“Immaginavamo che avremmo trovato qualcosa di importante, ma quando ha cominciato a farsi strada la possibilità che si trattasse proprio del teatro di Nerone la mia prima reazione è stata “non è possibile, è troppo…”

confessa con un sorriso Marzia Di Mento, archeologa, ricordando la scoperta che circa un anno fa ha visto protagonisti lei e il suo team.

Il teatro di Nerone, tra realtà e leggenda

Un edificio noto attraverso le testimonianze degli storici dell’epoca imperiale ma la cui esatta ubicazione, anzi la stessa esistenza, restavano sospese tra realtà e leggenda. Perché dopo la morte del famigerato tiranno incendiario – così lo ha dipinto una storiografia ostile e così è entrato nel nostro immaginario ma, avverte la nostra ospite, della figura di Nerone molto ci sarebbe da rivedere e riscrivere – tutto ciò che riconduceva a lui era stato condannato alla cancellazione, e così pure il teatro in cui probabilmente provava i suoi spettacoli canori. Ma anche i frammenti che ne rimangono bastano a suggerire una struttura maestosa.

Si direbbe comunque che la damnatio memoriae abbia funzionato al contrario, perché il nome di Nerone continua ancora oggi ad affascinare. Non solo gli addetti ai lavori, che hanno accolto la notizia del ritrovamento con comprensibile interesse, ma anche i cittadini romani. I quali, peraltro, con il patrimonio archeologico della loro città hanno un rapporto ambiguo: tanto pronti a lamentarsi quando la Soprintendenza blocca la realizzazione di un progetto o semplicemente uno scavo intralcia il traffico, quanto a tentare con ogni mezzo di intrufolarsi nel cantiere per vedere i resti riportati alla luce.

Emozione, entusiasmo, soprattutto responsabilità: dal punto di vista di un’archeologa una scoperta di questo rilievo significa documentare scrupolosamente ogni dettaglio, mettere a disposizione della comunità scientifica quante più informazioni possibili utili a ricostruire la vita di una struttura e di un’epoca. Perché l’archeologia non è solo scavo nel passato, ma nelle fondamenta di un presente che continua a nutrirsene, più di quanto pensiamo.

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