“Chi canta prega due volte”. Ho sempre amato questo frammento del pensiero di Sant’Agostino. Ogni volta che salgo su un palcoscenico per dire una storia accade sempre qualcosa di mistico e le parole si fanno liturgia.

Ho da sempre dato alla poesia un valore civile nella sua forma più alta di preghiera. Il mio editore e compagno Francesco Aliberti mi ha spedito un libro prezioso che ha pubblicato da qualche settimana nella collana d’autore I libri della Salamandra ed è già un caso letterario italiano. “Óra. Difendi, conserva, prega” di Giovanni Lindo Ferretti.

Per leggere questo libro ho aspettato l’ora del tramonto come se dovessi recitar vespri. Ho tenuto il libro fra le mani per ore prima di aprirlo. Ho acceso un incenso ed ho cercato la registrazione di un concerto di Ferretti avvenuto nella Chiesa di San Pietro il tredici dicembre del 2017. La canzone che riempie la stanza è Cronaca filiale ( scritta con i PGR).

Questa lamentazione mi spacca il cuore, devasta ogni fibra, i muscoli si arrendono e gli occhi lasciano entrare il diluvio:

“un figlio adulto, paterno / una madre in bilico / tra ieri e l’eterno / oggi è ieri / domani è eterno / è il quarto comandamento / il nostro inverno contento / non sono quello che avresti voluto / Tu non sei più quella che sei stata e così non ti sei mai immaginata […] quando tu eri forte camminavo lontano / mi giocavo la sorte / nel tempo del tuo bisogno / ti sono vicino ti sono sostegno / per impulso vitale per legge naturale / per languida catena maternale filiale”.

Una supplica che mi ha sempre commosso. Apro le finestre ed è il vento ad aprire il libro e a girare le pagine. In quest’epoca di disastri, deliri, violenza, crudeltà, disumanità arriva la pace di queste preghiere.

Un atto di perdono nell’atto del dolore, nel vuoto delle assenze, delle solitudini, delle sconfitte, della resa, del giorno della felicità prima della sera. Dell’attesa della fine accolta nell’abbandono di un sonno dolce. La mia generazione ha amato Giovanni Lindo Ferretti, nel 1994, Ko De Mondo dei CSI è stata una illuminazione anarchica, laica, rivoluzionaria che ha accesso una stagione di nuova lotta continua esistenziale e generazionale:

“È cavità di donna che crea il mondo / Veglia sul tempo lo protegge / Contiene membro d’uomo che s’alza e spinge / Insoddisfatto poi distrugge / il nostro mondo è adesso debole e vecchi / Puzza il sangue versato è infetto”.

Grazie a Ferretti ho scoperto Beppe Fenoglio con il concept-album La terra, la guerra, una questione privata consolidando in me l’antifascismo:

“Un bersagliere ha cento penne / E l’alpino ne ha una sola / Il partigiano ne ha nessuna / E sta sui monti a guerreggiare / Lassù, sui monti, vien giù la neve / La tormenta dell’inverno / Ma se venisse anche l’inferno / Il partigiano rimane là / Quando, poi, ferito cade / Non piangetelo dentro al cuore / Perché se libero, un uomo muore / Non importa di morire / Quando, poi, ferito cade / Non piangetelo dentro al cuore / Perché se libero, un uomo muore / Non importa di morire”.

Ho amato anche il Giovanni Lindo Ferretti attore/scudiero di Teresa De Sio nel film Craj con il bardo banditore del mio Gargano Matteo Salvatore. Oggi non mi capacito per il Ferretti che vota per un partito di estrema destra tuttavia ammiro il suo magistero liturgico di invito alla preghiera.

Giovanni Lindo Ferretti mi ricorda Flannery O’ Connor, ha la stessa mistica, non si limita a recitare le antiche preghiere tradizionali ma ne aggiunge altre per reggere alla carneficina del dolore. La preghiera è viva. Si rinnova. I poeti come i santi possono.

Questo libro artigianale, sapiente, olfattivo e quotidiano è un tentativo di custodire il bene dello spirito che non è una malinconia personale ma un rito civile, e questo mi rincuora perchè forse Giovanni in una quinta stagione abbandonerà le divergenze e tornerà alle affinità con il compagno Togliatti e renderà giustizia, pregando, per Antonio Gramsci, al quale il suo assassino Mussolini ha impedito di pensare e per quel pezzo di M. Figlio del secolo che Fdi ha riacceso la fiamma, e per questa ragione non comprendo l’endorsement per la Meloni dell’antifascista Giovanni Lindo Ferretti.

Óra ci invita a pregare per il mondo, pregare per chi non sa pregare, pregare per chi non riesce, pregare per chi ha smesso, pregare per chi non c’è più, pregare per chi cerca salvezza.

C’è una ragione alta e altra che cerca Giovanni Lindo Ferretti, una risposta che ha il sapore della terra pagana e il colore di un cielo che si fa lode e consolazione cosmica. L’ascesi di uno solo può valere la redenzione di una moltitudine in affanno, scalza, abbandonata.

Forse nelle preghiere di Giovanni Lindo Ferretti cerco disperatamente un vangelo autentico, una nuova pietà, una follia necessaria. Forse gli attribuisco una profondità laica che celebra l’oblio attraverso il vomito dopo la pubblica funzione di un concerto, nostalgia di una generazione, speranza per i figli, addio per chi l’ha vissuto. La deposizione e il risveglio di Pasolini, l’apocrifa di De Andrè, l’inquietudine del Cristo con la chitarra di Ciampi, l’altissimo e l’ombra della luce di Battiato.

L’anastatica della fede di Giovanni Lindo Ferretti ci rivela il volto della divinità ritrovando la grazia nascosta dell’uomo. Giovanni Lindo di fatto ha sempre pregato anche negli anni del punk con i CCCP. Allora nascono Madre, Amandoti e Annarella, tre preghiere solenni, tre invocazioni, tre tentativi di lenire il dolore con litanie mistiche d’amore.

Amandoti si è materializzata nell’aia di casa un meriggio estivo, immobile, indolente percepisco lo sguardo di mia nonna come fosse alla finestra / mi guardo con i suoi occhi cosa ero diventato? Un cantante! Roba da vergognarsi va beh! Un cantante molto sui generis, genere punk. Una vita di fuga, non dico di salvezza – dai nonna! Guardati poteva andar peggio – Volevo una canzone che potesse piacerle / una melodia un po’ triste, da fisarmonica parole d’amore quell’amore che muove il sole e le altre stelle / quell’amore in cui mi hai cresciuto e che mi sfugge / quell’amore da poco in cui sempre mi imbatto – Amami ancora, fallo dolcemente, un anno un mese un’ora perdutamente. Amami ancora fallo dolcemente /solo per un’ora che sia per sempre”.

Ed ancora oggi Giovanni Lindo Ferretti sa bene che la bellezza non ci salverà e non ci rimane che ritrovare parole perdute, sospendersi ancora, prostrarsi alla terra guardando il cielo dove risiedono guerre in rivoli di orizzonte e rivolgere parole cosmiche di pace e speranza –  Magnificat anima mea Dominum. “solo Dio sa cosa ci aspetta / intanto ridisegno lo spazio”.

Giovanni Lindo Ferretti con Franco Battiato
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