I primi gruppi di cristiani LGBT+ in Italia sono cominciati a apparire nei primi anni ’80.

In Nord America il movimento dei credenti omosessuali e transessuali era, in realtà, nato molti anni prima e aveva già prodotto significativi contributi di stimolo sia pastorale sia teologico.

In Italia molti fattori hanno rallentato la nascita di questo movimento. Ne cito alcuni: la presenza diretta della Chiesa Istituzione, la mancanza di confronto con altre religioni e confessioni cristiane, la prevalenza del patriarcato come modello sociale.

I gruppi italiani all’inizio sono sorti a livello territoriale, cittadino, per esigenze quasi private; le persone si riunivano in case private o in sale affittate per poter pregare insieme, conoscersi, scambiare il proprio vissuto.

Uno dei promotori principali fu Ferruccio Castellano che, nei primi anni ’80, vagheggiò l’idea di mettere insieme tutti i gruppi in una rete nazionale. Il suo sogno naufragò nella evidenza che le persone non condividevano il suo desiderio e Ferruccio finì la sua esistenza suicida a causa di tante delusioni che si erano incrociate.

Visibilità e partecipazione per i gruppi LGBT+

Piano piano, però, con il passare degli anni, alla dimensione protetta si cominciò ad affiancare il desiderio di visibilità e partecipazione. Lo spirito che animava i gruppi si cominciò a distinguere tra dimensione privata e pubblica, spesso inconciliabili.

Spesso fondamentale è stato il sostegno di chiese protestanti, come quella metodista-valdese che, sin dai primi anni ’80, ospitarono anche dei campi tematici per persone LGBT all’interno del Centro Agape a Prali, un piccolo centro di montagna in provincia di Torino.

Intanto iniziano le richieste di incontri con vescovi e comunità, spesso contrastati dall’alto o, altre volte, protetti dal riserbo.

Con il papato di Bergoglio, sin dalla celebre frase

“Chi sono io per giudicare un gay?”

pronunciata nel 2013 sul volo di ritorno da Rio, le cose iniziano a seguire un nuovo corso. Iniziano esperimenti di pastorale per le persone LGBT+ e, dal totale ostracismo, si passa a una timida accoglienza, a volte a condizione di riservatezza. La dottrina non cambia e rimane la definizione di disordine associata alle persone LGBT+ ma aumentano le occasioni di dialogo, ora anche ufficiale, con i vescovi e le diocesi.

Il recente sinodo ha avuto tra gli argomenti più dibattuti e divisivi proprio la questione LGBT+ e, quindi, non è chiaro capire quando e come potrà avvenire una piena inclusione delle persone LGBT+ all’interno delle comunità cristiane.

Un percorso fragile che rischiava di disperdersi

La lunga marcia delle persone cristiane LGBT+ è un percorso, quindi, molto fragile, fatto di partenze e arresti improvvisi, di nascita di gruppi e contemporanea scomparsa di altri. Di impegno di persone che, poi, sembrano essere svanite nel nulla, forse stanche e disamorate dal protrarsi dell’esilio.

Un percorso fragile che rischiava di disperdersi nell’oblio. L’unico esperimento di sistematizzazione era avvenuto con il Centro Studi Ferruccio Castellano, un patrimonio documentale vasto ma parziale, ospitato per decenni in un archivio del Gruppo Abele di Torino e ora traslocato definitivamente nella nuova sede dell’Archivio del Centro di documentazione MAURICE GLBTQ di Torino.

Esce oggi, per rendere giustizia al contributo delle persone LGBT+ nella vita della Chiesa, il libro Credenti LGBT+ Diritti, fede e Chiese cristiane nell’Italia contemporanea, edito da Carocci e scritto dallo storico Matteo Mennini su incarico di Cammini di Speranza, associazione nazionale persone LGBT+ cristiane, e il contributo dell‘8xmille della Tavola Valdese.

Il libro ripercorre gli ultimi 30 anni del movimento dei cristiani LGBT+ a partire da una capillare ricerca di fonti documentali avvenuta in tutta Italia e attraverso la collaborazione di moltissimi gruppi e persone.

Un lavoro prezioso che organizza e fissa nero su bianco contributi spesso frammentati.

Di recente si è svolta 4 Weeks 4 Inclusion, la maratona di eventi dedicati all’inclusione e alla valorizzazione delle diversità, ideata da TIM nel 2020 e oggi arrivata alla quarta edizione con la collaborazione di più di 400 tra aziende, associazioni ed università.

