Il male può assumere molte forme. Siamo però abituati a pensare che la violenza fisica abbia un peso superiore di quella psicologica. Le ricerche attuali in campo neurobiologico ci spiegano che non è così a partire da una sottile ma logorante forma di violenza: il narcisismo.

Parlare di violenza. Una delle asserzioni che maggiormente tende ad irritarmi è lo slogan “io sono contro la violenza sulle donne”. E per quanto capisca la funzionalità pratica e fattiva di questo argomento non riesco a comprendere questa specificazione.

La violenza non ha un’identità di genere, la violenza è violenza. Per questo è importante comprendere anche come la violenza nell’orizzonte della nostra specie non sia esclusivamente una violenza di tipo fisico.

Come già ho provato a dimostrare, Homo sapiens ha sviluppato un enorme potenzialità intellettiva nella storia della sua evoluzione e – proprio per questa sua propensione alla tattica, al ragionamento, all’inganno, alla pianificazione – è riuscito a condurre all’estinzione una specie fisicamente molto più forte di lui: Neanderthal.

Che cosa è quindi violenza? Esiste una sola forma di essa oppure no?

Nel testo di Alexander Lowen Il Narcisismo. L’identità rinnegata viene esplicitato come una delle distorsioni principali della nostra epoca sia appunto la sindrome narcisistica che spinge l’essere umano a non avere più nessuna cura dei sentimenti dell’altro facendosi carico solo dei propri.

Ogni azione che si compie si fonda quindi sulle proprie ragioni: come direbbe il filosofo Max Stirner “io fondo la mia causa su me stesso”. Asserzione interessante e forse non necessariamente avvicendabile al narcisismo, ma simbolicamente in grado di farci entrare all’interno della mente del narcisista.

Perché, se il narcisismo è quella dimensione di mancanza di cura che si esplicita in una società che ha sostituito ogni forma di principio comunitario e collaborativo con quello possessivo e competitivo, ciò che avviene nella mente delle personalità narcisistiche è la risposta ad un unico ed esclusivo bisogno: il proprio sé.

Ma cosa significa intraprendere
una relazione con un narcisista?

Questo ci viene ben delineato in un altro testo della Dott.ssa Allegra De Laurenti Nella testa del narcisista, la quale evidenzia come essere nella relazione con un narcisista possa causare un vero e proprio trauma paragonabile e forse superiore a una vera e propria violenza fisica.

Nel mio percorso di ricerca ho voluto sottolineare l’importanza della relazione e di come essa sia fondativa del nostro essere nel mondo, come la relazione sia il principio di ogni identità ma, appunto per l’importanza che essa assume nel nostro darsi nel mondo, come può essere in grado di traghettare verso nuovi e fantasmagorici sistemi di consapevolezza essa può al contempo distruggere.

Se la relazione è il ponte attraverso cui scoprire sé stessi e il mondo, essa può tramutarsi anche nel timore, nella chiusura, nell’insicurezza, in ansia costante del fallimento e della delusione. Avviene così che quella fame di mondo che ci identifica quali animali desideranti si trasformi in una anoressia mortificante e solitaria.

Tutti abbiamo non solo appetito di mondo ma soprattutto fame d’amore. E a volte questo desiderio intrinseco e connaturato di essere amati ci spinge ad accettare atti di violenza terribili, ma parossisticamente sublimati che ci fanno cadere preda delle personalità narcisistiche.

Il narcisista, per catturarti nelle sue trame – e attenzione lo farà sempre e solo con uno specifico tornaconto personale – all’inizio della relazione assumerà un atteggiamento adulatorio: “mai nessuno come te”, “nulla al mondo conta come te” per poi iniziare il suo lento ma costante lavoro di corrosione.

Sarà quella battuta ironica che andrà a sminuire ciò che fai o che sei, quella mancanza di apprezzamento radicale per ogni tua forma di espressione nella realtà che andranno a ledere, come una piccola goccia che nella sua costanza modella uno scoglio, ogni forma di fiducia nel proprio sé.

