalle divisioni, a non accettare imprigionamenti, e a scoprire cosa emerge dalla terra fantasmatica dell’infanzia, che è sempre il luogo delle cose assolute, delle geometrie espanse.
Questa libertà è anche uno dei temi de Il Cortile delle Sette fate, la sua nuova favola edita da Guanda e illustrata da Simona Mulazzani che racconta lo splendido incastro di storie di due personagge: Arte, una gatta dal pelo moretto che deve il suo nome e una certa indole segreta alla dea della caccia, e Carmen, bambina girovaga e scarmigliata, cresciuta nel bosco e allevata da lupi e da lepri, e poi ancora da donnole, martore, ricci. Tutte e due corrono, in direzioni opposte, per le strade di Palermo nella magica notte di San Giovanni del 1586, per sfuggire al pericolo più grande nei tempi oscuri e folli dell’Inquisizione: essere catturate e condannate per stregoneria.
“Quei tipi che se ne vanno in giro con quel libro sottobraccio, gli inquisitori, hanno sparso ovunque un’aria putrida, instillano sospetto e diffidenza, aizzano tutti contro tutti. Nel loro libro, il Malleus Maleficarum, una specie di manuale per la caccia alle streghe, ci sono indicazioni su come e quanto odiare le donne, e loro hanno iniziato a odiare quelle con i capelli rossi e hanno finito per odiarle tutte”.
Quella di San Giovanni è la notte più breve dell’anno e anche quella in cui fioccano leggende: col solstizio d’estate e il sole inclinato a favore di incantesimo, gli elementi della natura vengono investiti da poteri miracolosi ed ogni cosa diventa possibile.
Così accade che nell’epoca più ostile alle donne e alle femmine di ogni specie, alcune fate si ritrovino di notte in un cortile a cantare e danzare attorno a una bambina vestita di pezze, mentre una gatta nera alla sua terza vita osserva la scena da una crepa in un muro.
Il cortile delle sette fate è una favola ipnotica e una metafora complessa che ha la forza di veicolare temi universali come la sorellanza e il potere salvifico dell’unione nella storia delle donne. Negli spazi angusti dell’ignoranza e della superstizione, la danza corale delle fate riunite in cerchio diventa l’unico rito possibile per nominare il dissenso e resistere al male. Ma anche per comprendere che non sempre si arriva al bersaglio puntandolo. Spesso occorrono vacillamenti e volteggi, onde di venti, bisbigli segreti.
In un sussurro lungo quanto una notte, dentro al suono preciso – altissimo – delle parole indicibili, Nadia Terranova soffia vento selvaggio sugli anni della caccia alle streghe e accende la storia di nuove speranze e piccoli grandi insegnamenti: per cambiare i mondi storti e i pensieri nebbiosi, spesso basta cercarsi dentro – poi accanto – e vedere dov’è che brilla la luce.
“I pensieri negativi sono quelli che qualcuno chiama diavolo. Si impossessano della mente di chi li partorisce e non se ne vanno più, inquinano il cuore e i sentimenti, fanno calare le tenebre, creano paura, odio, sospetti”.