Per quanto sia evidente il grande impatto che i sistemi di Intelligenza Artificiale hanno nel progresso tecnologico recente, non sempre ne vengono messe in luce le implicazioni – e i possibili benefici – nell’ambito culturale e sociale.

Negli ultimi anni si è assistito a una vera e propria rivoluzione digitale, e ormai la nostra quotidianità non può prescindere da algoritmi, computer e sistemi che trovano applicazione in molteplici settori.

Intelligenza artificiale e accessibilità

Tra questi innumerevoli campi di applicazione, uno dei più promettenti è senz’altro quello dell’accessibilità, ovvero lo sviluppo di sistemi progettati per abbattere barriere di ogni tipo, consentendo un accesso sempre più inclusivo e universale. Si tratta di un settore che sarà sempre più cruciale nel prossimo futuro: l’Organizzazione Mondale della Sanità stima, infatti, che entro il 2050 il numero di individui con disabilità cognitive, sensoriali o motorie che necessitano di tecnologie assistive salirà a 3,5 miliardi di persone (oggi sono 2,5 miliardi), soprattutto a causa dell’allungamento delle prospettive di vita, e dunque dell’aumento degli individui anziani (che entro il 2050 si stima saranno il doppio rispetto a oggi).

Attualmente esistono già ambiti in cui i sistemi di Intelligenza Artificiale contribuiscono concretamente al miglioramento delle condizioni di accessibilità. Emblematico è, per esempio, il caso della Computer Vision: questa tecnologia non si limita a riconoscere oggetti, persone o animali in immagini o video, ma ha l’obiettivo di estrarre e contestualizzare informazioni, conferendo significato alle immagini e ricostruendo contesti complessi.

Computer vision, ambiti applicativi

Sul piano applicativo, questa tecnologia può supportare le persone non vedenti nella percezione del mondo che le circonda, descrivendo immagini, leggendo testi, riconoscendo volti ed emozioni. Anche le persone con disabilità uditive possono beneficiare delle innovazioni basate sull’IA: si pensi a quelle applicazioni per dispositivi mobili in grado di tradurre in tempo reale il linguaggio dei segni in testo o voce, o a quei programmi che decifrano il labiale con alta precisione, interpretando il linguaggio in ambienti rumorosi o scarsamente illuminati.

La portata di queste innovazioni tecnologiche non è passata inosservata, e, infatti, nel novembre 2023 l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato un rapporto dal titolo Using Artificial Intelligence (AI) to support people with disability in the labour market, a cui ha collaborato anche il Forum Europeo per la Disabilità (EDF).

Il report si concentra – nello specifico – sul mondo del lavoro, un settore cruciale nell’ambito dell’inclusività: garantire una maggiore accessibilità nell’ambito professionale è infatti un passo fondamentale sulla strada dell’autonomia delle persone con disabilità. Il diritto al lavoro (in Italia sancito dal primo articolo della Costituzione) deve essere tutelato anche – e soprattutto – nei casi di maggiore fragilità: l’utilizzo di tecnologie assistive può dunque dare un contributo fondamentale sulla strada dell’inclusione e della democrazia.

La ricerca dell’OCSE, in particolare, indaga le opportunità offerte dai sistemi di Intelligenza Artificiale, senza però sorvolare sui limiti e i possibili rischi di queste soluzioni. Nello specifico, il rapporto identifica quattro categorie di strumenti basati sull’IA che possono supportare le persone con disabilità nel mondo del lavoro.

Il primo tipo di soluzioni comprende quelle tecnologhe che intervengono direttamente sulle difficoltà incontrate quotidianamente dalle persone con disabilità ed è senz’altro il campo che più si è sviluppato negli ultimi anni. In questo ambito ricadono gli esempi citati sopra, ma anche le interfacce accessibili basate su IA, che permettono di controllare dispositivi tramite movimenti del volto, dello sguardo, delle labbra o addirittura attraverso i segnali cerebrali.

Il secondo gruppo di tecnologie individuato dall’OCSE comprende le «soluzioni di adattamento ambientale» ed è a oggi ancora minoritario. In questi casi l’IA è impiegata per rendere gli ambienti accessibili a tutti, indipendentemente dalla condizione di disabilità. Si tratta dunque di un tipo di tecnologia che non demanda al singolo la ricerca di una soluzione per rendere praticabile l’ambiente di lavoro ma punta a creare spazi già accessibili a chiunque.

Il terzo tipo di soluzioni punta invece a migliorare l’accessibilità attraverso una serie di interventi che operano su un piano più generale e astratto rispetto alle soluzioni specifiche per un singolo problema. In questo ambito, i sistemi di IA supportano indirettamente l’accessibilità, grazie a strumenti che non si limitano a risolvere esigenze particolari, ma creano un’infrastruttura più ampia e adattabile, in grado di rispondere a una varietà di bisogni e situazioni. Ad esempio, gli algoritmi di raccomandazione possono abbinare i dipendenti alle tecnologie assistive sulla base dei loro profili di abilità, dati storici e feedback degli utenti.

