E’ sempre stato bello per me passare qualche giorno a Roma durante Ferragosto: solitudine, silenzio, scrittura e uscite serali per recuperare il meglio di quello che avevi perso durante l’anno. Questo pezzo oggi non parla volutamente di teatro – che non è ancora affatto semplice parlarne – né di cinema (che meno mi pertiene) ma della loro assenza e di una presenza inedita, traversale, ambivalente, che marca indelebilmente la nostra estate strana: la poltrona segnata per il distanziamento. Che siano fiocchi belli, allegri come una bomboniera per scelta beneaugurale del cinema Farnese a Roma, o nastri rossi e bianchi da incidente stradale come al Nuovo Sacher (e nomino con gratitudine due dei pochissimi luoghi aperti al romano stanziale o in transito) sicuramente rendono più complessa quella conversazione impudica, lievemente incivile, ma così carina, che a tutti noi sfugge nelle arene estive, quando finalmente ci permettiamo di andare a vedere un film, uno spettacolo, anche per rivedere un amico, un’amica, e scambiare due chiacchiere e qualche commento inappropriato. Ora siamo distanziati, costretti a dichiararci conviventi se giunti con mezzo unico, reduci magari dal trenino dove avevamo di lato il cartello posto inutilizzabile per distanziamento e di fronte quello che si abbassa la mascherina e addenta il panino alla porchetta. Smarrimento simile provato nell’arena di Capalbio Libri, dove in piedi alzi la mascherina, seduta la abbassi ma forse sì forse invece no, e quel guardarsi intorno, benevolmente pettegolo, del chi c’è o non c’è quest’anno diventa un gioco a premi, come nei luna park di periferia, ma senza zucchero filato.
Non avevo mai pensato quanto andare a sedersi vicini da qualche parte fosse bello e importante, e, come è noto, le cose belle le capisci soprattutto quando vanno via. Pur di rivedere quell’amica che sta a Roma, quell’amico che lavora, stavo subendo anche un pessimo doppiaggio, proprio io che ho passato mesi a vedere serie in polacco, danese ed aramaico e adesso non possiamo nemmeno sfiorarci goffamente il gomito? Questo è.
Mi manca Piazza Vittorio, Massenzio cinema, il Festival della Letteratura, i giardini della Filarmonica, le rassegne, i festival, le sagre.
Eppure proprio in questa fatica inedita si respira palpabilmente, tra il nervosismo, la paura e l’entusiasmo di ritrovare una consuetudine banale solo in apparenza, la gran voglia di apprezzare le minuscole possibilità concesse e dar loro il valore che meritano. Cercare amici nuovi, poltrone inedite, distanze da rinominare e argomenti interessanti e difficili di cui parlare leggermente, come da sempre si fa quando fa caldo. L’autunno promette tante novità, protette dall’entusiasmo e dall’intelligenza, cercherò di scegliere le più significative. Intanto felici poltrone distanziate a chi ne incontra, tra slancio, prudenza e frustrazione, che vengano abitate con amore.