Per la prima volta, all’interno della manifestazione, si è parlato di fede e omosessualità, con il webinar La lunga marcia dei cristiani LGBT+ organizzato da Cammini di Speranza, partner di 4 Weeks 4 Inclusion, e con la partecipazione di Alessandra Gastaldi, presidente di Cammini di Speranza, Gianni Geraci, portavoce de Il Guado, Simone Cerio, autore del libro fotografico “Religo” e, appunto, Matteo Mennini.

L’evento “La lunga marcia dei cristiani LGBT+” organizzato all’interno di 4 Weeks 4 Inclusion 2023

Ho intervistato Matteo Mennini, autore di Credenti LGBT+. Diritti, fede e Chiese cristiane nell’Italia contemporanea, per rivolgergli alcune domande sulla genesi del suo lavoro di ricerca storica e sulle principali evidenze emerse.

Matteo Mennini, autore del libro
Credenti LGBT+
Diritti, fede e Chiese cristiane nell’Italia contemporanea


È dottore di ricerca in Storia del cristianesimo e delle Chiese e docente di Cristianesimo e globalizzazione nel Dipartimento di Studi umanistici dell’Università Roma Tre. Ha pubblicato vari saggi sull’educazione cristiana nello Stato pontificio e sulla religiosità a Roma; si è occupato del dibattito sulla povertà durante il Concilio Vaticano II (La Chiesa dei poveri. Dal Concilio Vaticano II a papa Francesco, Milano 2017) e sul rapporto tra Chiesa cattolica e diritti umani.

(foto: proprietà dell’autore per sua concessione)

Matteo, come è nato il progetto di ricerca che c’è dietro a questo libro?
L’idea di questo progetto è nata studiando i gruppi del dissenso cattolico nel periodo della cosiddetta “contestazione” del 1968. Mi resi conto che a livello europeo, a partire dai primi anni settanta, avevano iniziato a muovere i primi passi alcuni gruppi di credenti LGBT che rivendicavano il loro diritto di appartenere alle chiese cristiane ed essere accolti per quello che erano, senza dover continuare a nascondere il proprio orientamento sessuale. Mi colpì il fatto che in Italia le prime esperienze partirono intorno al 1980, con dieci anni di ritardo rispetto a quelle statunitensi, francesi, inglesi e tedesche.

Così ho iniziato a occuparmi di questa storia, consultando la documentazione contenuta nell’archivio del Centro Studi Ferruccio Castellano di Torino, poi raccogliendo documenti privati e infine intervistando alcuni dei protagonisti. Il progetto di un libro, a quel punto, fu condiviso con l’Associazione Cammini di Speranza che se ne è fatta promotrice ottenendo un contributo dall’Otto per Mille della Tavola Valdese, grazie al quale è stato pubblicato il volume.

Cosa ti aspettavi di trovare?
Innanzitutto, devo ammettere che non credevo sarei riuscito a trovare la quantità di documentazione che, alla fine delle ricerche, ho avuto a disposizione. Fin dall’inizio della loro vicenda – e il merito fu in particolare di Ferruccio Castellano (1946-1983) che a Torino diede il via a tutto il movimento – le esperienze di aggregazione di credenti LGBT compresero quanto fosse importante raccogliere e conservare documentazione, una scelta che si sarebbe dimostrata fondamentale nel momento in cui iniziarono a uscire dall’anonimato e costruire reti e contatti su tutto il territorio nazionale.

Detto questo, all’inizio delle ricerche mi aspettavo di trovare una storia di isolamento e di anonimato che invece ben presto mi ha rivelato un volto diverso: ho conosciuto una galassia di esperienze religiose che ha al suo interno una ricca varietà di accenti e di sfumature, seppure con prospettive e punti di vista molto differenti tra loro.

Alla fine del lavoro, cosa hai imparato dalla storia dei cristiani LGBT?
Nel maggio 2009 a Firenze si incontrarono molti cattolici accomunati da un disagio nei confronti dei vertici ecclesiastici e dalla convinzione che “il Vangelo basta”, come recitava lo slogan di quell’incontro che voleva affermare l’esigenza di tornare all’essenziale dello stile di Gesù di Nazaret per collocarsi nel contesto sociale e politico. Dalla vicenda dei cristiani LGBT ho imparato come sia radicata e sentita questa esigenza di ritorno autentico al Vangelo e alla sua carica di innovazione e rottura con uno stile autoritario.

