Visionario, garbato, smaliziato, originale, fantasioso, vivace, saltellante, tempestoso, elettrizzante, raffinato, seducente, commovente. Trascinante, iridescente, irriverente: Lindsay Kemp. Il danzatore, coreografo, regista e pittore, allievo di Marcel Marceau, a sua volta mentore e amico di tanta avanguardia inglese e personaggi poliedrici come David BowieKate Bushè testimonianza visuale di quell’arte performativa che s’insinua, abbraccia e riempie davvero ogni campo. E la sua sperimentazione provocatoria invade anche il cinema. Ne subisce il fascino, traendone ispirazione, Derek Jarmanregista d’essai – e sceneggiatore, scenografo, pittore e scrittore – over e underground, nato settantanove anni fa, il 31 gennaio 1942, e morto di AIDS nel ’94, che sceglie Kemp per il suo primo lungometraggio, Sebastiane (1976)

Lì, con catulliana sfacciataggine, dall’eleganza poetica e dissacrante, Jarman fonde cinema, teatro, danza e musica (la colonna sonora è di Brian Eno, insieme a Andrew Thomas Wilson) mentre narra le vicende di un piccolo reparto di soldati di un esercito romano – così anni ’70 – abbandonati al piacere (omo)sessuale. Interamente in lingua latina, dal tema scabroso, che unisce sacro e profano, sottolineato da scene di intimità, corpi scolpiti e nudi integrali, considerati prima (?) trasgressiva e oscena rarità, regala invece ambientazioni bucoliche, liriche e romantiche, senza tempo, amplificate da un attraente realismo erotico.

Lindsay Kemp, allora fresco di (una nuova versione – quella del ’74) Flowers, è una baccante moderna, smaniosa ed educata insieme. Sprigiona la sua essenza nella danza priapica che apre il Sebastiane, calando se stesso e il pubblico in quel perfetto connubio tra poesia ed estetica che contraddistingue i suoi movimenti di danzatore unico nel suo genere, inaugurando la rivoluzione cinematografica Jarmaniana, accentuandola.
I suoi gesti, veicolati dalla fine e sapiente sensazionalità del regista inglese, alla quale certamente contribuisce, anticipano le atmosfere del film e alimentano un incredibile scambio osmotico: Kemp, di nuovo, apre la strada a un personaggio avanguardistico, straordinario e ineguagliabile, dalla sensibilità shakespeariana e dalla tecnica pasoliniana, abile nel tracciare a sua volta percorsi artistici innovativi, ricercati ma inclusivi. E ancora, anche al di fuori del palco, mette in scena una rappresentazione orgiastica, sfacciata, reale e seducente dell’esistenza. Come vuole Jarman, come pretende l’Eros, come richiede l’Arte: senza alcuna censura. 

Derek Jarman alla Mostra del Cinema di Venezia del 1991 (da wikipedia)
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