Ma il narcisista non molla

Quando capisce di aver superato il limite ritorna nel suo splendore. Ecco che rientra nella dinamica di apprezzamento, quello atteso da tempo, ma che da troppo ormai non arrivava, per rendere nuovamente schiavo il proprio partner.

Ed ecco che si crea quello che l’autrice definisce sapientemente dissonanza cognitiva. Da spiegare è molto semplicemente: il nostro cervello va in tilt, come può quella persona essere contemporaneamente così splendida e così crudele? Chi è davvero il mio partner? Quello che non lascia spazio alle mie espressioni e ai miei desideri oppure quello che sembra riuscire a capirmi ed accogliermi meglio di chiunque altro? Quello che, con imprese eclatanti, riconquista inevitabilmente la mia fiducia anche dopo gesti, azioni, parole terribili.

La dottoressa De Laurenti chiama le persone che hanno subito una relazione con un narcisista sopravvissuti. Termine in grado di indicare il disagio psicologico e la dipendenza che un narcisista è in grado di innescare in chi gli vive accanto. Vengono indicati quali sopravvissuti giacché vittime di una violenza sottile, sibilante, mascherata che non li risparmia in nessun giorno della loro vita relazionale.

Stare con un narcisista significa avere costantemente timore di sbagliare, di perdere quelle attenzioni e quei favori che venivano riservati all’inizio della relazione, quando, di fatto, tutte quelle considerazioni non avevano nulla di reale giacché erano solo frutto della maschera che il narcisista aveva indossato per farci cadere ai suoi piedi, per utilizzare il nostro buono spirito allo scopo di compiacere solo ed unicamente le sue bramosie e i suoi desideri.

Che i favori che ci erano stati accordati fossero di natura sessuale, emotiva, economica o di altro genere non importa: il narcisista sa quale punto debole cogliere, come cavalcarlo e come trasformare una persona nell’effettiva vittima delle sue costanti angherie.

L’atto manipolatorio del narcisista crea un allontanamento dalla realtà al punto tale da non essere più in grado di distinguere ciò che vero da ciò che il egli ci vuole far credere sia vero.  Chi si trova in una relazione di tal sorta fa fatica a staccarsene giacché il legame di dipendenza non è di natura solo piscologica ma anche neuronale.

Nel libro Nella testa del narcisista è chiarito molto bene come il cervello vada effettivamente in tilt dovendo supportare un costante rilascio di cortisolo ed adrenalina – causati dal non sentirsi mai all’altezza (entrambi sono ormoni che il corpo secerne quando c’è uno stato di allarme) – e di come quei brevi momenti di piacere che il narcisista ci farà vivere portino il cervello a secernere serotonina e dopamina. Serotonina e dopamina sono quelle sostanze che rendono difficile, se non impossibile, staccarsi da quel legame perché le uniche in grado di allentare lo stato di costante allerta a cui quella relazione sta sottoponendo.

Questa dinamica è ciò che nel testo viene definita gaslighting ovvero manipolazione psicologica maligna. Il narcisista è sempre il protagonista: non vi sarà mai spazio per nessun altro. Ogni emozione, ogni attenzione che non lo riguardi genererà in lui fastidio e rabbia fino al punto di far credere al proprio compagno che ogni cosa che sta vivendo sia effimera.

L’unica cosa che davvero conta nella relazione è sempre e solo la volontà, il desiderio e il bisogno del narcisista stesso. Questo conduce la persona che si trova in questa situazione, il sopravvissuto per l’appunto, a una dimensione di svalutazione che può dirigerlo alla completa dimenticanza o, peggio ancora, svalutazione radicale della sua persona.

Se si tenta di avere un punto di vista differente da quello del narcisista il risultato sarà quello di innescare in lui un processo di rabbia che lo porta ad assumere comportamenti diffamatori per rivendicare il suo potere. Questo tipo di atteggiamento porta il partner a non riconoscere più le sue ragioni e lo trascina in una dimensione di sconforto tale da dover sentire il bisogno di scusarsi anche se la vittima è proprio lui.