Il quarto e ultimo gruppo di soluzioni sfrutta l’IA per creare nuove opportunità lavorative per persone con disabilità. Alcune aziende, per esempio, reclutano persone neurodiverse per attività come l’etichettatura dei dati e il testing software, sfruttando la loro capacità di concentrazione. Queste iniziative non solo valorizzano talenti spesso sottovalutati, ma dimostrano anche che l’inclusività e la produttività non sono necessariamente in conflitto tra di loro.

È insomma evidente che le soluzioni basate sull’IA possano rappresentare un salto qualitativo rispetto alle tecnologie di accessibilità precedenti, soprattutto grazie alla loro applicabilità su larga scala. Un singolo algoritmo può essere utilizzato infatti in numerosi scenari e per diverse disabilità, laddove le tecnologie assistive precedenti tendevano a essere specifiche per un solo scopo.

Photo by Gerd Altmann on Pixabay

Le criticità vanno monitorate

È tuttavia importante sottolineare che, l’utilizzo dei sistemi di Intelligenza Artificiale nel campo delle tecnologie assistive porta con sé alcune criticità, che devono essere monitorate. L’IA, infatti, evolve, si modifica e acquisisce autonomia, ma, è necessario che sia sempre orientata verso il rispetto dello stato di diritto, dei valori democratici e dunque dei diritti umani. È fondamentale che questi sistemi siano sviluppati in conformità ai principi di equità, inclusione e tutela della privacy. Tali valori etici diventano ancora più imprescindibili quando le tecnologie si rivolgono in maniera specifica a utenti fragili, come le persone con disabilità.

Tra le problematicità presenti in queste tecnologie, una delle più rilevanti è la presenza di bias nei dati di addestramento. I dataset utilizzati potrebbero infatti non rappresentare adeguatamente le persone con disabilità, causando prestazioni insoddisfacenti per questa fascia della popolazione. Per ovviare a tali criticità, è essenziale che i ricercatori adottino dati diversificati e inclusivi, in grado di riflettere la varietà delle esperienze delle persone con disabilità. In questo senso un’altra criticità riguarda proprio la sicurezza dei dati degli utenti e il rischio di utilizzi coercitivi o discriminatori della tecnologia. Nel caso specifico delle persone con disabilità occorre prestare molta attenzione nel far convivere la tutela del diritto alla privacy con la necessità di raccogliere dati personali, che molto spesso sono imprescindibili per garantire l’accesso a prestazioni sociali e a programmi di welfare.

Inoltre, i sistemi di Intelligenza Artificiale per funzionare al meglio spesso devono integrarsi con altre soluzioni tecnologiche, come il riconoscimento vocale, il feedback aptico o i dispositivi robotici: questa integrazione può risultare complessa a causa delle differenze tra le interfacce e delle modalità di input richieste da ciascuna tecnologia. È necessario, dunque, sviluppare sistemi assistivi maggiormente armonizzati, capaci di operare in modo fluido con altri strumenti tecnologici. Un ulteriore ostacolo è rappresentato dal costo elevato di molti strumenti assistivi, che può limitarne l’accesso per le persone con disabilità che non dispongono di risorse economiche adeguate. Infine, l’adozione e l’utilizzo di queste tecnologie possono essere ostacolati da fattori sociali e culturali, come atteggiamenti negativi verso la disabilità o una scarsa conoscenza dei vantaggi che queste tecnologie possono offrire. Per superare tali barriere, è indispensabile un lavoro collaborativo tra ricercatori, persone con disabilità, caregiver e altri attori chiave, volto a promuovere una maggiore consapevolezza.

Per affrontare queste sfide è essenziale formare figure professionali capaci di coniugare competenze etiche e sociologiche con una profonda conoscenza degli studi sulla disabilità e dei principi del design universale, che è definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con Disabilità  come

«la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate».

È allora fondamentale coinvolgere le persone con disabilità nei processi di innovazione tecnologica, valorizzando il loro contributo esperienziale per guidare lo sviluppo di soluzioni realmente inclusive. L’IA rappresenta uno strumento plasmato dall’essere umano, ed è pertanto quest’ultimo a determinarne gli obiettivi e le potenzialità. Per assicurare uno sviluppo tecnologico adeguato, che tenga conto delle esigenze delle persone con disabilità, è necessario un impegno congiunto da parte di tutti gli attori coinvolti, nell’ottica di un progresso inclusivo e vantaggioso per l’intera collettività.

[In collaborazione con Agnese Macori]

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