Attivista, giornalista e scrittrice brasiliana, Caroline Criado Perez racconta nel suo libro Invisibili edito in Italia da Einaudi, un mondo, il nostro, totalmente a misura di uomo, che ignora le esigenze e le specificità del genere femminile.

A questa conclusione si arriva partendo dai dati, ovvero la preziosa materia in cui oggi siamo totalmente immersi e a cui istituzioni, operatori economici e finanziari, e chiunque contribuisca a creare il mondo come lo conosciamo attinge continuamente per prendere decisioni, elaborare progetti e strategie e, di fatto, agire con effetti concreti e immediati sulla realtà.

Già da questa riflessione è possibile comprendere facilmente quanto i dati siano qualcosa di fondamentale e quanto, altrettanto fondamentale siano la loro raccolta, classificazione e analisi.

Il punto è, come sostiene Caroline Criado Perez, che siamo immersi in un mondo che pensa al maschile, agisce al maschile, costruisce, progetta e sviluppa al maschile, confondendo quel genere con l’universale, e fondando questa convinzione su ciò che viene considerato più oggettivo e neutro possibile, ovvero i dati.

Ma che succede se i dati sono raccolti in modo lacunoso, approssimativo e, soprattutto, non vengono disaggregati diventando tutta un’erba nel fascio universale che, per consuetudine, vuol dire maschile?

Succede che il mondo viene disegnato e realizzato non considerando in alcun modo le esigenze di circa la metà della popolazione mondiale, che viene costretta ogni giorno ad adattarsi, come può o finché può, a questa realtà che non ne considera la natura né le necessità.

E se questa è la realtà che viviamo oggi, quali speranze abbiamo che migliori domani, quando sempre più attività, funzioni, opere saranno affidati all’intelligenza artificiale, algoritmi sviluppatissimi che però, per svolgere tutte le loro incredibili funzioni si basano appunto su dati che vengono raccolti e selezionati dagli umani chiamati a programmarli?

Se nemmeno oggi gli umani si preoccupano di avere in mano dati che tengano in considerazione le esigenze del genere femminile, cosa succederà quando questi stessi dati lacunosi e superficiali diventeranno la base su cui si svolgeranno molte più azioni, produzioni e funzioni?

Le conseguenze di questa grave e più o meno conscia mancanza coinvolgono tutti i livelli della nostra vita sociale e individuale. L’assoluta carenza di dati che abbiano come fonti le donne e le loro esigenze, fisiologie e necessità, si riflette sia sulle piccole e grandi attività della vita quotidiana, sia su temi più ampi e complessi, come quelli del sostentamento attraverso il lavoro e della salute delle donne, solo per citarne due.

Come dimostra l’autrice brasiliana nel suo ben documentato libro, si spiega con la mancanza di dati disaggregati il perché le donne debbano sempre fare file più lunghe per accedere ai bagni pubblici, perché debbano ritrovarsi a soffrire il freddo negli uffici, ma anche perché siano più spesso soggette alla morte in caso di incidenti automobilistici o perché sia più difficile diagnosticare loro tempestivamente un attacco di cuore, dando più chance di vita.

L’inchiesta di Criado Perez ci chiarisce bene che, in questo mondo, ancora oggi, quando pensiamo, parliamo, scriviamo, ci adattiamo al maschile e lo facciamo perché la nostra cultura ci dice che il maschile è universale, ovvero il genere su cui tutto va tarato, a misura del quale tutto va costruito e pensato.

E’ evidente come un mondo che ci costringe a pensare in questi termini, così radicati da essere ormai introiettati inconsciamente anche dalla maggior parte delle donne, sia innanzitutto un mondo palesemente ingiusto e che non può che alimentare disparità e discriminazioni.

Ma è anche un mondo che rende concretamente e maledettamente più difficile la vita, e a volte anche la morte, di metà della popolazione, considerata solo una variante del genere principale, quello maschile, e dunque secondario e costretto a sottostare a modelli, esigenze e visioni altrui, senza poter trovare spazio concreto di espressione e rivendicazione.

Il tutto coperto con la patina della falsa oggettività di dati che oggettivi non sono perché raccolti in modo generico e quindi incapaci di fornirci la base per analisi davvero approfondite, eque e complete sulle quali sì, bisognerebbe basarsi per prendere le decisioni necessarie a rendere il mondo il luogo dove abita l’umanità, nella sua completezza.

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