Il piano Lollobrigida. L’esercito contro i cinghiali
Un inquietante Decreto Legge prevede l'uso dell'esercito contro i cinghiali e sanzioni contro le attività di disturbo alla caccia.
Un inquietante Decreto Legge prevede l'uso dell'esercito contro i cinghiali e sanzioni contro le attività di disturbo alla caccia.
Mentre prosegue l’iter della proposta di legge del deputato Bruzzone che di fatto liberalizza l’attività venatoria, il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida sferra un attacco frontale a chi difende i diritti animali. Sono di pochi giorni fa le dichiarazioni di quest’ultimo contro lo status di essere senziente attribuito agli altri animali:
“l’unico essere senziente è l’uomo”,
ha affermato, in spregio al Trattato di Lisbona, a una mole impressionante di dati scientifici e al buon senso di chiunque abbia avuto a che fare con un animale.
Ma soprattutto, come denunciato dalla Rete dei Santuari di Animali Liberi e da altre associazioni, Lollobrigida ha approntato un inquietante Decreto Legge che prevede l’uso dell’esercito contro i cinghiali e sanzioni contro le attività di disturbo alla caccia. La bozza, presentata in CdM lunedì 6 maggio, prevede una serie di interventi a tutela del settore agroalimentare. Fra questi, alcune misure per il contrasto alla peste suina africana (PSA).
Come denunciato dalla Rete dei Santuari, la bozza individua nei cinghiali il perfetto capro espiatorio per l’emergenza PSA, non potendo indicare i veri responsabili in un’industria, quella suinicola, crudele e devastante per l’ambiente. In una parola: insostenibile.
Uno schema già visto, se penso a Sairano e all’accanimento contro i maiali del santuario Cuori Liberi, sacrificati per preservare una filiera che aveva rivelato pratiche illegali, pericolose dal punto di vista sanitario e che al tempo stesso chiedeva – ottenendoli – indennizzi miliardari e pugno di ferro contro i rifugi antispecisti. La prima mossa è, come sempre, ingigantire il ruolo dei cinghiali. Come ha sottolineato OIPA, infatti, il Bollettino Epidemiologico sulla Peste Suina Africana è ben lungi dal giustificare un tale allarme.
La seconda mossa è quella di organizzare lo sterminio. Se prima sembrava sufficiente dare mano libera ai cacciatori, ora Lollobrigida dispone espressamente l’uso dell’esercito: 177 unità del personale delle Forze Armate saranno incaricate di uccidere i cinghiali. Ma attenzione: l’esercito non è soltanto per gli animali.
Il Ministro ha pensato anche a chi prova a difendere concretamente i diritti animali, per esempio con attività pacifiche di contrasto alla caccia. L’esercito potrebbe svolgere funzioni di ordine pubblico, e, sottolinea la Rete dei Santuari, il testo
“dispone per tuttə lə attivistə che contrastino in qualsiasi modo le attività di abbattimento degli animali, il loro trasferimento in caserma, l’identificazione e la possibilità di essere trattenute fino a 24 ore”.
Il tutto, per inciso, stanziando una quantità non indifferente di soldi pubblici.
Quello che l’industria zootecnica e il ministero stanno imponendo con una determinazione crescente è un percorso sconsiderato in direzione del collasso ambientale, dello sterminio di maiali e di cinghiali, per il profitto di pochi. Un percorso che da una parte ribadisce come gli esseri senzienti siano, per il capitalismo, meri oggetti, e come tali imprigionabili e, in caso di malattia, sacrificabili anche in massa. Dall’altra, si tratta di una visione del mondo che necessita di un nemico esterno cui addossare le colpe del modello produttivo occidentale, permettendo al tempo stesso alle frazioni più deteriori della società umana di sfogare i peggiori impulsi.
Per questo, credo che a Lollobrigida, all’industria suinicola e al comparto agroalimentare in generale dia fastidio chi, come i rifugi antispecisti, coltiva giorno dopo giorno altre modalità di relazione con il vivente. Chi si prende la briga di difendere anche un solo maiale, per il valore intrinseco che quel soggetto possiede. Chi sperimenta la costruzione di vere e proprie famiglie multispecie al di fuori delle logiche dello sfruttamento commerciale.
Per questo, la prima cosa che dovremmo fare, come persone che non credono a questo modello di sviluppo, è sostenere realtà come la Rete dei Santuari di Animali Liberi e gli altri rifugi per animali sottratti all’industria della carne e del latte. Occorre sostenerne i progetti, la visione, e le mobilitazioni che metteranno in campo contro la militarizzazione dei boschi e il finanziamento pubblico agli allevamenti.