Settembre è già qui: aprono le scuole e ripartono i cantieri, le fabbriche, le aziende… ogni attività riprende al suo massimo.

Solamente nel primo mese di quest’anno abbiamo avuto 46 vittime sul lavoro (in crescita + 12,2% rispetto a Gennaio 2021) e sono ben oltre 600 a fine luglio 2022.
La sicurezza sul lavoro è uno dei temi ricorrenti in Italia, quando capita l’ennesimo incidente mortale. Si grida a gran voce, in tv, sui giornali, che non si può morire in questo modo.
Poi finito il clamore non cambia effettivamente nulla.

E se si insegnasse a scuola che lavorare in quota senza imbracature di sicurezza non si può chiamare lavoro? E che ad esempio entrare dentro uno scavo senza predisporre i necessari sostegni al fronte scavo non può chiamarsi lavoro? Oppure che ipotizzare un determinato comportamento dal proprio lavoratore non può sostituire una procedura di lavoro scritta? Non sarebbe più efficace? Io sono convinta di sì.

Sono queste le domande che guidano il percorso di vita e professionale di Sabrina Cucinotta, ingegnere civile strutturista, dal 2007 consulente tecnico d’ufficio del Tribunale di Cagliari in procedimenti penali riguardanti gli infortuni sul lavoro e dal 2019 responsabile del servizio di prevenzione e protezione (rspp) in 9 istituti tra primarie e superiori in Sardegna.
Grazie alla sua competenza ho conosciuto un aspetto fondamentale della vita di ognuno di noi (l’ambiente lavorativo) con un nuovo sguardo.

L’entusiasmo e la sua voglia di contributo verso gli altri si evincono fortemente dalla sua convinzione che occorre creare le condizioni di vivere, studiare, giocare, lavorare in sicurezza tramite un percorso culturale che si deve costruire fin da bambinə.

Immaginiamo, ora, una classe della scuola d’infanzia.
Guardiamo meglio: troveremo visi, sorrisi, occhi curiosi, mani indaffarate… sentiremo voci e suoni e percepiremo emozioni differenti.

Disegno di Sofia

Tra questi visi c’e Sofia.
Lei non vede l’ora che la maestra chiami nuovamente tutti i bambinə a fare insieme il gioco della corda. Quel filo che ha tenuto in mano, ordinatamente, lungo il quale avanti a lei c’era Eva e dietro a lei ricorda bene ci fosse Daniel… l’ha resa sicura nel pericolo.

Le ha permesso di raggiungere il cortile in soli 3 minuti, senza correre, senza paura, consapevolmente e con la capacità d’essere guidata da chi la precedeva e di guidare chi stava alle sue spalle.
Ricorda il grande abbraccio finale e la soddisfazione provata.

Sofia ora sa che esistono soluzioni per evitare i pericoli.

Ho liberamente interpretato ciò che l’ingegnere Cucinotta mi ha raccontato affinché provassimo a sentire in noi come occorre cambiare il mindset ed avere quel giusto atteggiamento mentale quando si fanno attività di prevenzione.

Quei bambinə, da adulti, avranno un approccio diverso alla materia, sapranno leggere una planimetria dell’esodo e conosceranno i comportamenti corretti da attuare durante un’emergenza.

I bambinə di oggi saranno i lavoratorə o i datorə di lavoro del domani.
Nelle loro mani, nelle loro scelte, soprattutto nella loro visione è affidata la sicurezza sul lavoro.

Nella ricerca delle cause e della dinamica di un incidente mortale – continua Sabrina Cucinotta – ho potuto constatare che gli infortuni sul lavoro possono essere paragonati a una catena costituita da anelli di micro eventi concatenati tra loro tutti facilmente prevedibili ed evitabili, dove l’ultimo anello è rappresentato da un’azione, scorretta, del lavoratore.

Eliminando uno di questi micro eventi, uno di questi anelli, la catena si spezzerebbe e l’evento infortunistico non avverrebbe.
Allora la domanda è: come spezzare questa catena? E soprattutto, in termini prevenzionistici, quando si forma il primo anello di questa catena?

Certamente ogni caso, ogni infortunio, è differente l’uno dall’altro, ma tutti hanno in comune la sottovalutazione del rischio, la mancata percezione di tale esposizione da parte del datore di lavoro che è chiamato a valutare tutti i possibili rischi aziendali, la non consapevolezza che un’attività lavorativa attuata senza le opportune misure di sicurezza non si può assolutamente chiamare lavoro.

In tal senso la formazione dei lavoratori riveste un ruolo strategico per veicolare il concetto che lavoro e sicurezza sono facce della stessa medaglia.
Quando far assimilare questo concetto? Farlo in età adulta a mio avviso non può bastare per cambiare le cose.

Il gioco per capire il concetto
della sicurezza

Confrontandomi con i miei committenti, i dirigenti scolastici, ho percepito che un modo poteva essere quello del gioco, in pratica un approccio più interattivo alla materia, in accordo anche con quanto è stato reso fruibile sulla piattaforma dell’INAIL: Sicuri si diventa.

Un serious game sulla sicurezza che utilizza il linguaggio del videogioco, attraverso il quale gli studentə vengono stimolati ad acquisire abilità finalizzate a risolvere positivamente situazioni problematiche adottando decisioni in modo consapevole e costruttivo.

Inail Sicuri si diventa

Personalmente mi rivolgo ai genitori, invitandoli a portare all’interno della famiglia questi concetti salvavita nelle modalità che riterranno più valide. A tal proposto segnalo un libro interessante di Pasquale Sgrò, pensato e scritto per insegnare ai più giovani come riconoscere e prevenire gli incidenti del vivere quotidiano dal titolo: Le indagini dell’ispettore Felicino. La sicurezza spiegata ai bambini.

Pasquale Sgrò La sicurezza spiegata ai bambini

Io, che amo ribaltare la visione e la prospettiva, sono del parere che i bambinə siano il più delle volte i nostri miglior maestrə di vita.
Leggendo il libro o parlando con loro delle tematiche espresse nell’articolo provate a chiedere il loro parere attraverso domande aperte:
Cosa faresti per migliorare la sicurezza tua e di tutti in casa?
Cosa occorre valutare in tal senso?

Vi stupiranno! Ne sono sicura.

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