E quella che era in principio l’ammirazione romantica attraverso la quale ha mosso il sentimento d’amore viene tramutata in rabbia, gelosia patologica per ogni risultato o ambizione possa manifestare chi è nella coppia. Scrive la Dott.ssa De Laurenti:

“Molte persone non sanno che i narcisisti non sono attratti da noi solo per le nostre vulnerabilità, ma sono anche attratti dalle nostre risorse perché sono gelosi di noi. Questo conferma la loro capacità di danneggiare il nostro successo in ogni modo possibile”

La tattica è quindi chiara: adulazione che poi si tramuta in svalutazione, che poi diviene quel rinforzo intermittente per cui si genera dipendenza. Essere vittime di una relazione con un narcisista ci trasforma in accaniti giocatori d’azzardo che, nonostante siano consapevoli che le ricompense siano incoerenti, continuano a giocare perché il rinforzo ad intermittenza ha sul cervello un alto tasso di risposta: nella speranza di una qualche piccola ricompensa la vittima continua la relazione senza tenere conto del costante dolore che essa le provoca.

Narcisismo: il male più diffuso
dell’uomo contemporaneo

Le tecniche di manipolazione narcisistica sono molteplici ed, essendo la nostra società basata di fatto sull’esaltazione dell’io e non del noi, stiamo assistendo alla produzione culturale di una marea di soggetti narcisistici con il rischio di essere ingabbiati all’interno di questo tipo di relazioni.

Chi ci cade non è fragile ma solo più sensibile, più attento, più in ascolto e per questo vittima della violenza più atroce: avere di fianco una persona per la quale non esistiamo.

I sopravvissuti – quelli che sono riusciti a scappare dal loro predatore psicologico – non avranno vita facile poi perché i segni di questa terribile violenza, che non si esprime necessariamente attraverso atti di aggressione corporea, avranno agito sulla loro dimensione mentale, psicologica e neuronale.

La violenza non ha una forma univoca e non ha tratti di genere ma può assumere tante, troppe forme e noi, come animali umani, siamo fin troppo bravi a sferrare quotidianamente quella violenza psicologica che si trasforma in una vera e propria sopraffazione dell’altro.

Credo che il punto non sia essere solo contrariati dalla crudeltà fisica che un essere umano è in grado di sferrare, ma essere consapevoli che gli atti di violenza hanno molti volti e che non sempre si sopravvive alla violenza.

Si può rimanere vivi, essere appunto dei sopravvissuti, ma nessun sopravvissuto viene restituito al mondo nella pienezza della sua identità e per identità intendo quell’innocenza che porta ad essere affamati di vita senza temere il mondo e quindi le relazioni.

Ogni giorno sferriamo atti di violenza quando non siamo in grado di ascoltare le emozioni degli altri, quando svalutiamo chi ci sta accanto, quando non sappiamo accoglierlo nella cura, quando, rinchiudendoci nel nostro universo solipsistico, non sappiamo fare dono di noi all’altro.

Le personalità narcisistiche possono uccidere, ma una società che fonda sul narcisismo la propria identità può decostruire la dimensione sociale della comunità e per questo essere estremamente violenta. Quello che stiamo culturalmente assimilando è di fatto un atteggiamento narcisistico nel quale sono la competizione, la manipolazione, l’inganno, la furbizia a fare da padroni quando si parla di relazioni.

La liquidità delle relazioni che rende sostituibile chiunque in qualunque momento ci parla di un mondo estremamente violento in cui la comunità fonda le proprie relazioni sul principio della lotta, del tutti contro tutti e non sulla collaborazione, la cura e sostegno reciproco.

Forse proprio il narcisismo è il male profondo di un’epoca che non riconosce più il valore e il rispetto per la relazione ingabbiandoci in rapporti malsani ed incapaci di assolvere al nostro profondo ed indistinto bisogno d’amore.

Io non sono contro la violenza di genere. Sono contro la violenza. Contro questo mondo che ci chiede di continuare a guardare solo il nostro piccolo giardino, di coltivare solo quell’immagine malata che ci restituisce il nostro specchio senza saperci aprire mai all’altro. Forse siamo tutti dei sopravvissuti. Forse siamo tutti solo dei terribili, crudeli narcisisti.

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