Negli incontri dei gruppi che ho potuto frequentare in questi anni, mi hanno colpito le tante e i tanti giovani che stanno ridisegnando spazi inediti per celebrare la propria fede cristiana, a volto scoperto, convinti, appunto, che il Vangelo basta.

Se dovessi tradurre in una parola i 30 anni di cammino dei cristiani LGBT italiani quale sceglieresti e perché?
Scelgo la parola “ricerca”, perché esprime l’impegno, l’attivismo, la fatica intrapresi per poter affermare le proprie istanze in un contesto che si presentava, negli anni settanta, decisamente stigmatizzante. Ho strutturato il libro in tre capitoli che vogliono seguire la storia dei cristiani LGBT fino all’anno 2000 e i titoli dei capitoli esprimono secondo me non solo le tappe cronologiche di quel percorso, ma anche le tappe di quella “ricerca” che ogni credente LGBT vive all’interno della propria comunità cristiana: uscire dalle catacombe; convertire le chiese; essere cristiani LGBT.

Per passare, appunto, dall’anonimato e dalla marginalizzazione simbolizzata dall’immagine della catacomba alla piena consapevolezza di essere una cristiana o un cristiano LGBT, integrando in sé anche gli elementi in conflitto di queste identità, è necessario un profondo lavoro di ricerca, sia di tipo biblico e teologico, ma anche psicologico.

Quale è stato l’incontro più significativo?
È una domanda difficile perché tutti gli incontri e le interviste mi hanno regalato qualcosa. Ricordo particolarmente gli incontri con lo scrittore Piergiorgio Paterlini che nella seconda metà degli anni Settanta era vicino a Ferruccio Castellano e fu tra i primissimi a scrivere di fede e omosessualità su riviste di ambito cattolico.

Pur avendo lasciato molto presto il contatto con i primi gruppi e aver preso le distanze dalla fede cattolica, il racconto di Paterlini mi ha permesso di comprendere alcuni nessi che vi furono tra diverse personalità che ruotavano intorno ad esperienze come Cristiani per il socialismo o gruppi dissenzienti interni a movimenti come Fuci e Azione Cattolica: dentro quei contesti, infatti, alcuni giovani omosessuali trovarono le categorie adatte a esprimere una condizione avvertita come intollerabile soprattutto per chi non voleva rinunciare a stare dentro la comunità cristiana da protagonista.

Cosa pensi che la Chiesa e le comunità possano imparare dalla storia dei cristiani LGBT?
Nelle tradizionali posizioni di alcune chiese cristiane, in particolare nella chiesa cattolica, il punto di partenza teologico è che i beni del rapporto di amore tra due persone si manifestano solo nel matrimonio eterosessuale. Credo che questa storia dimostri, non solo grazie alle biografie dei singoli protagonisti, ma per effetto delle numerose ricerche bibliche e teologiche promosse in questi ultimi anni, che vi sono “beni” anche in rapporti dove l’amore tra due persone si configura in altro modo rispetto al matrimonio. E che questi “beni” possono concorrere a edificare la comunità cristiana.

Dal tuo punto di vista di cristiano, cosa ha perso la Chiesa in cammino dall’aver tenuto ai margini le persone LGBT+?
Non solamente per il fatto di non prestare ascolto al vissuto delle persone LGBT, ma più in generale per non considerare i mutamenti che nell’ambito delle sessualità si sono verificati negli ultimi 50 anni, credo che la Chiesa cattolica abbia ridotto la valutazione morale dell’agire umano ad un razionalismo scolastico che, paradossalmente, rende difficile ascoltare la voce di Dio nella storia e nelle storie del suo popolo.

Nelle traiettorie dei credenti LGBT e nella loro ricerca di un posto nella comunità cristiana, così come nelle vicende di tante donne, la Chiesa può ritrovare un elemento che appartiene alla sua tradizione e che in età contemporanea è stato messo in secondo piano dalla progressiva rilevanza storica assunta dal diritto canonico. Si tratta di un principio che Papa Francesco ha ripresentato con chiarezza nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia:

“È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari” (§ 304).

Non ascoltando queste “situazioni particolari” non si può dire la verità sulla moralità dell’agire umano, anche in ambito sessuale.

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